L’incredibile storia di Giulia Galiotto: «L’assassino di mia figlia è libero e lo Stato ci chiede 6 mila euro per il risarcimento mai avuto»

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Giulia Galiotto è stata uccisa dall’ex marito Marco Manzini nel 2009 quando aveva 30 anni. Lui l’ha colpita sulla testa l’11 febbraio, ha occultato l’arma e il cadavere nel greto di un fiume sulle colline sopra Modena, fuori Sassuolo. Ha scontato 15 anni di carcere. Ma deve ai parenti della vittima un milione e duecentomila euro di risarcimento. La madre di Giulia, Giovanna Ferrari, spiega oggi a La Stampa che Manzini è nullatenente. Ma intanto il fisco italiano ha chiesto alla famiglia della vittima 6 mila euro. Proprio per i soldi che non avranno mai.Le tre cartelle esattorialiFerrari spiega a Filippo Fiorini che la sua famiglia ha ricevuto tre cartelle esattoriali: «Io sono stata la prima. Con il nostro civilista, ho fatto ricorso all’Agenzia delle Entrate. L’avevo già depositato, ma è arrivata una seconda cartella a mio marito. Abbiamo proceduto allo stesso modo e, nonostante questo secondo ricorso, è arrivata la cartella anche a mia figlia Elena, la sorella di Giulia. In totale, sono 6 mila 112 euro. Però, ci sono da moltiplicare per tre le spese di lite». La cifra di 1 milione e 200 mila euro non la vedranno mai perché lui non ha immobili intestati né redditi o liquidità. «Siamo riusciti a pignorare un quinto del tfr che gli restava dal lavoro che svolgeva prima di essere arrestato. Abbiamo ricevuto poco meno di 2300 euro. Qui abbiamo vissuto il primo dei molti paradossi della vicenda», spiega.Una cifra superiore«Ci è stato chiesto in tasse una cifra superiore a quella che ci spettava. Per altro, per ottenerla noi abbiamo dovuto attendere anni, ma le tasse ci sono state chieste subito, dopo 60 giorni», aggiunge Ferrari. «I nostri avvocati ci hanno spiegato che l’Agenzia delle Entrate calcola l’importo sull’intera cifra precettata, non su quella effettivamente percepita», spiega. Ma c’è un paradosso: la famiglia non ha espropriato un appartamento a Manzini: «Lui, immagino consigliato dai difensori, prima ancora che iniziasse il processo l’ha messo in vendita, dicendosi intenzionato a darci il ricavato. Questo, gli ha permesso di lucrare sulle attenuanti all’ora della sentenza di condanna. All’atto pratico, l’immobile è stato comprato da sua sorella e, prima della prima udienza, ci ha consegnato gli assegni per 265 mila euro. Essendo un suo gesto spontaneo, non abbiamo dovuto pagare tasse».L’uscita dal carcereNel 2022 Manzini ottiene di poter uscire dal carcere dopo 13 anni per buona condotta. È in regime di semilibertà, può lavorare. «Un impiego a tempo indeterminato, con uno stipendio di tutto rispetto. Ci propose di pagarci 50 euro al mese, come segno delle sue intenzioni di riparare al danno causato. Ci sentimmo insultati e ottenemmo che gli fosse detratto un quinto dello stipendio». Ma i 250 euro al mese hanno smesso di arrivare: «Il giorno che ha finito di scontare la propria pena ed è tornato libero, nel luglio 2024, si è licenziato e attualmente non ha reddito». Lo hanno saputo perché «suo padre vive nella stessa frazione in cui abitiamo noi. Ha incrociato un’amica di nostra figlia e le ha raccontato che Marco era finalmente libero e poteva starsene in ferie».L'articolo L’incredibile storia di Giulia Galiotto: «L’assassino di mia figlia è libero e lo Stato ci chiede 6 mila euro per il risarcimento mai avuto» proviene da Open.