Nuovo farmaco contro il tumore ai polmoni. Riduce del 40% il rischio di morte

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AGI - Per la prima volta, un nuovo farmaco immunoterapico è stato in grado di aumentare la sopravvivenza globale dei pazienti con tumore del polmone a piccole cellule, noto per la sua estrema aggressività. Il farmaco "bispecifico" tarlatamab di Amgen ha infatti dimezzato il rischio di morte dei pazienti del 40%, aumentando la sopravvivenza globale dei pazienti da 8,3 a circa 14 mesi. Questi, in estrema sintesi, i risultati straordinari emersi dallo studio di Fase III DeLLphi-304, presentati ieri al Congresso annuale dell'American Society of Clinical Oncology (Asco), a Chicago, e pubblicati sul New England Journal of Medicine.Lo studio DeLLphi-304 è uno studio globale, randomizzato, di Fase 3, in aperto, che ha valutato l'efficacia e la sicurezza di tarlatamab in pazienti con tumore al polmone a piccole cellule dopo progressione della malattia in seguito a una linea di chemioterapia a base di platino. Lo studio ha arruolato 509 pazienti randomizzati a ricevere tarlatamab o chemioterapia standard. La peculiarità di tarlatamab si deve alla tecnologia BiTE che consente al farmaco di avere una duplice azione: attiva le cellule T del sistema immunitario e la guida contro un bersaglio molto particolare, la proteina DLL3 espressa dalle cellule tumorali.Questa tecnologia, con cui Amgen ha già trasformato il trattamento dei tumori del sangue come la leucemia linfoblastica acuta, viene ora per la prima volta applicato con successo anche nei tumori solidi. In particolare, nel tumore polmonare a piccole cellule, che rappresenta il 10-15% di tutti i tumori polmonari. Ogni anno nel mondo si registrano oltre 330mila nuove diagnosi di questo tumore, circa 6 mila in Italia. Sulla base degli incoraggianti risultati provenienti dalla sperimentazione clinica, tarlatamab ha già ricevuto un'approvazione accelerata da parte di Fda nel 2024. Nello stesso anno e' stata inoltre inclusa da Time tra le "invenzioni dell'anno". "Un risultato cosi' importante in termini di sopravvivenza mediana, parliamo di circa 14 mesi, e' qualcosa che nel carcinoma polmonare a piccole cellule non si era mai visto", spiega Federico Cappuzzo, direttore Uoc Oncologia Medica 2, Istituto Nazionale Tumori Irccs Regina Elena."In questo tumore, spesso, si contano le settimane, più che i mesi. Con tarlatamab per la prima volta abbiamo pazienti con tumore al polmone a piccole cellule 'lungosopravviventi', anche oltre i 3 anni dal trattamento. Questo trattamento - prosegue - rappresenta una sfida per tutta la comunità scientifica, che si trova oggi di fronte a un nuovo 'mondo' terapeutico, che richiede esperienza clinica, attenzione alla safety e a percorsi di gestione dedicati - conclude Cappuzzo -. Come già accaduto per i tumori del sangue, anche qui sarà centrale l'apprendimento sul campo per integrare al meglio l'uso di questi farmaci nella pratica clinica".Charles Rudin, vicedirettore del Memorial Sloan Kettering Cancer Center, aggiunge: "I dati dello studio DeLLphi-304 segnano una svolta per i pazienti con recidiva di Sclc (tumore al polmone a piccole cellule, ndr). Tarlatamab è associato a miglioramenti significativi, anche in pazienti con malattia ricorrente o progressiva. Questo studio offre anche dati confermativi su come gestire le potenziali tossicità delle terapie bispecifiche, aspetto fondamentale per migliorare l'esperienza dei pazienti".