“Non siamo con Trump e il finto pacifismo che cela una resa all’aggressore e non saremo con l’Europa per continuare la guerra”, dice Elly Schlein. E’ la terza via della segretaria del Pd, che ieri al Nazareno ha riunito la direzione nazionale del partito. Davanti ai suoi, la leader dem torna a invocare una “pace giusta”, cioè quella che vogliono gli ucraini. Accusa l’Europa di non aver fatto abbastanza, chiede a Bruxelles un cambio di passo: “L’Europa e l’Ucraina devono sedersi al tavolo e l’Ue rivendicare il suo protagonismo, il suo ruolo in questa pace che ridefinirà gli assetti. Non siamo nel Far West: la pace non può essere imposta con ricatti su terre rare e satelliti”. Un tema dopo l’altro la segretaria dem fa il punto della situazione interna e internazionale. “Trump e Putin – avverte – vogliono riscrivere l’ordine mondiale a colpi di motosega”. Un progetto che bisogna fermare. “Noi non lo accettiamo. Ci opponiamo con forza a questo disegno e difendiamo il multilateralismo e la cooperazione tra i popoli e gli stati”. In questo senso la segretaria del Pd condanna nettamente anche le proposte del presidente americano per Gaza e le politiche del premier israeliano Benjamin Netanyahu. Schlein ha poi confermato che il partito sosterrà i referendum, anche quello contro il Jobs act che rischia di spaccare i dem: “Ma non chiedo abiure”. Quindi lancia un’altra, una nuova, mobilitazione – il Progetto per l’Italia, dal lavoro alla sanità – convinta che la destra si può battere. E infatti: “Quando governeremo – dice Schlein – Trump non sarà mai un alleato”. La leader dem apre il suo intervento con gli auguri di pronta guarigione a Papa Francesco. Poi è lo scenario internazionale a tenere banco. L’accelerata imposta da Trump d’ altra parte ha imposto a tutti un cambio di marcia. E quasi per paradosso le sparate quotidiane, le uscite strampalate, del presidente americano, aiutano a smussare le differenze interne al Nazareno. Offrono altri argomenti per attaccare Giorgia Meloni. Ma l’Ucraina resta il nodo più spinoso, tra chi continua a chiedere maggiore chiarezza a Schlein, imputandole un appiattimento sulle posizioni grilline, e chi invece gradirebbe un maggiore slancio pacifista. La segretaria intanto se la cava così. “Sono giorni che Trump, il suo vicepresidente Vance e Musk, alternano insulti e attacchi all’Ue e all’Ucraina ed è gravissimo che la presidente Meloni non abbia detto una parola su questo”. Quindi aggiunge: “E’ arrivato in fretta il momento di scegliere. Perché da prima della classe, in una relazione privilegiata con la nuova amministrazione, a vassalla in un progetto di disgregazione europea, il passo è molto breve”. La richiesta di Schlein è dunque un’Europa più forte. “Non è tempo di incertezze, serve un salto quantico, una svolta radicale o l’Ue rischia di essere spazzata via”. La ricetta prevede il superamento del meccanismo decisionale dell’unanimità, un scatto verso il federalismo. Più investimenti comuni, che favoriscano l’autonomia strategica dell’Unione europea. L’unica via secondo la segretaria per sopravvivere e garantire la sicurezza nel continente e a Kyiv. In che modo? “Con un Next Generation Eu da 800 miliardi”. Investimenti nella politica industriale ed energetica, quindi un impegno dal punto di vista della transizione ecologica e sulle filiere strategiche: “Se non ci diamo una mossa, saremo stritolati dalla competizione tra gli Stati Uniti e la Cina, penso all’intelligenza artificiale”. In questa cornice, dice la segretaria, si può affrontare il tema della Difesa comune. “Siamo favorevoli, con una economia di scala, mettendo insieme competenze, collaborazione, ricerca e sviluppo comune. Non è la corsa al riarmo dei singoli Stati”. Il punto essenziale è che gli investimenti nel settore militare non vadano a scapito della spesa sociale. Tornando all’Italia Schlein ha fatto infine appello a tutte le forze di opposizione, per mettere in campo l’alternativa al governo Meloni: “Il vocabolario del futuro non lo scriverà la destra”. Ma con un avvertimento ai naviganti: “Non tolleriamo le caricature che ci fanno da fuori”. Quelle che arrivano dalla maggioranza, certamente. “E anche da qualche nostro alleato”.