Anche se non c’è nulla al mondo che possa compensare la perdita delle oltre oltre 7 milioni di vite perse a causa del Covid, dopo esattamente 5 anni possiamo dire che la pandemia ci ha comunque lasciato un’eredità importante, per alcuni aspetti positivi. Infatti, l’eccezionale tentativo compiuto dalla comunità scientifica mondiale nella ricerca di nuove armi per contrastare l’emergenza, ha avuto sorprendenti ricadute positive che, oltre a rivoluzionare la diagnosi e il trattamento di molte malattie, ci hanno aiutato a comprendere meglio la stessa biologia dell’essere umano. Dai vaccini a mRNA per il tumore agli anticorpi monoclonali contro le malattie infettive fino alla scoperta dei cosiddetti autoanticorpi anti-interferone. Importanti anche le ricadute tecnologiche e culturali che hanno imposto un passo più veloce alla ricerca e hanno sottolineato l’importanza di preparare i sistemi sanitari per gestire nuovi e imprevedibili crisi.Vaccino a mRNA – Probabilmente la ricaduta più importante della pandemia è rappresentata dall’arrivo dei vaccini a mRNA. Mai prima d’ora nella storia dell’uomo si è riusciti a sviluppare così velocemente un vaccino sicuro ed efficace contro un virus nuovo, come è successo con il Covid-19. Ed è stato fatto con una tecnologia che stavamo studiando da almeno 20 anni, ma che prima d’allora non era mai stata resa disponibile su larga scala. Il vaccino a mRna contro Covid-19, non solo ci ha portati fuori dalla pandemia, ma ha aperto la strada a nuovi utilizzati. “Ci sono studi in corso su alcuni vaccini a mRNA mirati ad altre malattie infettive, come la malaria o la tubercolosi, contro le quali oggi abbiamo solo armi limitatamente efficaci”, sottolinea Federico Gobbi, direttore del dipartimento di malattie infettive e tropicali dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) e professore associato di Malattie infettive all’Università di Brescia. “Numerosi sono gli studi in corso anche su vaccini a mRNA contro l’HIV e l’influenza aviaria”, aggiunge.Terapia anti-cancro – Sono invece già entrati in clinica, seppur ancora sperimentalmente, nuovi vaccini a mRNA mirati contro alcuni tumori. È passato poco più di un anno da quando è iniziata in Italia la prima sperimentazione di fase III del vaccino a mRNA contro il melanoma. Il primo a partire è stato l’IRCCS Pascale di Napoli, su impulso Paolo Antonio Ascierto, direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’istituto partenopeo e presidente della Fondazione Melanoma. “Il vaccino si basa sulla stessa tecnologia adottata per quelli contro il Covid – spiega Ascierto –, cioè utilizzati mRNA sintetici progettati per ‘istruire’ il sistema immunitario a riconoscere specifiche proteine, chiamate ‘neoantigeni’, che sono espressione di mutazioni genetiche avvenute nelle cellule malate. Il suo scopo non è quello di prevenire la malattia ma di aiutare e supportare il sistema immunitario dei pazienti a riconoscere e ad attaccare più efficacemente il tumore”. Si stima che nel mondo ci siano oltre 40 vaccini anti-cancro a mRNA allo studio. Il melanoma ha fatto da apripista. Promettenti anche i vaccini terapeutici contro i tumori testa-collo, il pancreas, il rene, la vescica, ecc.Anticorpi monoclonali – La pandemia ci ha anche permesso di capire che gli anticorpi monoclonali, già noti per la loro efficacia contro alcune malattie infiammatorie e autoimmunitarie, possono essere utilizzati con successo anche contro le forme gravi dell’infezione. “Dopo l’esperienza con Covid-19 abbiamo avuto una conferma importante: gli anticorpi monoclonali possono essere utilizzati come farmaci antinfettivi”, spiega Giuseppe Novelli, genetista dell’Università Tor Vergata di Roma. “L’unico precedente che avevamo prima del Covid è l’utilizzo dei monoclonali contro Ebola, ma ora sappiamo che possiamo sfruttarli contro molte altre malattie infettive”, aggiunge. Adesso abbiamo prove importanti sulla validità d’uso degli anticorpi monoclonali come antivirali. “”In