di C. Alessandro Mauceri – La notizia è uscita quasi sottotono: un nuovo corona-virus potrebbe potenzialmente trasmettersi dai pipistrelli all’uomo perché utilizza lo stesso recettore umano del virus che causa il Covid-19. A dare la notizia la virologa cinese Shi Zhengli del Guangzhou Laboratory insieme ai ricercatori della Guangzhou Academy of Sciences, della Wuhan University e del Wuhan Institute of Virology. Il nuovo virus del gruppo dei corona-virus HKU5 è stato identificato per la prima volta in un pipistrello a Hong Kong. Dalle analisi è emerso che il virus, una volta isolato da campioni di pipistrello, poteva infettare anche cellule umane e masse di cellule o tessuti coltivati artificialmente che assomigliavano a organi respiratori o intestinali miniaturizzati. In pratica un nuovo Covid.La scoperta ha riaperto la discussione su una questione mai risolta: cosa hanno imparato i governi dalla pandemia che ha colpito tutti dal 2020 al 2022? I governi sarebbero pronti ad affrontare una nuova pandemia? Gli esperti concordano sul fatto che i paesi del mondo non hanno imparato nulla dal passato. I negoziati sulle misure da adottare per essere pronti in caso di pandemia si sono arenati miseramente nel 2024. Anche le misure adottate a livello di singoli Stati appaiono insufficienti.In Italia, a gennaio 2025 il Ministero della Salute ha presentato un documento dal titolo “Piano strategico operativo per la preparazione e risposta a una pandemia da patogeni a trasmissione respiratoria a maggiore potenziale pandemico”, che dovrebbe essere “attivo” per il periodo 2024-2028.Presentato come un passo significativo (è il primo a essere esteso a tutti i patogeni respiratori, segnando un’evoluzione sostanziale rispetto a quelli precedenti focalizzati principalmente sulla prevenzione dell’influenza pandemica), appare però carente della parte più importante: la realizzazione pratica. Leggermente meglio il Piano nazionale di comunicazione del rischio pandemico; per buona parte si limita al tema dell’informazione. Inaltri paesi (anche molti paesi “sviluppati”) la situazione è ancora peggiore.Eppure già nel 2022, proprio al termine dell’emergenza pandemica, l’OMS aveva avviato negoziati per un nuovo accordo sulle pandemie che potesse costituire la base per la cooperazione internazionale in caso di eventi come la pandemia da Covid-19. Poi, a distanza di due anni dall’inizio dei lavori, ci si era accorti che i colloqui non portavano ad alcun risultato concreto, la scadenza iniziale prevista dall’Assemblea mondiale della sanità era maggio 2024. Anzi pare che durante gli incontri i livelli di fiducia tra i paesi siano peggiorati, come ha ammesso la dottoressa Clare Wenham del dipartimento di politica sanitaria della LSE.A livello europeo nel 2023 la Commissione speciale del Parlamento europeo sulla pandemia di Covid-19 (COVI) aveva fornito raccomandazioni specifiche per colmare alcune lacune in tal senso. A luglio 2023, il Parlamento europeo aveva analizzato questo documento e l’aveva approvato, ma con una maggioranza non così netta come si sarebbe potuto pensare: 385 voti a favore, 193 contrari e 63 astenuti. Il punto è che questo testo includeva una tabella di marcia suddivisa in quatto settori: salute, democrazia e diritti fondamentali, aspetti sociali ed economici e risposta globale alla pandemia. Per questo diversi europarlamentari avevano chiesto alle autorità dell’UE di utilizzare le risorse finanziarie disponibili auspicando che il trattato internazionale sulle pandemie potesse garantire un coordinamento a livello ancora più ampio: su scala globale.Il nocciolo della questione è proprio questo: i soldi. Già prima della pandemia del 2020 erano stati realizzati studi, definiti programmi e indicato direttive per