Siria. Israele colpisce i valichi con il Libano

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di Giuseppe Gagliano –Israele ha annunciato di aver colpito alcuni valichi di frontiera tra Libano e Siria, ufficialmente utilizzati da Hezbollah per il contrabbando di armi. Una narrazione che si ripete ciclicamente: Israele attacca, Hezbollah reagisce, e nel mezzo rimangono civili, territori devastati e una diplomazia internazionale che si limita a qualche dichiarazione di principio.Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (SOHR), organizzazione vicina all’attuale governo e con sede a Londra, l’attacco ha provocato un numero imprecisato di feriti e ha messo “fuori servizio” un “attraversamento illegale” nei pressi di Wadi Khaled. Un dettaglio significativo che lascia aperte numerose domande: era davvero un valico usato per il traffico d’armi, oppure si tratta dell’ennesima incursione israeliana giustificata da motivazioni di sicurezza che nessuno è in grado di verificare?L’operazione arriva in un contesto in cui Israele ha violato ripetutamente gli accordi di cessate-il-fuoco, in vigore dal 27 novembre, con oltre mille attacchi registrati in Libano negli ultimi tre mesi. Un bilancio pesante che include decine di vittime tra i civili, tra cui donne e bambini. Eppure, nella narrazione dominante, Israele continua a essere dipinto come una vittima costretta a difendersi. Lo stesso Hezbollah, che secondo gli accordi avrebbe dovuto ritirarsi a Nord del Litani e smantellare le proprie infrastrutture, viene costantemente provocato con incursioni mirate e colpi chirurgici.Nel frattempo l’esercito israeliano ha espanso la sua occupazione delle Alture del Golan, sequestrando la zona cuscinetto smilitarizzata e il Monte Hermon. Una mossa che Israele giustifica con il collasso degli accordi del 1974, in seguito alla crisi del regime di Assad. È un pattern noto: gli equilibri geopolitici vengono ridefiniti a colpi di attacchi mirati, con la comunità internazionale che si limita a prendere atto, senza mai intervenire concretamente.Intanto, i ministri degli Esteri del G7, riuniti in Germania il 15 febbraio, hanno ribadito il loro impegno per l’integrità territoriale di Siria e Libano, esprimendo preoccupazione per le azioni destabilizzanti dell’Iran nella regione. Un comunicato che suona più come una presa di posizione ideologica che come un reale atto diplomatico: si condanna l’Iran, ma si tace sulle violazioni sistematiche di Israele. Si elogia la transizione politica in Libano, senza sottolineare quanto questa sia fragile e costantemente minata dagli attori regionali e internazionali.Quella che si sta giocando al confine tra Israele, Libano e Siria è una partita in cui gli attori agiscono con una logica ben precisa: nessuna risoluzione, nessun equilibrio reale, ma una guerra a bassa intensità destinata a durare all’infinito, perché utile agli interessi geopolitici di chi continua a soffiare sul fuoco senza mai scottarsi davvero.