di Francesco Frasca * –L’economia italiana è significativamente dipendente dal commercio internazionale, con le esportazioni che rappresentano circa il 30% del Pil. A livello nazionale, il Cluster Italiano del Mare e della Logistica ha stimato che, in caso di prolungamento della crisi di Suez, la crescita del PIL italiano potrebbe subire una riduzione fino allo 0,7%, sebbene la capacità di recupero dei porti del nord possa mitigare alcune perdite. Inoltre, la crisi ha evidenziato le vulnerabilità dell’Italia nella dipendenza dalla rotta di Suez, portando alla richiesta di una diversificazione delle rotte, tra cui il potenziamento dei porti adriatici (come Venezia e Ravenna) come alternative, sebbene i loro bassi pescaggi ne limitino la scalabilità. In tale contesto, la crisi ha sottoposto i porti italiani a un’intensa pressione, manifestandosi in modo disomogeneo. La sfida più complessa è consistita nel bilanciare le perdite economiche a breve termine con gli investimenti a lungo termine, al fine di mantenere la competitività in un contesto commerciale globale caratterizzato da significative incertezze. In considerazione della complessità del contesto economico e logistico, le autorità portuali stanno implementando misure volte a garantire la sicurezza delle operazioni e a ridurre i ritardi nelle consegne. Una maggiore attenzione alla diversificazione delle rotte commerciali ha condotto alcuni porti a cercare di attrarre traffico da altre aree al fine di compensare eventuali perdite. A seguito della decisione di molte compagnie di navigazione di evitare il Mar Rosso e il Canale di Suez, si è verificato un aumento del traffico merci nei porti italiani, poiché le navi hanno cercato rotte alternative. In tale contesto, i porti italiani rivestono un ruolo di primo piano come centri nevralgici per il trasbordo di merci nel Mediterraneo, un’area di cruciale importanza per il commercio tra Europa, Asia e Medio Oriente. Questo cambiamento è attribuibile al dirottamento di merci che tradizionalmente transitavano attraverso il Canale di Suez.L’Adriatico, situato in una posizione strategica che funge da collegamento tra l’Europa meridionale, centrale e orientale, ospita numerosi porti chiave che si stanno adattando alle nuove dinamiche commerciali. La deviazione delle rotte commerciali, operata dalle compagnie di navigazione, che tendono a evitare il Mar Rosso e il Canale di Suez, ha determinato il dirottamento di alcune merci verso i porti dell’Adriatico. Tali porti svolgono la funzione di gateway per le merci in transito verso l’Europa centrale e orientale attraverso le reti ferroviarie e stradali, generando opportunità economiche con un incremento delle entrate a breve termine. In altre parole, stanno godendo di un incremento dei volumi di merci, con conseguente aumento delle entrate provenienti dalle tasse portuali, dallo stoccaggio e dai servizi logistici.Trieste è uno dei porti più estesi e strategicamente rilevanti, rivestendo un ruolo di primo piano nel panorama del commercio con l’Europa centrale e orientale, fungendo da hub di trasbordo per le merci che circolano tra il Mediterraneo e l’Europa centrale, cruciale per le importazioni di petrolio e GNL. I suoi efficienti collegamenti ferroviari con l’Europa centrale lo rendono una scelta privilegiata per i carichi dirottati. L’impatto della crisi economica ha determinato un aumento dei volumi di merci, favorendo il porto, che sta sfruttando i suoi collegamenti ferroviari per il trasporto verso destinazioni più interne. Nel 2024, il porto di Trieste ha evidenziato un incremento del traffico merci del +7,1%, movimentando un totale di 59,54 milioni di tonnellate. L’aumento del traffico merci ha interessato principalmente le merci containerizzate e le importazioni di energia, come il GNL. Questo incremento è attribuibile principalmente al settore delle rinfuse liquide, che ha registrato un aumento del 10,6%, raggiungendo 41,26 milioni di tonnellate. Tuttavia, si osserva una lieve contrazione del traffico containerizzato, con una flessione del -1,2%, attestandosi a 841.867 TEU. Il traffico Ro-Ro ha evidenziato una lieve flessione pari al -1,1%, mentre il settore crocieristico ha registrato un incremento senza precedenti con oltre 500.000 passeggeri, mostrando un aumento del +8% rispetto all’anno precedente. Le principali sfide che il porto di Trieste deve affrontare riguardano la gestione della congestione logistica derivante dall’aumento del traffico e la garanzia di un’integrazione ottimale con le reti di trasporto terrestre.Il porto di Venezia, storicamente rilevante e situato in una posizione strategica nel Mar Adriatico, è ben posizionato, consentendo l’accesso ai mercati dell’Italia settentrionale, dei Balcani e dell’Europa centrale. Sebbene il porto di Bari sia principalmente noto per il turismo e l’industria delle crociere, e non raggiunga le dimensioni di altri porti italiani come Trieste o Gioia Tauro, svolge un ruolo significativo nel commercio regionale, nel turismo e nella logistica, movimentando un’elevata quantità di carichi commerciali, tra cui merci alla rinfusa, project cargo e spedizioni RoRo (roll-on/roll-off). La crisi del Mar Rosso ha avuto un impatto significativo su Venezia, con una diminuzione del 30-35% nel settore dei container solo a gennaio 2024 rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Nel 2025, l’influenza negativa continua a manifestarsi nel porto. Nonostante alcuni indicatori di stabilizzazione rispetto agli anni precedenti, il traffico marittimo rimane instabile. Nonostante gli effetti della crisi siano meno evidenti rispetto a quelli degli hub di trasbordo di maggiori dimensioni menzionati in precedenza, si è verificato un aumento dei costi di trasporto e un accumulo di ritardi significativi. Questo fenomeno ha