Nella tregua con gli Usa sui dazi, Pechino ha più carte (per ora). Aresu spiega perché

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Pur nelle tante difficoltà economiche “Pechino ha mostrato di avere più carte” dopo la prima esperienza nel rapporto con il Trump I. Ne è convinto Alessandro Aresu, consigliere scientifico di Limes che su Formiche.net commenta l’intesa commerciale tra Stati Uniti e Cina, raggiunta al termine della maratona negoziale di Londra.Aresu, prima lo scambio di accuse reciproche fra Trump e Xi, poi ieri la svolta sulla tregua commerciale che durerà fino ad agosto. Come valuta il contenuto dell’accordo?Per ora non si tratta di un accordo ma di un quadro di lavoro comune con alcuni punti, sottolineati soprattutto da Trump, e su cui bisogna vedere con chiarezza come si esprimerà la controparte cinese. Dovremo ancora attendere del tempo e attendere l’incontro tra Trump e Xi e vari altri passaggi per vedere dove realmente andremo a parare.Il presidente statunitense ha definito “ottimo” il rapporto fra l’applicazione dei dazi al 55% da parte americana e del 10% da parte cinese. È realmente così?No, non è così perché ha ragione Adam Posen del Peterson Institute: una volta che entriamo in una logica di “chi ha le carte”, Pechino ha mostrato di avere più carte; una volta che entriamo in una logica di “chi arretra per primo”, ad arretrare per primo è stato Trump. Le cose stanno così. La Cina come sempre ha vari problemi, ha le difficoltà economiche strutturali che conosciamo tutti, e di cui si parla da anni, ha bisogno del mercato statunitense e del mercato europeo, ma la capacità manifatturiera cinese e la capacità di industrie di base rappresenta un elefante nella stanza troppo grande per portare a una reale separazione in questa fase. Poi c’è la capacità tattica di Pechino. Durante la prima amministrazione Trump, la Cina è stata sorpresa dall’atteggiamento del presidente. Come spesso accade, il Partito Comunista Cinese ha saputo imparare dall’esperienza e stavolta si è preparato con grande attenzione.Benché anche da parte del segretario del Tesoro Usa Bessent non siano stati forniti dettagli specifici, questo accordo raggiungo a Londra pensa possa rappresentare un primo tassello di un mosaico più ampio nella costruzione di un nuovo rapporto commerciale fra Stati Uniti e Cina?Il caso di Londra è diverso per varie ragioni. Anzitutto per la “relazione speciale” tra il Regno Unito e gli Stati Uniti, anche se ci sono oggettivi elementi di frizione, come il Canada su cui lo stesso Carlo ha riaffermato non a caso il suo ruolo. Poi perché i rapporti commerciali sono molto diversi e non c’è lo squilibrio manifatturiero tra Pechino e Washington. Starmer, con l’invito di Trump da parte del Re, ha aperto la strada allo stile di quei leader, come Giorgia Meloni e Friedrich Merz, che nei confronti di Trump alla Casa Bianca si sono mossi in modo prudente, e quindi intelligente. Ma alla fine, lo stile conta fino a un certo punto e contano i rapporti di forza.Terre rare, chip e visti per studenti. Sono questi i “terreni” su cui si gioca e si giocherà sempre di più il posizionamento geostrategico delle potenze mondiali e, anche, dei due blocchi Occidente-Oriente?Sono temi di primissimo piano, in particolare quello della geografia dei talenti è emerso sempre più nella sua importanza. Per quanto riguarda il negoziato tra Stati Uniti e Cina, anche l’agricoltura però ha un ruolo molto rilevante, e bisogna aggiungere questioni di lungo corso come il futuro di TikTok, il fentanyl. Anche lo stesso tema del Canale di Panama non è risolto e quindi, per la mentalità di Trump a cui la Cina sa bene come rispondere, tutto entra in questo “calderone” della art of the deal.  Su tutti questi temi – pensiamo alla variegata filiera dei chip – sono poi importanti non solo elementi di quadro dell’accordo ma aspetti di regolamentazione specifica, che toccano le eccezioni in positivo e in negativo dei vari segmenti, di vari elementi specifici. Comunque vada, come dico sempre, ci sarà moltissimo lavoro per gli avvocati, in particolare gli avvocati specializzati in tutti gli elementi di “capitalismo politico”, dai controlli sulle esportazioni in su.Nel suo “Geopolitica dell’Intelligenza Artificiale” lei sottolinea la logica di leadership statunitense. Capitali, infrastrutture e capacità di trasformazione energetica. Per conservare questa leadership gli Usa avranno sempre più bisogno della Cina?Questi temi, come si vede, sono centrali per comprendere le sfide del nostro tempo. La questione delle infrastrutture e dell’energia è stata fondamentale per il sostegno del mondo della tecnologia a Donald Trump, anche perché l’attuale ondata dell’intelligenza artificiale è strettamente legata ai data center, alle “fabbriche dell’intelligenza artificiale” e alle “fabbriche delle fabbriche dell’intelligenza artificiale”, cioè gli aspetti manifatturieri della filiera dei semiconduttori.Si spieghi.Un aspetto che sicuramente Trump ha ottenuto in questo momento è stato smentire le profezie troppo affrettate di un crollo della borsa statunitense. La potenza dei mercati finanziari degli Stati Uniti è ancora tutta lì anche se è normale che aree un tempo troppo depresse come l’Europa recuperino un po’ in termini di capitali, e ovviamente auguriamoci che il recupero sia ancora maggiore, come peraltro indicato da Larry Fink di BlackRock di recente.Un rapporto consolidato fra le due potenze sul piano commerciale può, a suo parare, avere un impatto anche sui conflitti in corso e determinare scenari differenti da quelli che vediamo oggi?Non ne sono convinto. Nel mondo in cui viviamo, la tendenza dei vari attori negli ultimi anni non è quella di “rispondere” alla leadership degli Stati Uniti o alla leadership alternativa cinese, c’è più una logica di liberi tutti che si afferma e che rende tutto più pericoloso e problematico.