prevenire o per intervenire efficacemente in caso di pandemie. I fatti hanno dimostrato che le misure adottate non erano efficaci o non erano state attuate come previsto dai piani. Secondo i dati diffusi dall’OMS l’Organizzazione Mondiale della Sanità, da dicembre 2019 ad oggi sarebbero stati registrati oltre 760 milioni di casi e 6,9 milioni di decessi in tutto il mondo, “ma si ritiene che il numero effettivo sia più alto”. Le Nazioni Unite parlano di quasi 15 milioni di morti in più tra il 2020 e il 2021 a causa del Covid-19.Non meno impressionanti i numeri che riguardano il giro d’affari globale delle BIG5 che hanno accumulato profitti multimiliardari grazie alla vendita di oltre 13 miliardi di dosi di vaccino somministrate (dati OMS).Come ha confermato la scoperta di un nuovo corona-virus in Cina, nuove minacce per la salute emergono frequentemente. Già nel 2024 i leader mondiali della sanità avevano parlato di un rischio di epidemia di mpox in Africa. Alla fine dello scorso anno, alcuni specialisti hanno rilevato un potenziale focolaio di una malattia sconosciuta in un’area remota della Repubblica Democratica del Congo e altre malattie esacerbate dalla malnutrizione acuta.Maria van Kerkhove, direttrice del settore preparazione e prevenzione delle epidemie e delle pandemie presso l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha dichiarato di essere preoccupata anche per la situazione dell’influenza aviaria: il virus non si diffonde da uomo a uomo, ma nell’ultimo anno c’è stata una impennata delle infezioni umane.Il sistema di monitoraggio internazionale pare essere consolidato, sebbene focalizzato sull’influenza, ma altri settori non lo sono altrettanto.La pandemia di Covid-19 ha lasciato i sistemi sanitari di tutto il mondo “davvero traballanti”. Ma nonostante sia stata seguita da una lunga lista di altre crisi sanitarie, la risposta dei governi appare insufficiente. “L’influenza stagionale ha iniziato a circolare, abbiamo avuto un’emergenza mpox, abbiamo avuto la Marburg, abbiamo avuto il colera, abbiamo avuto terremoti, abbiamo avuto inondazioni, morbillo, difterite, dengue, oropouche. I sistemi sanitari stanno davvero cedendo sotto il peso e la nostra forza lavoro sanitaria a livello globale ha davvero subito un duro colpo. Molti se ne sono andati. Molti soffrono di PTSD. Molti sono morti”. Eppure, ha aggiunto la Kerkhove, “non siamo assolutamente pronti a gestire un’altra pandemia”. “Il mondo non vuole sentirmi in televisione dire che la prossima crisi è alle porte”, ha aggiunto. Il mondo della sanità pubblica sta “lottando per l’attenzione politica, per lo spazio fiscale, per gli investimenti”, piuttosto che per le nazioni che lavorano per rimanere in “uno stato costante di prontezza”, ha detto la Kerkhove. Ma pare che l’attenzione dei media e dei governi sia tutta concentrata su come fare per spendere di più in armi o sulla prossima sparata del nuovo presidente a stelle e strisce.E per la preparazione per la prossima pandemia? Già perché il punto non è “se” ci sarà, ma “quando” questo avverrà. Eppure il mondo sembra vivere in uno stato di abbandono. Le persone stanno dimenticando quanto sia stata costosa e dolorosa la pandemia in termini di vite umane. “Anche per le economie”, ha dichiarato il ministro della Salute del Ruanda, il dottor Sabin Nsanzimana, co-presidente del consiglio di direzione del Fondo per le pandemie, istituito nel novembre 2022 come meccanismo di finanziamento per aiutare i Paesi più poveri a prepararsi alle minacce pandemiche emergenti.Da quando l’emergenza Covid è terminata, troppi leader politici hanno rivolto la loro attenzione e le loro risorse verso altre sfide. E dopo la pandemia del 2020/22 il mondo sembra non aver imparato cosa vuol dire essere pronto.