AGI - Il fatto: prima si mostrava affabile, poi le uccideva a coltellate. La spiegazione psicologica: toglieva loro la vita come gli era stata tolta la sua fanciullezza. Benvenuti nell’abisso di Claudio Villani, nato a Ferrara nel 1960, in Emilia-Romagna, e responsabile di due efferati omicidi, nel 1976 e nel 2016. Un arco di tempo lungo 40 anni durante il quale l’uomo si è reso responsabile anche di altre aggressioni. I manuali di psicopatologia e psichiatria forense spiegano che è difficile stabilire con certezza le origini di un assassino seriale, com’è stato definito Villani appunto. Si possono solo ipotizzare. Le ragioni ritenute più probabili dei suoi impulsi distruttivi sono custodite negli archivi, cui l’Agi ha avuto accesso, della sezione “Psicologia investigativa” del Reparto analisi criminologiche (Rac) del Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche (Racis). Gli esperti sono arrivati a lui decifrando nei minimi dettagli i suoi omicidi: della donna delle pulizie Maurizia Cavalieri, 28 anni, avvenuto nell’agosto 1976, ferita a morte con oltre venti coltellate e trovata nel locale dove lavorava al Lido degli Estensi, località balneare nel Ferrarese; della escort Barbara Fontana, di 47, massacrata con circa 35 fendenti, scoperta nell’estate 2016 in una stanza di hotel a San Pietro in Casale, nei dintorni di Bologna. Per il primo caso Villani se l’è cavata con tre anni di riformatorio minorile, perché all’epoca dei fatti era sedicenne ed è stato dichiarato dal giudice incapace di intendere e di volere. Mentre per il secondo le cose sono andate diversamente. I carabinieri del Comando provinciale di Forlì lo hanno arrestato nelle ventiquattr’ore successive allo scempio e un anno dopo il Gip del Tribunale bolognese lo ha condannato – in via definitiva, col rito abbreviato - a 30 anni di carcere.Ma perché quella furia omicida?Le carte del Rac rivelano come si è giunti a rispondere alla domanda. In primis, decifrando il significato simbolico del suo modus operandi. “L’assassino – si spiega nei documenti dei carabinieri psicologi - ha sempre avvicinato le sue vittime con gentilezza, guadagnandosi inizialmente la loro fiducia e, una volta ottenuta, ha avuto la necessità di renderle inoffensive e incapaci di difendersi, non contemplando questa figura come viva o cosciente nella fase aggressivo-eliminatoria per ingaggiare una lotta non fisica ma solo sul piano simbolico”. Quindi, gli investigatori hanno portato in superficie l’ira recondita.“La figura materna del Villani – sottolineano gli specialisti - è risultata essere affetta da una severa depressione che ha comportato una massiccia cura a base di psicofarmaci, che la rendevano ‘assente’ nella quotidianità come figura genitoriale e di accudimento”. E poi l’altra ombra. “Il padre – proseguono - non ha mai goduto di considerazione da parte degli altri membri del nucleo familiare, tanto da richiedere più volte lui stesso il ricovero in strutture psichiatriche, sostenendo che quell’ambiente nosocomiale era addirittura di gran lunga preferibile al contesto familiare”. Insomma, sarebbero stati anni cupi. E ciò che Villani ha vissuto da piccolo avrebbe rifatto da grande, a modo suo però. Prima narcotizzando le vittime, trasformando anche loro in una bambola assente come si dice fosse stata la madre. Poi massacrandole, penetrando le poverette con un’arma da taglio (e cacciavite) lasciata piantata in corpo, compensando così la sua impotenza sessuale testimoniata da diverse donne che lo hanno frequentato. Però, a portare gli analisti a tratteggiare il profilo psicologico dell’unico autore degli omicidi sono stati precisi particolari macabri. Riassumendoli, si tratta di alcuni punti di contatto tra l’una e l’altra mattanza elencati dal Reparto. Primo: Villani ha colpito entrambe le malcapitate “con aggressività abnorme nella parte centrale del torace e, in parte, ai seni”. Secondo: “La vittima è donna che lui voleva approcciare sessualmente”. Terzo: “Avvicinamento seduttivo e non violento”. Quarto: “Uso del coltello, arma penetrante”. Quinto: “Tentativo di rimanere ignoto”. Infatti, soprattutto dopo l’uccisione della escort, Villani ha cercato di ripulire l’ambiente, e neanche tanto bene: via giochi erotici, bicchiere col quale lei aveva ingerito il farmaco, ansiolitico, slip, calze e cellulari della vittima. Sesto: trattenersi sulla scena del crimine. Nel ’76 l’assassino è stato per un po’ accanto al corpo martoriato della Cavalieri, e nel 2016 si è perfino fermato a fumare una sigaretta vicino al cadavere della Fontana. Al settimo punto l’elemento morboso, voler vedere i genitali della donna. Per farlo, nel primo omicidio Villani ha spostato le mutandine dell’addetta alle pulizie già morta, e nel secondo ha tagliato la biancheria intima che la vittima aveva indosso, riponendola poi in un cassetto in camera. A chiudere la lista: il reggiseno reciso, la reazione violenta e il coltello sul corpo.In sostanza, testi di criminalistica alla mano, Villani è stato un killer disorganizzato, con poca preparazione, dall’agire impulsivo, disordinato e con scarsa cura nella cancellazione delle prove. Per esempio, due errori evidenti. Il giorno dell’ultimo delitto, l’uomo è evaso dagli arresti domiciliari dove si trovava per aver narcotizzato e rapinato una prostituta. E poi, si è allontanato dall’hotel con l’auto della vittima. Una volta catturato, i carabinieri sono andati in carcere a interrogarlo “al fine di raccogliere utili elementi per lumeggiare lo stato emotivo di Villani”. Ma con pochi risulti, anzi, nessuno. “Era tranquillissimo – ricordano i militari che lo hanno incontrato - Non ha mai ammesso niente e quando gli abbiamo chiesto perché aveva commesso quegli omicidi ci ha risposto: ‘Non lo so, ditemelo voi’”.