La caccia non è un diritto ma una concessione regolata dallo Stato. Mi fa strano doverlo scrivere, ma ogni tanto giova ricordarlo. Giova ricordalo soprattutto quando ci sono politici che 1) non conoscono le leggi, nella loro ignoranza (giuridica) 2) mistificano le leggi per tornaconto personale. Ce ne sono decine, centinaia: da Bruxelles al Parlamento italiano fino ai consigli regionali e comunali. E diventa difficile, poi, spiegare a un cacciatore che la sua attività prediletta non è una facoltà inalienabile. E infatti in tasca ha una – parola magica – licenza.La caccia non è un diritto ma una concessione regolata dallo Stato. Lo ribadisco perché l’ultimo in ordine di tempo che mi è capitato sott’occhio che sostiene il contrario è l’assessore all’Agricoltura della Regione Lombardia, Alessandro Beduschi. Che in una nota piccata, diffusa poco prima che un gruppo di giudici gli rovinasse il fine settimana, ha scritto: “Non possiamo esimerci dal rilevare come tale scelta (confermare la chiusura dei valichi montani alla caccia, nda) comporti una responsabilità che non è solo di natura giuridica, ma anche sociale, territoriale e ambientale. A nostro avviso, si stanno calpestando i diritti del mondo venatorio”.La caccia non è un diritto ma una concessione regolata dallo Stato. La legge 157/92 (quella che cacciatori e centrodestra stanno stravolgendo e vogliono stravolgere ancora di più col disegno di legge di Francesco Lollobrigida) stabilisce che “la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale e internazionale”. In più che “l’esercizio venatorio è consentito a chi ha compiuto il diciottesimo anno di età ed è titolare di licenza di porto di fucile per uso di caccia”. Significa che la fauna selvatica è patrimonio della collettività, che non appartiene al cacciatore e che non può essere considerata oggetto di un diritto soggettivo individuale; in più, che l’attività venatoria è subordinata al rilascio di una licenza, al rispetto di regole, nonché al pagamento di tasse e contributi e che la stessa licenza può essere revocata o sospesa.La caccia non è un diritto ma una concessione regolata dallo Stato. Come se non bastasse – che sfortuna, eh – la caccia non è menzionata dalla Costituzione che, anzi, all’articolo 9 tutela l’ambiente, la biodiversità e gli animali. Ma non finisce qui, perché sentenze della Corte costituzionale e del Consiglio di Stato hanno ribadito più volte ciò che sto dicendo dalla prima riga, tanto che l’attività venatoria può essere sospesa o limitata dallo Stato o dalle Regioni, anche in modo radicale.La caccia non è un diritto ma una concessione regolata dallo Stato. I diritti sono altri. Un cacciatore piuttosto noto, nato ad Asiago più di cent’anni fa, al termine di una riflessione ecologista, in cui rilevava che “la natura non è una risorsa illimitata, e quando sarà consumata scomparirà la vita; l’aria, l’acqua, la terra non sono risorse infinite”, scriveva così: “Vorrei che tutti potessero ascoltare il canto delle coturnici al sorgere del sole, vedere i caprioli sui pascoli in primavera, i larici arrossati dall’autunno sui cigli delle rocce, il guizzare dei pesci tra le acque chiare dei torrenti e le api raccogliere il nettare dai ciliegi in fiori”.La caccia non è un diritto ma una concessione regolata dallo Stato.L'articolo La caccia non è un diritto ma una concessione: assurdo doverlo ricordare ai politici! proviene da Il Fatto Quotidiano.