Stellantis al governo: “Abbassate il costo dell’energia o chiudiamo le fabbriche a fine anno”

Wait 5 sec.

Bisogna evitare il “dramma” industriale che potrebbe arrivare alla fine dell’anno. C’entrano il Green Deal, le possibili multe alle case automobilistiche se non raggiungessero le quote di elettrico ma – soprattutto – il costo dell’energia in Italia, che è quasi il triplo rispetto ad altri Paesi costruttori. La soluzione? Chiudere le fabbriche. Stellantis usa l’arma finale per spingere il governo a mettere in campo uno dei tre pilastri decisivi per rispettare i vaghi impegni presi negli scorsi mesi. Non è fa mistero il responsabile per l’Europa, Jean Philippe Imparato: “In Francia il Megawattora lo pago 65 euro, in Spagna 80, in Italia lo pago più di 180. E parliamo di competitività. Se per una volta possiamo fare squadra e abbassare questo costo sarebbe fantastico. A 180 euro la competitività è ammazzata. Se per fine anno le cose non cambiano dovremo prendere delle decisioni toste, come la chiusura delle fabbriche”, ha detto agli Stati generali dell’energia organizzati da Forza Italia alla Camera.Per il settore auto europeo – ha sostenuto Imparato – bisogna intervenire su tre fattori: il costo dell’energia, rinnovare il parco circolante (“Nel 2019 c’erano 49 auto sul mercato europeo che costavano meno di 15.000 euro, oggi ne rimane una”) ed evitare la “bomba” della fine dell’anno con le sanzioni se non si raggiungono le quote di auto elettriche. Insomma: sconti sui costi, incentivi per i consumatori e un’ulteriore diluizione delle multe. “Siamo a pochi mesi da un dramma industriale che pochi vedono. Mi chiedono di fare il 20% di vendite di elettrico in Europa, separando le autovetture e i commerciali. Oggi con i commerciali faccio un terzo della quota europea con il 10% delle vendite, per arrivare al 20% dovrei fare il 60% di quota. Chi fa il 60% di quota in un mercato competitivo come il nostro? Ogni punto di mix che non faccio lo pago 150 milioni”. “In Europa ci sono 256 milioni di macchine, 150 milioni hanno più di 10 anni – osserva Imparato – facciamo qualcosa di adulto, rinnoviamo il parco circolante, a 15 milioni ogni anno. Non servono aiuti ma ho bisogno di una impostazione mentale diversa: bisogna farlo con tutte le auto che abbiamo, con l’industria che abbiamo”.Le dichiarazioni di Imparato gelano l’ottimismo che aveva mostrato il ministro delle Imprese Adolfo Urso, secondo il quale Stellantis “è tornata a investire, a lavorare con l’Italia”, che ora è “centrale” nel piano industriale. Ma in realtà – nonostante lo rivendichi nuovamente – il piano presentato lo scorso dicembre proprio da Imparato è un miscuglio di molte mosse già attese e alcune marginali novità. Tra l’altro con un tempismo magnifico, alla luce delle parole di Imparato poche ore dopo, il ministro aveva detto che il piano per l’Italia “prevede, a differenza di quanto accade in Europa, il mantenimento di tutti gli stabilimenti mentre l’Europa chiude le fabbriche”. Quindi aveva parlato di “zero licenziamenti” ed “eventualmente solo uscite volontarie”. Un avverbio da cancellare, visto che nelle scorse settimane l’azienda ha annunciato quasi 2mila esuberi incentivati che sono quindi già realtà.“Il ministro Urso ha parlato di una situazione di crescita di Stellantis in Italia che però non corrisponde alla realtà. Tra il 2024 e il 2025 sono 6.052 le uscite volontarie delle lavoratrici e dei lavoratori dagli stabilimenti. E cresce la cassa integrazione. In questo momento la maggior parte delle fabbriche non ha una missione produttiva”, fa notare il segretario della Fiom Michele De Palma. “A oggi non c’è traccia della gigafactory che doveva essere avviata a Termoli, e non sappiamo il sito produttivo che fine farà – sottolinea – Non conosciamo quale sia il piano di rilancio dei marchi Maserati e Alfa Romeo”. De Palma ha quindi definito “necessario” un confronto con il nuovo amministratore delegato di Stellantis Antonio Filosa per conoscere il piano industriale.L'articolo Stellantis al governo: “Abbassate il costo dell’energia o chiudiamo le fabbriche a fine anno” proviene da Il Fatto Quotidiano.