Quanto aumenterà il petrolio con la chiusura dello Stretto di Hormuz

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AGI - La chiusura dello Stretto di Hormuz è oggetto di seria valutazione da parte di Teheran. Lo riportano i media iraniani citando le dichiarazioni di Esmail Kosari, membro della commissione parlamentare per la sicurezza di Teheran. Un'affermazione che ha il sapore di una profezia che si autoavvera e che potrebbe avere conseguenze esorbitanti sugli equilibri geoeconomici mondiali.Previsioni di JP MorganCome ipotizzato in questi giorni da JP Morgan, infatti, il prezzo del petrolio potrebbe andare fuori controllo, arrivando fino a 120-130 dollari, qualora il conflitto tra Israele e Iran dovesse subire una significativa escalation militare e portare alla chiusura dello stretto di Hormuz. È lo scenario peggiore elaborato dall'istituto finanziario, che pure nelle sue previsioni per il 2026 ha immaginato un prezzo medio del greggio attorno ai 60 dollari, qualora le condizioni non fossero così estreme. Benché, secondo JP Morgan, l'escalation possa provocare serie interruzioni dell'approvvigionamento, lo scenario di base prevede comunque la tenuta dell'azione diplomatica. Intanto, ieri, i mercati hanno già mostrato significative turbolenze, e il petrolio ha raggiunto picchi da record, chiudendo al Nymex a 73,9 dollari (+8,6%), mentre sul Brent viaggiava attorno ai 75 dollari (+8%).Importanza dello Stretto di HormuzLa chiusura dello stretto di Hormuz avrebbe ripercussioni ancor più pesanti. Questo budello di mare che unisce Golfo Persico e Golfo dell'Oman, su cui si affacciano diversi Stati petroliferi - in primis l'Iran, seguito da Iraq, Kuwait, Arabia Saudita, Bahrain, Qatar e Oman -, è il crocevia mondiale del greggio via mare. Di qui passa infatti circa il 30% del petrolio mondiale, con un transito giornaliero da Hormuz di oltre 20 milioni di barili. Ma da lì non passa solo il greggio. Ad attraversare lo Stretto anche i cargo carichi di Gnl che dal Qatar vanno in Europa, nel Middle East asiatico e in Cina. E proprio Pechino è un grande acquirente di petrolio iraniano (circa 1,5 milioni di barili al giorno). Se tali forniture dovessero interrompersi, la Cina sarebbe costretta a rifornirsi altrove, a prezzi più alti con conseguenze a catena per l'inflazione globale.Impatto sulla Federal ReserveEcco perché è possibile che gli sviluppi della crisi israelo-iraniana abbiano una ricaduta diretta sulle scelte della Federal Reserve, la banca centrale americana, che il 18 giugno dovrà decidere se tagliare o mantenere invariati i tassi d'interesse. Sebbene Donald Trump nei giorni scorsi abbia esortato più volte la Fed e Jerome Powell a tagliare i tassi, i governatori della banca centrale Usa potrebbero valutare di tenere fermi i tassi, proprio in vista di una escalation dei prezzi energetici che si ripercuoterebbe, inevitabilmente, sull'economia americana e mondiale. Resta da vedere cosa decideranno di fare concretamente le autorità iraniane.