“Non accusiamo nessuno ma il minimo che chiediamo è che vengano fatte delle indagini approfondite, domani (27 giugno, ndr) sapremo se le autorità austriache disporranno l’autopsia, concedendoci questa richiesta basilare: perfino se muore un cane, si vuole sapere cos’è capitato esattamente, è nostro diritto sapere cos’è successo a mia nipote, una ragazza solare che aveva fatto tantissimi programmi per il futuro”. A parlare è Ninfa Maniscalco, la zia di Aurora Maniscalco, la hostess palermitana precipitata dal terzo piano di un edificio in un quartiere residenziale di Vienna. È successo nella notte tra il 21 e il 23 giugno, all’una del mattino.La ragazza, di 24 anni, hostess per la compagnia aerea Lauda Air, era originaria di Palermo ma viveva nella capitale austriaca assieme al fidanzato, Elio Bargione, di 27 anni, anche lui palermitano e anche lui dipendente di una compagnia aere ma diversa da quella della fidanzata. Quella notte Bargione era con lei, avevano avuto una lite al culmine della quale la ragazza si sarebbe gettata dal balcone, stando alla versione data dal ragazzo al padre di Aurora: “Mio fratello è stato avvertito dopo 7 ore, lui ha chiamato subito i suoi genitori, ha potuto avere subito il conforto della sua famiglia, mentre mia nipote iniziava la sua agonia senza nessuno di noi”, continua la zia.La giovane è morta dopo 36 ore di agonia in ospedale. Le indagini della polizia hanno stabilito che si sia trattato di suicidio. Un esito che sarebbe maturato grazie ad alcune testimonianze. Ma la famiglia Maniscalco, tramite l’avvocato, Alberto Raffadale, ha chiesto di avere accesso agli atti delle indagini e ha presentato una denuncia alla procura di Palermo e all’autorità giudiziaria di Vienna, chiedendo l’analisi dei cellulari di Aurora e di Bargione, l’acquisizione delle immagini delle telecamere in via Universumstrasse, dove vivevano, e nelle zone limitrofe, anche per escludere la presenza di terze persone. I Maniscalco hanno chiesto anche i dati di geolocalizzazione, le fotografie, i video e ogni altra informazione digitale utile a ricostruire le ultime ore di vita della vittima.Una storia quella tra i due giovani palermitani iniziata prestissimo, quando lei era appena 15enne. Abitavano a Palermo in due residence vicini, in una zona periferica, e si erano piaciuti subito. Poi assieme avevano provato a Catania il concorso per assistenti di volo e così la loro storia si era prolungata altrove. A Vienna nello specifico, dove però erano iniziati i litigi. Si erano pure separati ed Aurora, tornata dai familiari per qualche giorno, era apparsa molto dimagrita. “Ma mia nipote era piena di entusiasmo, stava facendo un corso di tedesco, voleva diventare tatuatrice perché da sempre disegnava benissimo: insomma, programmava la sua vita. Per questo non possiamo credere a un gesto simile”, continua Ninfa Maniscalco. Le indagini della polizia viennese si sono chiude rapidamente ma su protesta della famiglia il corpo è rimasto a disposizione dell’autorità giudiziaria che venerdì 27 giugno stabilirà se procedere con l’autopsia. “Chiediamo soltanto che venga fatta luce su ogni aspetto. La nostra è una famiglia distrutta, chiediamo soltanto che vengano accertati i fatti”, conclude la zia.L'articolo “Non crediamo che Aurora si sia uccisa”: la battaglia della famiglia della hostess per avere “indagini approfondite” proviene da Il Fatto Quotidiano.