Iran. Araghchi incontra i ministri di Francia, GB e Germania: si ritenta il dialogo

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di Giuseppe Gagliano –Nel pieno dell’ennesima escalation tra Israele e Iran, il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha fatto tappa a Ginevra il 20 giugno cercando, forse invano, di riaprire un varco nella diplomazia europea. Accompagnato da un’agenda d’emergenza e da toni apparentemente concilianti, Araghchi ha incontrato i suoi omologhi britannico, francese e tedesco, invocando una “nuova esplorazione della via diplomatica” sul dossier nucleare. Ma dietro le parole, le bombe non smettono di cadere. Mentre i colloqui si svolgevano tra le sale discrete della diplomazia svizzera, le città iraniane di Rasht, Shiraz e Ahvaz venivano bombardate da caccia israeliani, nel corso dell’ottavo giorno consecutivo di conflitto aperto.L’Iran ha risposto lanciando la 16ma e 17ma ondata di missili contro Tel Aviv e Haifa, ferendo decine di civili. La guerra ormai è un dato di fatto, mentre la diplomazia resta appesa al filo delle dichiarazioni. “Le nostre capacità difensive non sono negoziabili”, ha dichiarato Araghchi, riferendosi in particolare al programma missilistico iraniano, da sempre uno degli obiettivi centrali della pressione occidentale e israeliana. In altre parole: possiamo discutere di uranio, ma non toccherete i nostri droni e i nostri missili.Il rappresentante francese, Jean-Noel Barrot, ha replicato affermando che “una soluzione militare non risolverà il problema del nucleare iraniano”, un monito che più che Teheran sembra diretto all’alleato statunitense. Il tedesco Johann Wadephul ha ribadito la necessità di prevenire ulteriori escalation. Parole che si rincorrono da anni, senza impedire il ripetersi di crisi sempre più violente.Mentre si moltiplicano le dichiarazioni, si moltiplicano anche le smentite. Araghchi ha negato categoricamente di essere in contatto con Steve Witkoff, l’inviato dell’amministrazione Trump per il Medio Oriente, nonostante le indiscrezioni della Reuters. “Nessun dialogo, nessun contatto”, ha detto accusando direttamente Washington di essere “complice dei crimini israeliani”. Parole dure, pronunciate in un contesto in cui le accuse di crimini di guerra si rincorrono da una parte e dall’altra.Intanto, a Washington, il Dipartimento del Tesoro ha annunciato un nuovo pacchetto di sanzioni. Nel mirino, aziende straniere, un cittadino cinese e una nave cargo accusati di supportare i programmi missilistici e dronistici iraniani. È l’ennesimo tassello di una strategia di strangolamento economico, usata come arma surrogata nel conflitto globale tra alleati e avversari degli Stati Uniti.E mentre il conflitto si avvicina a siti sensibili, il direttore dell’AIEA, Rafael Grossi, lancia un’allerta senza precedenti: un attacco alla centrale nucleare di Bushehr potrebbe provocare una catastrofe radioattiva con conseguenze su larga scala. Non è un monito da prendere alla leggera. Bushehr non è solo un impianto strategico per l’Iran: è una bomba atomica silenziosa nel cuore del Golfo Persico, a pochi chilometri dalle capitali degli alleati americani. Grossi lo ha detto chiaramente: la sua agenzia è stata contattata da diversi governi arabi preoccupati per l’escalation.Così, mentre a Ginevra si parla di pace, in Medio Oriente si combatte una guerra che ormai non è più soltanto tra Israele e Iran, ma tra modelli di potere, alleanze planetarie, e narrazioni contrastanti. Da un lato l’Occidente che pretende di gestire gli equilibri nucleari, dall’altro l’Iran che rivendica il diritto alla difesa e alla sovranità, anche a costo della distruzione.