Migranti in Germania, anche Merz contro i giudici: “Respingimenti illegittimi? Avanti lo stesso”

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Anche il governo tedesco dichiara guerra alla magistratura o meglio, al diritto d’asilo dell’Unione europea. E nonostante una sentenza dica chiaramente che non può farlo, conferma la linea sui respingimenti in frontiera dei richiedenti asilo. Il cancelliere Friedrich Merz assicura che continueranno: “Per tutelare la sicurezza e l’ordine pubblico nel nostro Paese”. Con buona pace delle norme europee e internazionali, alle quali si è rifatto il Tribunale Amministrativo di Berlino stabilendo, con procedura d’urgenza, che il respingimento di richiedenti asilo alla frontiera, senza prima aver esaminato la loro richiesta di protezione, è illegittimo. Per quanto prevedibile, è un’amara battuta d’arresto per il ministro dell’Interno Alexander Dobrindt e il nuovo governo. I ricorrenti erano due uomini e una donna somali assistiti dalla ong Pro Asyl, arrivati in treno dalla Polonia il 9 maggio scorso. Controllati dalla polizia federale alla stazione di Francoforte sull’Oder, hanno presentato domanda d’asilo ma sono stati comunque respinti in Polonia. Secondo la magistratura, la procedura è illegale perché la Germania è vincolata al Regolamento di Dublino che obbliga a verificare quantomeno il Paese di primo ingresso in Ue al quale compete l’esame della domanda. Solo in caso di acclarato pericolo per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale il governo potrebbe invocare una deroga ai sensi dell’articolo 72 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.Proprio la strada che il governo ha cercato di percorrere, richiamando l’elevato numero di domande d’asilo presentate in Germania in conseguenza dei movimenti secondari dei richiedenti entrati in altri Paesi e in gran parte non registrati dalla banca dati europea delle impronte digitali (Eurodac), lamenta Berlino. Argomentazione che tuttavia non ha avuto successo. La Corte ha replicato di non cogliere nei numeri conseguenze immediate per l’ordine pubblico o la sicurezza nella Repubblica Federale. E che dimostrare le responsabilità di altri Stati Ue non è sufficiente a invocare un insormontabile sovraccarico per le istituzioni tedesche e una situazione di emergenza nazionale. Nemmeno le doglianze tedesche sul limitato numero di richiedenti riammessi dai Paesi Ue di primo ingresso hanno avuto fortuna. Per il Tribunale, il principio di cooperazione europea obbliga invece la Germania a cercare una soluzione con i suoi vicini, e nel caso specifico con la Polonia.Dal suo primo giorno in carica, il ministro Dobrindt – come promesso in campagna elettorale – ha ordinato il respingimento dei richiedenti asilo alla frontiera, ignorando consapevolmente che l’incompatibilità col diritto europeo fosse già stata rilevata dal precedente governo. Dobrindt ha sostenuto che i tre somali avevano già cercato l’ingresso in Germania il 2 e 3 maggio senza chiedere asilo, ribadendo che si tratterebbe solo di “decisioni in singoli casi”. Tanto che, ha dichiarato dopo la sentenza, non intende modificare le direttive impartite agli agenti collocati alle frontiere. Anzi, ha rilanciato affermato di voler attendere l’esito della procedura d’asilo pendente per uno dei casi oggetti della sentenza, ignorando l’inappellabilità di un pronunciamento d’urgenza nel quale, tra l’altro, il governo ha già speso le sue argomentazioni. Anche se non si può escludere che un altro Tribunale, in futuro, porti la questione fino alla Corte di giustizia europea, le decisioni dei magistrati di Berlino appaiono fin troppo coerenti con le direttive Ue in materia e con la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati. Tanto che la deputata della Linke, Clara Bünger, ha chiesto le dimissioni di Dobrindt: “Un ministro che infrange la legge, con tanto di preavviso, è indegno del suo incarico”. I Verdi hanno domandato l’immediata cessazione dei respingimenti e il capo Felix Banaszak ha parlato di “misure che minano il diritto europeo” e di “linea in stile Trump”.Dagli alleati socialdemocratici della SPD, già in difficoltà nel precedente governo, non sono mancate voci critiche e tuttavia il responsabile per le migrazioni del partito, Lars Castellucci, ha lanciato l’idea di esami accelerati delle domande d’asilo in prossimità al confine, in linea con le norme di Dublino. Intanto, già in settimana potrebbe arrivare un’ulteriore stretta sugli accessi stranieri, con l’inclusione per decreto ministeriale della lista dei Paesi di origine sicuri di Marocco, India, Tunisia e Algeria. La disposizione potrebbe essere accompagnata anche dall’eliminazione dell’obbligo per gli stranieri detenuti in attesa di espulsione di avere un avvocato. Da ridurre anche la durata dei procedimenti di ricorso, dai 21 mesi attuali a 30/40 giorni. Per eludere il Bundestag e soprattutto il Bundesrat, dove i Verdi e la Linke hanno già bloccato manovre simili – come sperimentò nel 2018 l’ex titolare degli Interni Horst Seehofer (CSU) proprio con Algeria, Marocco, Tunisia e Georgia – è necessaria una legge formale che autorizzi il governo. Le procedure d’asilo comunitarie cambieranno in modo significativo, e più stringente, a giugno 2026, con l’applicazione del Patto su asilo e migrazione. Ma Dobrindt, come del resto altri governi europei, non ha voglia di aspettare. Secondo la Direttiva Ue del 2013 sulle procedure d’asilo, pur nel rispetto delle norme, gli Stati membri hanno la possibilità di determinare autonomamente quale Paese d’origine va considerato sicuro ai fini delle procedure d’asilo, così da poter esaminare le domande in frontiera con procedura accelerata. Il problema è che anche nei primi mesi del 2025 la maggior parte dei richiedenti asilo in Germania proveniva da Siria e Afghanistan, Paesi che ad oggi è difficile dichiarare “sicuri”. Dilemma che, tuttavia, il governo è deciso a superare perché ha bisogno di dimostrare che sulle politiche migratorie qualcosa sta cambiando.L'articolo Migranti in Germania, anche Merz contro i giudici: “Respingimenti illegittimi? Avanti lo stesso” proviene da Il Fatto Quotidiano.