AGI - La Corte d'Assise di Bergamo ha accolto la richiesta della difesa di Moussa Sangare, imputato per avere ucciso Sharon Verzeni, di sottoporlo a una perizia psichiatrica. Una decisione che ha sorpreso i familiari "soprattutto in relazione capacità di stare a giudizio". In effetti, se poteva essere contemplata, e lo ha fatto anche il pm Emanuele Marchisio rimettendosi a una valutazione dei giudici su questo aspetto, la possibilità che una perizia debba stabilire la capacità di intendere e di volere al momento del fatto, è arrivata a sorpresa la decisione se Sangare sia in grado di "partecipare coscientemente" al processo, la condizione necessaria per essere giudicato in un'aula di giustizia. Una persona che non la possiede non può essere processata perché non è in grado di esercitare il diritto di difesa e viene prosciolta e collocata in una Rems se ritenuta 'socialmente pericolosa'. Sangare vestito con un giubbotto bordeaux, jeans grigi e occhiali, si è accomodato all'inizio dell'udienza nel gabbiotto per i detenuti a pochi metri da dove siedevano i genitori della ragazza accoltellata a Terno d'Isola la notte del 30 luglio 2023 mentre passeggiava in via Castegnate e a Sergio Ruocco, col quale conviveva e aveva in programma di sposarsi presto. L'imputato si è poi spostato sul banco in prima fila accanto all'avvocato Giacomo Maj che lo fermato una prima volta quando ha cercato di prendere la parola a discussione in corso. Prima di ritirarsi in camera di consiglio per decidere sulla perizia, la presidente della Corte, Patrizia Ingrascì, gli ha chiesto se volesse intervenire. "Volevo solo dire che sono innocente" ha affermato con qualche titubanza, in contrasto con la doppia e piena confessione resa durante le indagini quando ammise di avere ucciso la barista di 33 anni "che guardava le stelle ascoltando la musica con le cuffiette" 'a caso' spinto da "un'onda emotiva" dopo averla incontrata mentre vagava in bicicletta. Sharon era uscita di casa dopo la mezzanotte, come d'abitudine da qualche tempo, per fare un po' di moto perche' voleva perdere qualche chilo. L'avvocato Maj ha portato a sostegno della necessita' di sondare la mente di Sangare alcuni documenti relativi alle visite mediche a cui è stato sottoposto sia al momento dell'arresto, nel carcere di Bergamo, e poi in quello di San Vittore, dove è stato trasferito, oltre che a "eventi" non meglio precisati avvenuti nel penitenziario milanese e alla relazione dell'assistente sociale che lo aveva preso in carico prima del delitto. "Si evince chiaramente - questa la tesi del legale - che Sangare da diverso tempo, e in particolare da quando è tornato da un viaggio negli Stati Uniti, ha cominciato ad avere atteggiamenti non consoni, del tutto distaccati dalla realtà". Maj ha poi argomentato che la sorella di Sangare "mostro' all'assistente sociale che lo seguiva un video in cui il fratello parlava coi defunti mentre la madre svolgeva mansioni domestiche". "A tutto questo - è l'ultimo passaggio del suo intervento - va aggiunto che anche questa difesa ha avuto dei problemi a rapportarsi con lui e a instaurare un dialogo". Il pm Marchisio aveva chiesto "fermamente" che non venisse messa in dubbio la capacità di stare in giudizio mentre si era rimesso alla Corte sulla possibile incapacità parziale al momento del delitto sottolineando che gli stessi documenti di cui è in possesso la difesa mostrano che era "razionante, vigile, orientato e capace di comprendere i colloqui". Manifesto' "indifferenza e apatia morale" e cerco' di depistare le indagini, tagliandosi i capelli e modificando la bicicletta che aveva usato per fuggire. Tutte circostanze che hanno spinto il magistrato a dire che agi' "con una certa intelligenza". Contrario alla perizia anche l'avvocato di parte civile Luigi Scudieri: "Sangare era in grado di percepire il senso degli avvenimenti tanto da riportarli e saperli collocare e aveva ricostruito puntualmente le circostanze di quel fatto. Non abbiamo documenti pregressi che attestino un'incapacità di pensiero". I giudici però hanno deciso diversamente forse anche per avere più in fretta possibile una risposta su un tema che poi avrebbe potuto presentarsi più in là nel processo o nei successivi gradi di giudizio. Se l'esperto al quale verrà conferito l'incarico l'11 marzo deciderà che è capace di stare in giudizio e lo era al momento del crimine, il processo potrebbe andare avanti spedito. A quel punto l'avvocato potrebbe dare il consenso all'acquisizione degli atti e si passerebbe alla requisitoria, all'arringa, agli interventi delle parti civili e poi alla sentenza, com'è successo nel caso di Filippo Turetta o come accade quando ci sono molti indizi oltre alla confessione e pochi spazi per difendersi nel merito.