Il boss mafioso Giovanni Brusca da oggi è un uomo libero dopo 25 anni di carcere di cui gli ultimi 4 in libertà vigilata concessagli nel 2021. Il boss di San Giuseppe Iato che azionò il telecomando il 23 maggio del 1992 nella strage di Capaci ha finito di scontare il suo debito con la giustizia. Brusca dopo l’arresto decise di pentirsi. Questo gli ha permesso di ottenere un enorme sconto di pena. E da oggi è un uomo libero. Chi è Giovanni BruscaGiovanni Brusca, oggi 68 anni, è il più noto pentito di Cosa Nostra. Capo del mandamento di San Giuseppe Jato è stato arrestato il 20 maggio 1996. Brusca ricoprì un ruolo fondamentale nella strage di Capaci in quanto fu l’uomo che spinse il tasto del radiocomando a distanza che fece esplodere il tritolo piazzato in un canale di scolo sotto l’autostrada facendo saltare in aria le auto di Giovanni Falcone e della sua scorta. Dopo il pentimento, la condanna gli è stata ridotta dall’ergastolo a 20 anni di reclusione.Il rapimento e l’uccisione del piccolo Di Matteo Il nome di Giovanni Brusca è legato anche a uno degli omicidi di mafia tra i più efferati e crudeli, quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, rapito a 12 anni nel 1993 e ucciso dopo 25 mesi di prigionia l’11 gennaio 1996: strangolato, il suo corpo fu sciolto nell’acido. A ordinare il rapimento del bambino, figlio del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo fu, tra gli altri, Messina Denaro, condannato il 16 gennaio 2012 come mandante del sequestro.Il bambino viene rapito da un commando di uomini agli ordini di Brusca e di cui fa parte anche Gaspare Spatuzza (poi pentitosi e diventato collaboratore di giustizia) il pomeriggio del 23 novembre 1993, all’età di 12 anni, in un maneggio di Piana degli Albanesi, nel Trapanese. Il rapimento viene deciso per vendicarsi del padre, ex mafioso che sta parlando con gli investigatori sulla strage di Capaci e sulla morte dell’esattore Ignazio Salvo. Per rapirlo, gli uomini di cosa nostra si travestono da poliziotti, dicendogli che lo avrebbero accompagnato nella località segreta dove è nascosto il padre. “Agli occhi del ragazzo siamo apparsi degli angeli, ma in realtà eravamo dei lupi”, racconta Spatuzza. Il primo contatto con la famiglia del bambino è un biglietto del 1° dicembre con scritto ‘Tappaci la bocca’, tappati la bocca, rivolto chiaramente al padre. All’inizio Santino tentenna ma decide di non cedere. A due settimane dal rapimento la madre denuncia la scomparsa. Il piccolo viene spostato tra il Trapanese (terra di Messina Denaro) e l’Agrigentino fino al 1995 quando viene rinchiuso in un casolare nelle campagne di San Giuseppe Jato.La firma sulla condanna a morte del piccolo Di Matteo arriva la sera dell’11 gennaio 1996 quando Brusca viene condannato all’ergastolo per l’omicidio di Ignazio Salvo. A occuparsi del delitto sono Enzo Brusca, Vincenzo Chiodo e Giuseppe Monticciolo: Giuseppe viene messo con ‘faccia al muro” e strangolato con una corda, come racconta anni dopo Chiodo. “Il bambino non ha capito niente, perché non se l’aspettava”, dice ancora il mafioso al processo. Il piccolo viene poi svestito (‘si era urinato addosso’): il suo corpo viene immerso nell’acido nitrico perché la famiglia non abbia neanche un corpo da piangere.