Ddl intelligenza artificiale: i nodi della legge. Il voto finale atteso per mercoledì e il problema dei dati della Pubblica amministrazione su server esteri

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È tornato nell’Aula della Camera il disegno di legge sull’intelligenza artificiale, in seconda lettura. Un testo fortemente voluto dal governo Meloni, che dopo mesi di stallo in Senato, sembra finalmente avviarsi al traguardo: il voto finale è atteso tra martedì e mercoledì della prossima settimana. Ma il ddl, che conterà circa 240 provvedimenti, è arrivato a Montecitorio con molte questioni ancora aperte. E ripensamenti, anche all’interno dello stesso governo. Tra i nodi affrontati in Aula, c’è quello dei dati della Pubblica Amministrazione.Il problema dei serverDurante l’iter nelle commissioni Attività Produttive e Trasporti alla Camera il governo ha deciso di cancellare un emendamento che aveva approvato pochi mesi prima in Senato. Si tratta del comma 2 dell’articolo 6, secondo cui «i sistemi di intelligenza artificiale destinati all’uso in ambito pubblico» dovevano «essere installati su server ubicati nel territorio nazionale». Con la modifica, questa limitazione è stata soppressa. Cosa significa?Per capire cosa significa, partiamo da alcune definizioni semplici: i sistemi di intelligenza artificiale sono programmi che aiutano la Pubblica amministrazione – cioè gli enti pubblici come comuni, ministeri o ospedali – a gestire grandi quantità di dati e a prendere decisioni in modo più veloce e preciso. Per funzionare, questi sistemi hanno bisogno di “server”, ovvero computer molto potenti dove vengono archiviati e elaborati i dati. La regola approvata in Senato diceva che questi server, su cui vengono conservati dati sensibili come informazioni anagrafiche, fiscali o biometriche dei cittadini, dovevano trovarsi fisicamente in Italia. Con la modifica decisa alla Camera, questa limitazione è stata rimossa: adesso i dati della Pubblica Amministrazione possono essere conservati anche su server all’estero. Perchè questo passo indietro?Una parte dell’opposizione ha espresso forte preoccupazione per la scelta, sottolineando il rischio che «i dati degli italiani finiscano in mano agli Stati Uniti o, magari, a Israele», come ha dichiarato la deputata di Avs Elisabetta Piccolotti «Perché questo passo indietro? Perché rinunciare a una misura che andava nella direzione giusta?».Distiguere i dati strategiciPer il Partito democratico, per esempio, l’intervento effettuato «non è sufficiente», chiarisce il deputato dem Andrea Casu ad Open. Il Pd chiedeva una specifica in più: prevedere che i sistemi di intelligenza artificiale utilizzati dalla Pubblica Amministrazione, vengano installati su server che si trovano fisicamente in Italia solo quando trattano dati strategici. «Noi chiedevamo di distinguere tra i dati strategici e sensibili della Pubblica Amministrazione – che devono essere tutelati in ogni fase – e i dati ordinari. Per esempio: se lavori in una Pa e gestisci i miei dati biometrici, quelli sono dati che vanno protetti con la massima attenzione. Se invece stai giocando al solitario, la cronologia della tua classifica non richiede lo stesso livello di controllo o l’obbligo di server nazionali. Trattare tutti i dati allo stesso modo, senza distinguere, significa appesantire il sistema senza garantire davvero la sicurezza dei dati più importanti».Il problema della governanceMa i nodi ancora aperti non si fermano ai server. Un altro tema emerso con forza è quello della governance. Il governo ha scelto di affidare il controllo dei sistemi di intelligenza artificiale a due agenzie: l’Agenzia per l’Italia digitale (Agid), che supporta la Pubblica Amministrazione, e l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn), con funzioni più ispettive e sanzionatorie. Sulla questione interviene anche il deputato dem Andrea Casu: «Indipendentemente da chi siede a Palazzo Chigi, l’intelligenza artificiale non può essere gestita da un’agenzia governativa: deve essere governata da un’autorità indipendente. E lo “spezzatino” di poteri previsto da questo testo rischia solo di creare ulteriore confusione».Il diritto d’autoreIl disegno di legge è stato criticato anche da chi lavora nel mondo della cultura e dello spettacolo. A finire sotto accusa è l’articolo 25, considerato troppo debole nella tutela del diritto d’autore. L’11 giugno, alla Camera, durante una conferenza organizzata dall’associazione europea Egair insieme all’Associazione nazionale attori doppiatori e al Coordinamento autrici e autori cineaudiovisivo, le sigle hanno lanciato un appello: «Fermiamo il saccheggio dell’ingegno, del talento e dell’arte italiana». E anche domani, 24 giugno, torneranno in audizione sul tema, di nuovo alla Camera.L'articolo Ddl intelligenza artificiale: i nodi della legge. Il voto finale atteso per mercoledì e il problema dei dati della Pubblica amministrazione su server esteri proviene da Open.