questo momento si sta studiando l’impiego dei monoclonali contro la malaria, Zika, Ebola”, afferma il genetista. “E abbiamo capito anche come è meglio utilizzarli, cioè nei primi giorni dell’infezione: se lo avevamo fatto da subito in pandemia anche nelle sole Rsa avremmo avuti molti meno morti”, aggiunge.Gli auto-anticorpi – L’esperienza con il Covid-19 ci ha fatto anche capire che in presenza di una malattia infettiva non dobbiamo solo guardare all’agente patogeno che ne è responsabile, ma anche alla genetica dell’ospite. “In altre parole, abbiamo capito che è altrettanto importante la nostra immunità innata, quella con cui nasciamo”, sottolinea Novelli. “Per cercare infatti di spiegare come mai alcune persone, nonostante la vaccinazione, sviluppano forme gravi di Covid e altri noi, siamo arrivati’ alla scoperta del ruolo dei cosiddetti auto-anticorpi anti-interferone, Si tratta – continua – di alcuni anticorpi ‘impazziti’ che possono indebolire la risposta immunitaria permettendo alla malattia di evolversi in una forma grave”.Il DNA dei virus – Il bisogno di dover comprendere come il virus Sars-CoV-2 si diffondesse e con quali “vesti”, cioè varianti, è stato fatto un enorme sforzo di ricerca genomica. “La necessità di dover conoscere e contrastare quello che all’epoca era un virus sconosciuto, il Sars-CoV-2, ha impresso una forte spinta a nuove collaborazioni e ricerche basate sul sequenziamento del Dna virale”, conferma Giacomo Cao, amministratore unico del CRS4, il Centro di ricerca, sviluppo e studi superiori della Sardegna. “Il Centro ha lavorato alla caratterizzazione genetica del virus circolante in specifiche aree d’Italia per capire se ci fossero differenze dei diversi ceppi su scala regionale, come pure per contribuire allo studio di anticorpi specifici in pazienti oncologici colpiti dal virus. Le linee di ricerca aperte durante la pandemia – continua – ci hanno convinto ad effettuare un importante investimento che ci ha permesso di acquisire nel 2023 la più performante piattaforma di sequenziamento genomico, all’epoca unica in Italia, al fine di aumentare l’accuratezza, l’affidabilità e la capacità di produzione di dati di sequenziamento. Il nuovo sequenziatore sta consentendo al CRS4 di fornire un rilevante contributo a numerosi settori della ricerca in ambito clinico”.Cuore “a prova” di pandemia – Ad oggi, in assenza di un piano pandemico aggiornato (è pronta una bozza trasmessa alle Regioni), siamo ancora impreparati a gestire le molteplicità degli effetti di una nuova futura crisi. Comprese le ricadute sulle cure cardiovascolari, che sono state una delle principali criticità della passata pandemia. Per questo la Commissione Europea, nell’ambito del programma EU4Health, ha finanziato il progetto RESIL-Card che oggi è vicino alla realizzazione di uno strumento in grado di misurare la resilienza dei sistemi sanitari dinanzi a una crisi, come una nuova pandemia, una guerra, un disastro ambientale, ecc. Il progetto è composto, per l’Italia, dalla Società Italiana di Cardiologia interventistica (GISE), affiancato dall’Unità di ricerca sui servizi e sistemi sanitari del centro medico Amsterdam UMC (Paesi Bassi), dalla rete globale di cardiologi interventisti We CARE (Francia) e dal Servizio sanitario catalano CatSalut (Spagna). “Il progetto RESIL-Card, che ha raggiunto la fase finale, ci permetterà di comprendere – dice Francesco Saia, presidente GISE e cardiologo interventista all’IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico Sant’Orsola – quali sono i punti deboli dei sistemi sanitari che potrebbero andare in tilt durante una crisi, qualunque essa sia, e di stilare una serie di indicazioni utili per ridurre le conseguenze e aumentare la resilienza dell’assistenza e delle cure principali”.Valentina ArcovioL'articolo Il “lato positivo” del Covid – Vaccino anti cancro, monoclonali e progressi nella genetica: così la pandemia ha stimolato la ricerca proviene da Il Fatto Quotidiano.