Rush finale del centrosinistra per il referendum. Schlein: "Meloni ci teme"

Wait 5 sec.

AGI - Le amministrative, il referendum e le regionali: se l'allineamento di pianeti a cui pensa Elly Schlein dovesse verificarsi, Giorgia Meloni "farebbe bene a preoccuparsi". La segretaria del Pd lo dice all'inizio della settimana che segna la volata finale verso una consultazione referendaria che per i vertici dem appare come la "battaglia della vita". E questo per almeno tre ragioni.La prima è senz'altro la "spallata" che un buon risultato alle urne rappresenterebbe per il governo. Schlein e il suo stato maggiore vedono crescere l'interesse dell'opinione pubblica sui cinque quesiti sui quali Pd, M5s e Avs chiedono cinque sì. Raggiungere il quorum rimane un sogno, al momento, ma il superamento della quota di 12 milioni di votanti sembra a portata di mano. Se dovesse essere raggiunta e superata, Schlein potrebbe rivendicare di avere portato alle urne - assieme agli alleati, naturalmente - lo stesso numero di persone che ha consentito a Meloni di arrivare a Palazzo Chigi. E, con questo, dimostrare che anche chi due anni fa ha votato per Meloni oggi guarda altrove. "Meloni ha paura della partecipazione e ha capito che tanti italiani, anche quelli che hanno votato per lei, andranno a votare", dice la segretaria commentando l'idea della premier di andare al seggio senza ritirare la scheda elettorale.La seconda ragione è che una vittoria o, anche, una buona partecipazione al referendum promosso dalla Cgil contro il Jobs Act segnerebbe un risultato importante nella partita interna al Pd, fra il 'nuovo corso' rappresentato dalla stessa Schlein e l'ala riformista contraria all’abrogazione del Jobs Act renziano. "Anche Bonaccini che era mio avversario alle primarie ha invitato tutti ad andare a votare" cinque sì al referendum sottolinea Schlein che ricorda: "Abbiamo discusso come fanno i partiti veramente democratici e abbiamo votato in direzione nazionale e non ci sono stati voti contrari" riguardo alla linea della segreteria di abrogare il Jobs Act. "Noi non abbiamo chiesto abiura a nessuno, però questo referendum può rappresentare l'occasione per fare una autocritica su errori commessi in passato".Poi, per cercare di sgomberare il tavolo dalla 'narrazione' dei difensori della legge voluta da Matteo Renzi ricorda il contenuto dei quesiti referendari: "Il primo quesito dice che non puoi licenziare illegittimamente un lavoratore senza poi reintegrarlo. Il secondo dice che non puoi licenziare illegittimamente un lavoratore senza un congruo indennizzo. Il terzo dice che se vuoi fare un contratto precario anziché un contratto a tempo indeterminato devi esprimere una causale. L'ultimo quesito sul lavoro vuole aumentare la sicurezza sul lavoro: siamo una repubblica in cui ci sono tre morti al giorno sul lavoro e quel quesito estende la responsabilità sull'azienda in appalto", spiega Schlein.Una battaglia importante, questa, anche in vista della campagna per le regionali. E siamo alla terza ragione che fa del referendum la battaglia della vita della segretaria e dello stato maggiore dem. Incassato un risultato positivo al referendum, Schlein potrebbe presentarsi in assemblea - da convocare prima dell'estate - per puntellare la linea del Pd rispetto alle fibrillazioni interne. E suggellare, così, anche l'asse con il sindacato. Le occasioni di incontro con il leader Cgil Maurizio Landini - assieme agli alleati progressisti Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli - non sono mai state così frequenti. L'ultima oggi a Bari dove il fronte per l'abrogazione del Jobs Act si è ritrovato per il 'rush' finale ai quesiti referendari. Un segnale positivo anche in vista del test regionali. I nodi, riferisce una fonte parlamentare, sono ancora tutti sul tavolo.In Toscana, ad esempio, dove Avs e M5s non sono affatto convinti dall'idea di ricandidare Eugenio Giani. E così in Campania, dove il nome in pole è quello del M5s Roberto Fico, che però deve superare le resistenze di un pezzo non residuale di dem locali, per non dire del 'niet' di Vincenzo De Luca. Non sembrano esserci dubbi di sorta, invece, in Puglia, dove dovrebbe essere schierato il dem campione di preferenze alle ultime regionali, Antonio Decaro, e nelle Marche, dove l'europarlamentare del Pd ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci è avanti nella campagna elettorale. Un esponente dem attivo sul dossier regionali riferisce che la speranza è quella di chiudere l'intero "pacchetto" entro giugno, per avviare per tempo la campagna elettorale. E se anche il 'pianeta Veneto' dovesse allinearsi, sarà "chiaro che la destra si debba ben preoccupare", avverte Schlein.