di Giuseppe Gagliano –L’Arabia Saudita ha ufficialmente inaugurato la sua prima batteria del sistema missilistico THAAD (Terminal High Altitude Area Defense), segnando una svolta epocale nella strategia di difesa del Regno. L’annuncio, diffuso dall’agenzia di stampa saudita SPA, è arrivato al termine di un percorso iniziato nel 2017 con l’accordo da 15 miliardi di dollari firmato con gli Stati Uniti. Allora come oggi l’obiettivo dichiarato era proteggere le infrastrutture strategiche nazionali dalle minacce esterne, ma il contesto regionale rende questa mossa ben più che un semplice aggiornamento tecnologico.La cerimonia di inaugurazione si è tenuta presso l’Air Defence Forces Institute di Gedda, dove sono stati mostrati i primi risultati di un programma che ha incluso test sul campo, addestramento degli equipaggi e verifiche tecniche. Il THAAD, uno dei sistemi antimissile più sofisticati al mondo, è progettato per intercettare e neutralizzare missili balistici in fase terminale, al di fuori o ai margini dell’atmosfera terrestre.Secondo gli esperti, il dispiegamento della batteria non può essere letto esclusivamente alla luce del confronto con l’Iran. Piuttosto, esso si inserisce in una più ampia ridefinizione delle priorità saudite: dalla protezione delle infrastrutture petrolifere alla difesa contro droni e missili a corto raggio usati dalle milizie proxy nella regione, come gli Houthi in Yemen o le PMF in Iraq.La visita del comandante del CENTCOM, generale Michael Erik Kurilla, nei giorni immediatamente precedenti la cerimonia di Gedda conferma che il THAAD è anche un segnale politico. Durante gli incontri con i vertici militari sauditi, Kurilla ha discusso di interoperabilità e cooperazione regionale, in un contesto in cui la proliferazione di tecnologie missilistiche avanzate alimenta nuove tensioni.Per l’Arabia Saudit, tuttavia il THAAD rappresenta anche un elemento della Visione 2030: un progetto di trasformazione economica e tecnologica che include la localizzazione dell’industria della difesa. Arab News ha sottolineato come l’accordo con Lockheed Martin preveda il trasferimento di tecnologie e la creazione di posti di lavoro sia negli Stati Uniti sia nel Regno, con l’ambizione di rafforzare la resilienza della catena di fornitura.La domanda resta: basterà il THAAD a colmare le vulnerabilità del passato? O, al contrario, renderà Riad ancora più dipendente dalle dinamiche geopolitiche e industriali di Washington?