Perché quando muore una star soffriamo tanto?

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Nelle ultime ore la notizia della morte improvvisa, in un incidente stradale, di Diogo Jota, attaccante del Liverpool e della nazionale portoghese, è rimbalzata immediatamente su tutti i mezzi di comunicazione, tradizionali e non. Un evento tragico che ha colpito non solo il mondo del calcio, ma milioni di persone comuni, che non lo conoscevano personalmente ma lo sentivano, in qualche modo, parte della loro vita.In un'epoca di connessioni digitali e legami mediali, la scomparsa di una figura pubblica genera un dolore collettivo tanto intenso quanto reale. Perché proviamo sofferenza per chi, in fondo, non faceva parte della nostra quotidianità?Il ruolo dei social media in questo contesto è, secondo Alessandra Micalizzi, sociologa e psicologa, che ha affrontato più volte il tema in alcuni suoi articoli, quello di costruire una memoria collettiva e condividere il dolore in modo ritualizzato; ma una sovraesposizione emotiva può interferire con il processo di elaborazione del lutto.Cos'è il lutto parasociale e perché ci fa soffrire davveroIl fenomeno affettivo unilaterale che si sviluppa tra pubblico e attori, cantanti, sportivi ecc., quando una celebrità viene a mancare ha un nome: lutto parasociale. Il termine fu coniato negli anni '50 da Donald Horton e Richard Wohl. Sebbene a senso unico, questo legame può attivare risposte emotive autentiche e profonde. Quando la persona pubblica muore, il senso di perdita può essere comparabile a quello sperimentato per la morte di qualcuno di vicino.Uno studio condotto da Eyal e Cohen nel 2006 ha dimostrato che la rottura di una relazione parasociale può generare emozioni simili a quelle del lutto reale, attivando processi di elaborazione molto simili sul piano psicologico.. Chi soffre di più per la morte di una celebrità? Il ruolo di età, empatia e personalitàNaturalmente, non tutti reagiamo allo stesso modo. L'intensità del dolore varia in base a diversi fattori: l'età (gli adolescenti sono particolarmente vulnerabili), la personalità (soprattutto nei soggetti con elevati livelli di empatia o attaccamento ansioso), lo stile di vita e il genere. Alcuni studi indicano, ad esempio, che le donne tendono ad essere mediamente più coinvolte emotivamente in queste dinamiche (Giles, 2002).Perché la morte di uno sportivo come Diogo Jota colpisce di piùAnche il tipo di celebrità ha un peso: la morte di un atleta come Jota colpisce di più perché rompe un'immagine di forza, giovinezza e invincibilità. Eventi simili come la scomparsa improvvisa del cestitsta americano Kobe Bryant o quella del calciatore italiano Davide Astori, hanno generato reazioni globali. Gli atleti incarnano infatti ideali collettivi di energia, dedizione e successo: la loro perdita mina inconsciamente la nostra fiducia nella stabilità del mondo.Secondo Brown, Basil e Bocarnea (2003), le morti improvvise e tragiche di figure pubbliche generano reazioni emotive più forti, specialmente se riguardano persone giovani, amate e carismatiche.. Social e media amplificano il dolore collettivo per le celebritàLa risposta mediatica contribuisce a rinforzare e moltiplicare questo coinvolgimento. Mentre i media tradizionali, come radio e tv, costruiscono una narrazione rituale e pubblica della perdita, i social network trasformano il lutto in una partecipazione emotiva condivisa. Pubblicare un post, una frase o una foto diventa un gesto collettivo di elaborazione simbolica. E spesso, in quella condivisione, si cercano senso, conforto e connessione.. Ma cosa piangiamo davvero? Non solo la persona, ma ciò che quella figura rappresentava per noi: una fase della vita, un'idea, un'identificazione emotiva. Le celebrità accompagnano la nostra crescita, danno voce ai nostri sogni, diventano parte del nostro immaginario quotidiano.Come hanno osservato in passato Richard Dyer e Carolyn Kitch – il primo uno studioso dei media e delle celebrità, la seconda docente esperta di memoria collettiva nei media – la morte di una figura pubblica è anche un evento culturale. Segna la fine di un'epoca, la chiusura simbolica di un capitolo collettivo. Piangiamo, dunque, non solo un volto familiare, ma una parte di noi stessi.Nel caso di Diogo Jota, non si tratta solo della perdita di un calciatore. Per molti, rappresentava impegno, passione e resilienza. E quando una figura così viene meno, ci scopriamo più fragili, più esposti, più soli. Dunque il lutto parasociale è una forma legittima di dolore, che ci ricorda, se necessario, che i legami non hanno bisogno di reciprocità per essere significativi..