Mentre il conflitto in Ucraina prosegue, il voto all’Onu ha messo in evidenza il ridursi dell’influenza europea nei consessi internazionali. Se in Assemblea generale l’Occidente mantiene una maggioranza sempre più fragile, in Consiglio di Sicurezza l’Europa è in netta minoranza. Un segnale che richiede all’Europa un cambio di passo su difesa, innovazione e strategia geopolitica. Ne abbiamo parlato con l’ambasciatore Francesco Talò, già rappresentante permanente d’Italia alla Nato, che nelle sue passate esperienze conta anche quattro anni passati presto l’Onu a New York e che di recente è stato insignito dell’onorificenza dell’Ordine al merito di seconda classe dell’Ucraina.Ambasciatore, ha fatto scalpore il voto all’Onu sulla guerra in Ucraina che ha visto gli Usa esprimersi come la Russia. Cosa è successo e quali conclusioni possiamo trarre?Dobbiamo partire spiegando che in realtà all’Onu si sono tenuti due voti, presso i due diversi organi principali dell’Organizzazione: l’Assemblea generale e il Consiglio di sicurezza. Due votazioni che accadevano in un giorno particolare, l’anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina. Riguardo al primo, emerge un quadro in chiaroscuro, una cartina tornasole di come il mondo stia leggendo oggi il conflitto in Ucraina. Bisogna prendere atto del fatto che continua a esserci una maggioranza di Paesi che riconoscono nella Russia l’aggressore, ma è una maggioranza che sta diminuendo. Emerge una nuova minoranza, nella quale confluiscono non solo i Paesi tradizionalmente pro-Mosca, ma anche un piccolo gruppetto che, ed è qui il fatto rilevante, include anche Washington e Gerusalemme e che coincide con un altro tipo di minoranza, che di solito emerge in altre votazioni che riguardano appunto il conflitto tra Israele e Palestina. In mezzo c’è un rilevante gruppo di astenuti, che restano alla finestra in attesa di capire dove tirerà il vento, e altri che non votano proprio. È su questi Paesi, soprattutto gli astenuti, che ora si gioca la battaglia.Il voto è stato replicato anche al Consiglio di sicurezza, dove il consesso dei Paesi è più ristretto…Quello che è successo al Consiglio è un’altra novità, con un risultato diverso rispetto al primo. Se, infatti, la maggioranza dell’Assemblea si è comunque schierata a favore di Kyiv, la posizione di Usa e Russia, ormai convergente, ha invece ottenuto la maggioranza dei voti in Consiglio, dieci su quindici, lasciando ad esprimersi in modo contrario solo i cinque europei, i due di diritto, Francia e Regno Unito, e i tre non permanenti, Slovenia, Danimarca e Grecia. Un segnale che in Europa dovrebbe essere accolto con preoccupazione. Se il primo voto può essere letto come un chiaroscuro, con una maggioranza che include gli europei, il Vecchio continente è in minoranza netta al Consiglio, con i voti dei non-europei che preferiscono seguire Mosca o Washington. Se l’Assemblea può, allora, essere un termometro dello stato attuale delle posizioni globali, una sorta di sondaggio, il Consiglio è un barometro, che indica in che direzione stiamo andando.Per l’Europa cosa significa?La tendenza dichiara un crescente isolamento dei Paesi europei. Quelli che, con un po’ di semplicismo, vengono chiamati del Sud globale in Assemblea possono ancora essere divisi tra le tre opzioni (contro, a favore, astenuti), ma in Consiglio, dove sono di meno, se devono scegliere chi seguire guardano agli Usa o alla Russia. Un elemento ancora più significativo se guardiamo la questione dal punto di vista demografico, dove astenuti e contrari sono decisamente più popolosi, comprendendo Paesi come Cina, India e Brasile. Questo deve indurre l’Europa a rafforzare la propria unità e proiettarsi verso il mondo senza tradire la propria identità.Il voto fa emergere il tema del rapporto tra le due sponde dell’Atlantico. Cosa sta succedendo e cosa dovrebbe fare l’Europa?