portato molte navi a evitare il Canale di Suez, optando per rotte alternative, come quella attraverso il Capo di Buona Speranza.Tuttavia, l’impatto diretto della crisi sul traffico merci è risultato moderato. Venezia non è un rilevante scalo portuale per il trasporto di container, pertanto non ha mostrato lo stesso incremento del traffico merci di porti di maggiori dimensioni come Trieste o Gioia Tauro. Tuttavia, si sono verificati alcuni effetti indiretti derivanti dal riorientamento del commercio globale. Si osserva, inoltre, un incremento del traffico regionale, attribuibile al fatto che i porti più grandi del Mediterraneo gestiscono un quantitativo maggiore di merci dirottate. Venezia ha mostrato un incremento dell’attività nel commercio regionale, in particolare per le merci destinate all’Italia settentrionale e all’Europa centrale. Inoltre, il settore turistico e crocieristico non ha subito conseguenze di rilievo dalla crisi, mantenendo la sua importanza come motore dell’economia locale. Tuttavia, eventuali interruzioni del commercio globale potrebbero influire indirettamente sul flusso di beni e forniture destinato al settore turistico.La crisi ha evidenziato la necessità di diversificare le rotte commerciali, potenzialmente attirando investimenti nelle infrastrutture portuali di Venezia per migliorare il suo ruolo nel commercio regionale. Al fine di mitigarne le conseguenze, sono in corso considerazioni circa l’impiego di scorte armate per le navi e iniziative diplomatiche per la risoluzione dei conflitti. Inoltre, si sta considerando l’impiego di soluzioni logistiche alternative, quali il potenziamento della rete ferroviaria, al fine di garantire l’approvvigionamento di beni essenziali.Nonostante non ricopra un ruolo preminente nel commercio globale di container, la crisi ha avuto un impatto diretto e limitato sulle sue operazioni. Tuttavia, è emerso che l’adozione di rotte commerciali diversificate e catene di approvvigionamento resilienti potrebbe offrire a Venezia l’opportunità di rafforzare il proprio ruolo nel commercio e nella logistica regionale. Con un’attenzione focalizzata sui mercati di nicchia, sullo sviluppo sostenibile e sugli investimenti infrastrutturali, è possibile per Venezia rafforzare la sua posizione di porto chiave dell’Adriatico, mantenendo al contempo il suo patrimonio storico e culturale unico.Il rafforzamento delle rotte commerciali indotto dalla crisi ha messo in luce l’importanza strategica dei porti dell’Adriatico come alternativa alla rotta del Canale di Suez, incrementando il loro ruolo nelle catene di approvvigionamento globali. L’incremento del traffico ha indotto a investire nelle infrastrutture portuali e nelle reti logistiche per far fronte alla crescita futura. Tali porti hanno consolidato la loro posizione di rilevanza nel commercio mediterraneo e globale, attirando nuove imprese e investimenti. Le sfide principali riguardano la congestione, ovvero l’aumento improvviso del traffico merci che ha causato ritardi nello scarico e nella lavorazione delle merci, portando a una situazione di sovraccarico negli scali. Infine, si osserva un incremento dell’attività anche nei porti di Capodistria/Koper (Slovenia) e Fiume/Rijeka (Croazia), che gestiscono merci che tradizionalmente transitano attraverso il Canale di Suez. Tale incremento è attribuibile alla strategicità dei porti e alla loro connettività con le rotte di trasporto terrestre.In conclusione, sebbene i porti italiani abbiano dimostrato resilienza, la situazione ha messo in evidenza l’importanza di strategie di gestione delle crisi e di cooperazione internazionale per affrontare le future sfide contrastanti in cui si trovano, rischiando di perdere importanza, a meno che il Mar Rosso non si stabilizzi o che i porti non si orientino verso nuovi ruoli, come la distribuzione regionale. I porti del nord, dotati di infrastrutture e sistemi di connettività avanzati, godono di una posizione privilegiata per affrontare le sfide, sebbene continuino a confrontarsi con costi operativi considerevoli. La crisi ha indotto l’Italia a rivedere la propria strategia marittima, come evidenziato dalla presentazione, alla fine del 2024, di piani per il potenziamento della capacità portuale dell’Adriatico e delle reti ferroviarie lungo la costa adriatica italiana. Tuttavia, l’attuazione di tali piani è avvenuta con ritardo rispetto alle necessità immediate, stimolando discussioni sugli investimenti a lungo termine nelle infrastrutture portuali e nella connettività, al fine di adattarsi alle mutate rotte commerciali. Al fine di contrastare la crisi del Mar Rosso, il governo italiano ha implementato diverse misure strategiche. Tra queste, si evidenziano: l’Operazione Europea Aspides, un’iniziativa volta a ristabilire la sicurezza e la libertà di navigazione nell’area, proteggendo il sistema marittimo italiano, e il Tavolo MIMIT-MAECI, istituito per analizzare l’impatto economico della crisi e sviluppare strategie di mitigazione, che include esperti del settore e rappresentanti delle associazioni di categoria. Inoltre, l’Italia sta collaborando con i partner internazionali per garantire la resilienza delle catene logistiche globali, e il governo fornisce assistenza alle imprese italiane colpite dalla crisi, promuovendo soluzioni per mantenere la competitività del Made in Italy.* Già docente di storia sociale alla Facoltà di scienze politiche presso La Sapienza – Università La Sapienza di Roma, e auditore all’Institut des hautes études de défense nationale (IHEDN), 85e cycle Intelligence économique – Stratégie d’influence/lobbing, attualmente è managing partner di Global Intelligence International for Geoeconomics and Competitive Intelligence Studies, iscritto nel Transparency Register EU database for interest representatives.