“Oggi la Palestina è un test, è un banco di prova sul quale si gioca l’umanità e la legalità non solo per i palestinesi e gli israeliani, ma per tutti noi“. Così Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati dal 1967, ha concluso un intervento appassionato e rigoroso alla manifestazione “Non in mio nome”, organizzata dall’associazione Schierarsi il 28 giugno a Roma. Una piazza gremitissima ha ascoltato le sue parole come un appello alla coscienza collettiva, in un evento nato per esprimere solidarietà al popolo palestinese, denunciare le atrocità commesse da Israele a Gaza e in Cisgiordania e sostenere l’azione umanitaria di Medici Senza Frontiere.Sollecitata da Peter Gomez, direttore de ilfattoquotidiano.it e condirettore del Fatto Quotidiano, sul senso da dare a certe discussioni pubbliche in cui si nega che a Gaza sia in corso un genocidio, Albanese non ha esitato a ricondurre la questione a una doppia carenza: logica e giuridica.“Mi sembra che una domanda di questo tipo non solo riveli una grave mancanza di comprensione della legalità, ma anche di logica,” ha esordito.“Si confonde il genocidio con lo sterminio, ma lasciamo da parte questo punto. Quando si dice che sono solo crimini di guerra o contro l’umanità, io mi chiedo: ‘Ma state bene?”. I crimini di guerra sono reati gravissimi, per cui si va in galera, per cui non si devono fare affari con chi li commette o è accusato di commetterli“, ha ribadito, sottolineando che la distinzione tra crimini internazionali non giustifica né riduce la gravità della situazione.“Dire che Netanyahu e l’ex ministro della Difesa sono accusati di crimini di guerra – ha sottolineato – non significa che non ci sia un genocidio in corso. È un vizio di logica. Ma soprattutto: per capire le misure da adottare, bisogna sapere da dove nasce questo genocidio.”Albanese ha evidenziato come la violenza attuale non sia un’escalation improvvisa successiva agli attacchi di Hamas del 7 ottobre, ma il culmine di una politica strutturale di oppressione nei confronti dei palestinesi: “Non si è arrivati qui per il 7 ottobre. È il grave inganno in cui si continua a cadere, soprattutto in Italia. In realtà ci troviamo dinanzi allo stadio ultimo di una violenza strutturale sistemica nei confronti del popolo palestinese. Da sempre, Israele tratta i palestinesi come nemici presunti colpevoli fino a prova contraria. Ed è per questo che si moriva così facilmente, si finiva senza una casa così facilmente, si diventava orfani così facilmente, anche prima del 7 ottobre.”“L’Italia — ha sottolineato la relatrice — ha perso lucidità, anestetizzata da un “sogno di pietra” diffuso da classe politica e media. La Palestina è andata avanti, è diventata vieppiù una colonia”.E ha ribadito che il genocidio non è una questione di strumenti, ma di intenti: “Neanche io l’ho visto subito, ammetto il mio errore. Avrei dovuto capire meglio che cos’è un genocidio. Non è un campo di concentramento. Non è il mezzo con cui si commette, ma è l’intento: l’intento di distruggere un popolo in quanto tale, un gruppo in quanto tale. Si uccidono bambini, medici, giornalisti. Si riducono in polvere le case. Si affamano gli affamati, si uccidono gli ammalati. A Gaza non c’è più dignità”.Albanese ha poi rimarcato la responsabilità collettiva e l’obbligo giuridico e morale degli Stati nel prevenire e fermare il genocidio: “Il genocidio va fermato, non solo punito. È dal 24 gennaio 2024 che la Corte di Giustizia Internazionale ha messo in mora lo Stato di Israele. Da quel giorno è cominciato un conto, per tutti: per chi ha venduto armi, per chi ha comprato armi testate sui palestinesi, per chi ha continuato a trattare l’occupazione israeliana come se fosse nulla.”L’accusa è netta: complicità. E riguarda anche le istituzioni italiane ed europee: “Viviamo in una fase di grande tensione rispetto alla legalità. Una via che va ritrovata, perché c’è una collusione tra potere e interessi finanziari, dalla Palestina all’Europa, che ci sta intrappolando tutti. È la stessa che non ci permette di protestare, di chiedere la fine di un crimine.”Francesca Albanese ha poi lanciato uno sguardo profondo sulle ferite che questo conflitto lascerà su entrambe le comunità: “Faranno fatica gli israeliani più dei palestinesi, perché i palestinesi hanno una forza incredibile dentro loro. Ma gli israeliani, quando si renderanno conto di ciò che hanno fatto, indottrinati da un’ideologia che li ha trasformati negli esecutori materiali di un genocidio, avranno anni molto bui davanti a sé, come comunità e come individui.”La conclusione è un monito che va oltre la questione israelo-palestinese, e tocca il cuore stesso dell’etica democratica e giuridica dell’Occidente: “La Palestina è un banco di prova dell’umanità e della legalità. Non possiamo fallirlo.”L'articolo Francesca Albanese all’evento per Gaza: “Dire che non è genocidio ma solo crimini di guerra è ignoranza giuridica” proviene da Il Fatto Quotidiano.