È importante che l’Europa, piuttosto che piangersi addosso, si svegli e agisca, si unisca e faccia i compiti a casa, come sostengo da tempo, da ben prima delle elezioni negli Usa. Ora occorre fare molto di più, con urgenza. Il nuovo cancelliere in pectore tedesco Friedrich Merz lo ha indicato molto chiaramente. Dobbiamo rafforzarci cercando di salvaguardare, nonostante tutto, il legame transatlantico e l’esistenza di una comunità occidentale. Lo ha sottolineato anche il nostro presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, al Cpac, dove non solo ha confermato il sostegno italiano all’Ucraina, ma ha anche indicato la necessità per entrambe le parti dell’Atlantico di restare l’una accanto all’altra. L’occidente non può esistere senza America, ma neanche senza Europa. Siamo indispensabili gli uni per gli altri. E l’Europa non può neanche pensare di essere una terza parte nella competizione globale tra Usa e Cina. Competizione che, però, gli Usa non possono vincere senza Europa.Si è trattato di un momento significativo anche dal punto di vista dei messaggi. Che immagine si è data?Per prima cosa dobbiamo evitare di dare la percezione che la Russia stia vincendo militarmente. Nei primi giorni del conflitto si temeva un’occupazione addirittura della capitale Kyiv, con una immensa sproporzione di forze a favore dell’attaccante. E invece questo non è accaduto, con gli analisti che hanno registrato una clamorosa prova di debolezza dell’apparato militare russo. Dopo ben tre anni di guerra la grande potenza militare russa con tutte le risorse che ha, ha occupato meno del 15% del territorio ucraino, mentre prima ambiva al controllo dell’intero Paese. È importante che questo sia chiaro, perché a quel punto noi dobbiamo spiegare a noi stessi e al mondo la necessità che ci sia una pace, certamente, ma che sia una pace giusta e allo stesso tempo una pace possibile, perché non possiamo aspettare all’infinito la pace perfetta.Quali sono, allora, i compiti a casa per l’Europa?Innanzitutto, dobbiamo ricordare a noi stessi e agli Usa che, quando parliamo di Occidente, parliamo di noi stessi. Non può esserci Occidente senza Roma. Dal punto di vista delle cose concrete, dobbiamo fare di più a partire da due temi: difesa e innovazione tecnologica, che sono anche intimamente connessi tra loro. Dobbiamo muoverci mentre il resto del mondo corre. E corre non perché ricorra a trucchetti, che possono succedere ma che arrivano fino a un certo punto. Il mondo corre perché Paesi come la Cina attuano politiche industriali lungimiranti, investono in formazione, guardano al futuro. L’Europa deve mettersi a correre anche lei e non creare solo ostacoli per sé stessa.Quando si parla di innovazione, oggi, non si può non guardare agli imprenditori delle nuove tecnologie che, soprattutto negli Usa, si sono imposti anche a livello politico…Viviamo in un momento in cui i protagonisti dello sviluppo tecnologico sono soprattutto i privati, e il gruppo di imprenditori che abbiamo visto al Campidoglio di Washington all’insediamento di Donald Trump ne sono un esempio molto chiaro. Questi attori hanno obiettivi e pensano in modo globale. Ciascuno di loro ha una visione del mondo particolare e degli interessi personali che dobbiamo sforzarci di capire meglio. Pensiamo a Elon Musk o a Peter Thiel e il loro rapporto con il potere politico. Le loro visioni hanno anche aspetti ideali se non addirittura ideologici, che vanno studiati.Tutto questo cosa significa per l’Italia?Un segnale interessante è la capacità del nostro Paese di essere protagonista e di attrarre interesse. Lo abbiamo visto con la recente visita del presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohamed bin Zayed Al Nahyan, che ha portato un’ondata di investimenti. Questo è stato il frutto di una politica che ho potuto vivere da vicino e di cui sono orgoglioso, con un passaggio fondamentale di svolta nella visita della presidente del Consiglio ad Abu Dhabi nel marzo del 2023. Una svolta che ha coinvolto, negli stessi giorni, anche l’India. Le due cose sono collegate e rappresentano una grande opportunità. A partire dal corridoio Imec, con l’obiettivo di fare di Trieste il suo sbocco europeo, come dichiarato ancora da Meloni a chiusura dei Dialoghi mediterranei organizzati l’autunno scorso da Ispi e Farnesina. Proprio a Trieste approderà tra pochi giorni Nave Vespucci sulla quale ho avuto l’onore di essere imbarcato di recente.