A restituire i soldi all’ex governatore non dev’essere la Regione Veneto, ma l’Agenzia delle Entrate. È questa la materia del contendere nella guerra di carte bollate scoppiata a Venezia tra il consiglio regionale e Giancarlo Galan, arrestato dieci anni fa per lo scandalo Mose e che ha poi patteggiato. Il politico padovano, che ha 69 anni, si è affidato da tempo all’avvocato Maurizio Paniz per ottenere che gli venga liquidato il vitalizio che gli spetta in base alle norme regionali, ma che è stato versato integralmente all’Agenzia delle Entrate a partire dal 2017. La ragione va ricercata negli obblighi di risarcimento per le tangenti del Mose, che hanno portato anche alla confisca di una enorme villa sui Colli Euganei.Galan accampa il diritto ad ottenere i quattro quinti del vitalizio, visto che dal 2022 è considerato equivalente a una pensione, su cui per legge può essere applicata solo la ritenuta di un quinto, essendo una fonte di reddito necessaria per il sostentamento di una persona. Sull’argomento è sceso in campo il presidente del consiglio regionale, il leghista Roberto Ciambetti, che spiega perché l’amministrazione pubblica ha deciso di costituirsi in giudizio nella causa avviata da Galan in tribunale.“L’ex presidente ha avviato un ricorso volto a ottenere la restituzione parziale del proprio vitalizio trattenuto in forza di due sentenze esecutive, l’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale del Veneto ha deliberato la costituzione in giudizio”. Ciambetti fa riferimento alla delibera adottata e spiega i motivi della resistenza in giudizio. “Il Consiglio regionale non si oppone al diritto alla difesa dell’ex consigliere, ma ha il dovere giuridico di tutelare sé stesso in qualità di ente pubblico esecutore di provvedimenti dell’autorità giudiziaria. Dal 2017, infatti, il vitalizio dell’ex presidente Galan è interamente devoluto all’Agenzia delle Entrate-Riscossione sulla base di due sentenze dei Tribunali di Padova e Rovigo”.Le sentenze si riferiscono a debiti per un totale di 5,8 milioni di euro, frutto anche delle decisioni della Corte dei Conti riguardanti i danni patrimoniali e di immagine causati dal comportamento dell’ex governatore. “Il Consiglio – continua Ciambetti – ha operato esclusivamente come soggetto terzo pignorato, eseguendo ciò che i giudici hanno disposto. La normativa del 2022 ha riconfigurato il vitalizio in senso para-previdenziale, ma perché i nuovi criteri (tra cui il limite di pignorabilità di un quinto) possano applicarsi, è necessaria una nuova sentenza, che al momento non esiste. Il Consiglio, quindi, non può modificare da sé una disposizione giudiziaria in vigore”.Il consiglio, quindi, attende una modifica della sentenza, che tenga conto dell’equiparazione del vitalizio alla pensione. C’è poi un altro punto, spiegato da Ciambetti: “Ciò che il Consiglio non può accettare – e che ha reso necessaria la costituzione in giudizio – è la richiesta avanzata dall’avvocato Paniz di condannare il Consiglio stesso a restituire le somme versate all’Agenzia delle Entrate. Una tale impostazione porterebbe a un grave paradosso giuridico. Il Consiglio dovrebbe versare due volte le stesse somme: la prima volta, come esattore, allo Stato, la seconda volta, al consigliere cessato”.La posizione dei legali della Regione Veneto riguarda il fatto che l’eventuale restituzione dei soldi a Galan debba essere a carico “dell’ente che li ha incassati, ovvero l’Agenzia delle Entrate”, mentre il consiglio regionale avrebbe semplicemente adempiuto a un ordine giudiziario”. Siccome il vitalizio di Galan è di circa 3.800 euro netti al mese, la parte confiscabile (pari a un quinto sulla cifra eccedente i 1.000 euro che non sono pignorabili) è di 565 euro al mese. La parte restante, come già stabilito da una sentenza per l’ex assessore Renato Chisso (pure coinvolto nello scandalo Mose), dovrebbe essere versata all’ex consigliere regionale.L'articolo Scontro tra il Consiglio regionale del Veneto e l’ex governatore Galan sul suo vitalizio proviene da Il Fatto Quotidiano.