Accanto agli striscioni che reclamano giustizia per le vittime dei femminicidi, ci sono i cartelli di chi chiede un aumento delle pensioni. Vicino ai manifesti contro la violenza di genere, le bandiere delle lavoratrici statali che hanno perso il lavoro. A fianco delle parole “Ci vogliamo vive”, la denuncia contro i tagli alla spesa sociale attuati dal governo di Javier Milei. A dieci anni dalla marcia a Buenos Aires che aveva dato avvio a Ni Una Menos, quando 300mila persone avevano camminato al grido di “siamo la voce di chi non ha più voce”, le attiviste del movimento transfemminista sono scese in piazza per sostenere le richieste di chi da più di un anno protesta contro le misure economiche dell’esecutivo. “I dieci anni di Ni Una Menos non sono solo una ricorrenza. Abbiamo deciso di lasciare da parte le commemorazioni e la nostalgia. Siamo in strada per appoggiare le pensionate. Stanno pagando il peso dell’ajuste del presidente che reprime le loro proteste. Milei attacca la classe lavoratrice e attraverso i suoi atti sta costruendo una scuola della crudeltà“, dice al Fattoquotidiano.it Luci Cavallero, sociologa, ricercatrice e attivista di Ni Una Menos. “Il movimento femminista è vivo, attuale. Il suo compito è intervenire in questo contesto di estrema destra“.I pensionati sono tra le principali vittime dello smantellamento dello Stato opera dell’esecutivo. Chi percepisce una pensione minima, pari a circa 290 dollari, vive al di sotto della soglia di povertà. I sussidi sono stati congelati. E il governo ha limitato la copertura di numerosi farmaci che, attraverso il Programma di assistenza integrale (PAMI), prima venivano forniti gratuitamente o a prezzi ridotti, costringendo a sostenere costi aggiuntivi per l’acquisto di medicinali essenziali. Milei ha inoltre cancellato la moratoria previdenziale: la legge permetteva a chi non aveva tutti i contributi necessari di regolarizzare la propria posizione, pagando la cifra che mancava in modo rateizzato. La misura era pensata per garantire l’accesso alla pensione a persone che altrimenti ne sarebbero rimaste escluse, in particolare le donne impegnate in lavori di cura e informali. “Sono contenta che oggi Ni Una Menos sia in piazza con noi. Abbiamo bisogno di sostegno ed è importante capire che le lotte devono essere unite per essere più forti”, commenta Ana Maria Tapia. Fa parte dell’organizzazione “Jubilados insurgentes” e protesta ogni mercoledì da più di un anno. Spesso le manifestazioni sono represse dalle forze dell’ordine. Tapia ne è stata più volte vittima: in un’occasione, è stata colpita da sei proiettili di gomma alle gambe. “La battaglia delle pensionate ci interpella come società perché un giorno ci ritroveremo nella loro condizione. Dobbiamo generare comunità, sostenerci a vicenda. Nessuna si salva da sola”, aggiunge Estefanía Fernández, 30 anni, studentessa.In un decennio, Ni Una Menos ha raggiunto molti traguardi ed è diventato un punto di riferimento ben oltre l’America Latina. In Argentina ha ottenuto la legge sulla parità di genere e sull’aborto, la rappresentanza legale gratuita per le vittime di violenza, il riconoscimento di nuove forme di abusi. Ha cambiato la percezione collettiva della violenza contro le donne e contro le soggettività dissidenti, mostrando che non è una questione privata ma pubblica e politica di cui lo Stato è responsabile. “Ricordo la prima marcia, era massiva. Grazie a Ni Una Menos oggi siamo più consapevoli. Sappiamo che cosa non vogliamo. Sappiamo dire no”, spiega Gala Terraza. Il movimento è stato un motore di cambiamento. Non solo ha denunciato gli abusi e i femminicidi, ma anche la violenza economica stringendo alleanze con i sindacati. Ha segnato un prima e un dopo.“Oggi abbiamo un governo fascista che sta retrocedendo sui diritti e diffonde discorsi di odio. Stiamo tornando indietro su conquiste che davamo per scontate. La nostra mobilitazione è necessaria”, commenta Maria Eugenia Otonina. Da quando si è insediato, Milei ha cancellato decenni di politiche femministe. Ha eliminato il ministero delle Donne, Genere e Diversità, declassandolo a una sottosegreteria che poi è stata sciolta. Ha ridotto drasticamente i fondi destinati a programmi essenziali per la protezione delle donne e delle persone Lgbtq+ tra cui “Acompañar“, che forniva supporto economico alle vittime di violenza. Ha vietato l’uso del linguaggio inclusivo e della prospettiva di genere nella pubblica amministrazione. Ha minacciato di eliminare il femminicidio dal codice penale e ha espresso in più occasioni opinioni omofobe e antifemministe. “Nel momento difficile che stiamo vivendo, unire le battaglie è la strategia migliore. Il femminismo è sempre andato in questa direzione. Ci sono donne e soggettività dissidenti tra le pensionate, tra le persone con disabilità, tra le lavoratrici. Davanti al governo che ci odia e ci sceglie come nemiche, è necessario essere insieme”, dice Monica Santino. “E alla domanda che spesso ci viene fatta con tono ironico: ‘Dove sono le femministe?’, oggi rispondiamo: ‘Eccoci, siamo qui dove è necessario stare'”.L'articolo Ni Una Menos scende in piazza con pensionate e lavoratrici che pagano i tagli di Milei: “Nessuna si salva da sola” proviene da Il Fatto Quotidiano.