Come un fiume in piena si è presentato Jim Jarmusch al pubblico bolognese de Il Cinema Ritrovato che lo attendeva nella sala affollata del Cinema Modernissimo. A scatenare risate e applausi è la poesia scritta per scommessa con Roberto Benigni che il regista americano recita in italiano appena entra in sala: “Io muoio senza accappatoio”. Alla masterclass moderata dal direttore della Cineteca di Bologna e condirettore del Festival Gian Luca Farinelli, Jarmusch rievoca i suoi primi passi nel mondo del cinema, a partire dalle sue frequentazioni della Cinémathèque di Parigi quando “non uscivo mai dalla sala perché non avevo i soldi per comprarmi i biglietti e allora mi nascondevo tra i sedili. Quando l’allora direttore Henri Langlois mi scoprì ebbe compassione della mia situazione ma anche ammirazione della mia passione, e quindi mi disse che potevo vedere tutti i film senza problemi”.Una formazione da cinema autoriale quella del prolifico autore dell’Ohio che, unita ai suoi studi letterari, poetici e musicali – Jim è anche un musicista affermato – ne hanno forgiato l’eclettismo viscerale, vibrante e senza dubbio originale. “Il mio mentore principale è stato Nicholas Ray, di cui sono stato assistente grazie a una borsa di studio della New York University, un regista raffinatissimo, il mio preferito tra i romantici americani. Devo molto anche a Sam Fuller, un vero vulcano, e alla generosità di Wim Wenders naturalmente. Tra le donne, fondamentali ancor più delle figure maschili, non posso che annoverare le mie amiche Patti Smith, Thelma Schookmaker e la divina Tilda Swinton, che per me dovrebbe essere la regina della terra, potrei fare qualunque cosa mi chiedesse”. Curiosamente, il giovane Jarmusch si è avvicinato al cinema americano classico attraverso la Nouvelle Vague francese “percorsi bizzarri i miei, come per la musica africana che ho conosciuto grazie a James Brown”. E a proposito della musica, l’artista che a gennaio compirà 73 anni, ha sottolineato “quanto essa sia la miglior forma espressiva concepita dall’essere umano, perché è totalmente pura. Quando suono con altre persone io mi sento libero. Certo, amo il cinema follemente, ma senza musica non potrei vivere, tutto parte da lì, anche i miei film”.Dotato di una cifra visiva e drammaturgica assai riconoscibile, il cinema di Jarmusch trova il suo processo creativo a partire dalla costruzione dei personaggi, e non della trama, “per me è secondaria. E l’ha capito bene Nick Ray quando, leggendo una delle mie prime sceneggiature, mi suggeriva di aggiungere azioni, fatti, svolte narrative, mentre io gli dicevo che a me piaceva così, quello stava diventando il mio sguardo. Il mio amore per i personaggi, di solito gli outcast, emarginati, alienati e miserabili della società, rifiuta il genere classico del biopic: per raccontare una persona è più interessante capire come si allaccia le scarpe!”.A Jim, infatti, piace “lo spazio tra le cose”, un concetto di difficilmente definibile se non attraverso la poesia, la musica, l’essenzialità. “Quella che ho trovato sull’iscrizione della tomba di Ozu – tra i miei autori preferiti in assoluto – a Tokyo che appunto si limitava a esprimere “lo spazio tra le cose”, ecco io mi trovo in quella dimensione”. Quanto ai suoi amatissimi attori – “siamo ormai una famiglia, una tribù” – tra i quali si ricordano Steve Buscemi, Tilda Swinton, Roberto Benigni, Jeffrey Wright, Alfred Molina, Tom Waits e Iggy Pop – ho imparato sempre da Nick Ray che non si può dirigerli in blocco, perché ciascun attore ha un rapporto differente con il regista ma anche che il set e la scena che interpreta. Pertanto mi rivolgo a ciascuno separatamente, per questo si crea un rapporto intimo e speciale con ognuno di loro”.Sul finire della conversazione Jarmusch entusiasma il suo pubblico annunciando non solo che il nuovo film – Father, Mother, Sister, Brother con Cate Blanchett, Vicky Krieps, Adam Driver, Tom Waits e Charlotte Rampling – è pronto (e, aggiungiamo, in forte predicato per il concorso della prossima Mostra veneziana) ma che sulla scrivania c’è anche una nuova sceneggiatura pronta per tradursi nello sguardo irriverente e sempre straordinario di questo splendido autore.L'articolo “Non uscivo mai dalla sala perché non avevo i soldi per comprarmi i biglietti”, Jim Jarmusch si racconta e incanta Bologna proviene da Il Fatto Quotidiano.