E venne il giorno di tre italiani negli ottavi sull'erba

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“Cominciare dalla fine” è un paradosso, una formulazione apparentemente illogica che può avere tuttavia un significato in un contesto come quello che si è creato nelle cinque ore esatte del match che ha opposto Lorenzo Sonego a Brandon Nakashima. Anzitutto, date un’occhiata al punteggio dell’ultima delle quattro partite di oggi ai Championships che hanno visto in campo gli italiani: 6-7 7-6 7-6 3-6 7-6, ossia 61 game contando anche i tie-break. Poi poche annotazioni sul successo che spedisce il torinese agli ottavi di finale ad affrontare un altro americano, Ben Shelton: a trent’anni compiuti da poco, Lollo gioca una delle più intense partite della carriera, mettendo alle corde un giocatore giovane, ambizioso e dotato; la prestazione sul campo 14 lo conferma un agonista straordinario, mai domo anche quando le circostanze sembrano infierire negativamente su di lui; in due dei quattro tie-break, compreso quello “extended” finale, esprime una superiorità mentale indiscutibile, mentre negli altri due cede o prevale di misura. Insomma, deve ricredersi chi considerava sulla via del tramonto il numero 40 nel ranking ATP in tempo reale. Fisicamente integro (“…in campo mi sono sentito bene”, ha detto in conferenza stampa), l’ex allievo di Gipo Arbino, ora seguito da Fabio Colangelo detto “Congi”, potrà togliersi altre soddisfazioni da sommare ai quattro titoli vinti tra il 2019 e l’anno scorso, gli ATP 250 di Antalya, Cagliari, Metz e Winston-Salem.Al giornalista che giovedì gli chiedeva di Don Bloxham (“…sto scrivendo in articolo su di lui”, la motivazione), Sinner aveva risposto tergiversando: “Qui al club tutti ci fanno sentire a nostro agio, mi rendo conto del loro incredibile lavoro, l’organizzazione è perfetta e bla bla”. Insomma, se l’era cavata egregiamente senza avere la pur minima idea di chi fosse questo Mr. Blo-something. Essendo uno che s’informa e impara, di sicuro adesso Jannik sa che Bloxham è il gran cerimoniere del cuore di Wimbledon, la presenza silenziosa ma cruciale tra lo spogliatoio e la Centre Court, uno che che in 18 anni ha guidato Federer, Nadal, Djokovic, Alcaraz e tanti altri dalla quiete del tunnel alla bolgia dei quindicimila adrenalinici in attesa dei campioni. Percorre fino a 20 chilometri al giorno, pronto con una battuta ad attenuare la tensione o a ingannare qualche attesa prolungata. Nel resto dell’anno fa il coach, ma qui è psicologo part-time e anfitrione a tempo pieno, volto discreto dell’accoglienza, sintesi tra il british decorum e il calore umano. La sua mission - dice - è far sentire i giocatori “at home”.Non che Jannik abbia bisogno di Don per muoversi a occhi chiusi nei percorsi dello stadio centrale dedicati ai giocatori: da due anni i suoi match sono programmati solo qui o nella Court no.1, come peraltro succede per Alcaraz, Djokovic, Sabalenka o Swiatek. Alle 13.30 spaccate il gran cerimoniere accompagna dunque sul prato iconico della Centre Court lui e Pedro Martinez, 28 anni, numero 52 del ranking mondiale, curriculum modesto eppure già approdato tre volte al terzo turno degli slam, a Parigi nel 2020, qui e a Melbourne nel 2021. Li vedo entrare, salutare il pubblico, sbrigare le formalità con il giudice sedia, scaldarsi e cominciare gli scambi. Sul 5-0 risulta evidente che è minimo il rischio che lo spagnolo impensierisca il numero 1 ATP da 56 settimane e preferisco andare a seguire le ultime fasi il confronto serratissimo tra Elisabetta Cocciaretto e Belinda Bencic sulla Court no. 18, ripreso dopo una prima sospensione per la pioggia. In precedenza avevo assistito ai due set iniziali di Flavio Cobolli sulla Court no. 12. La conferma della vittoria del romano per 6-2 6-4 6-2 mi raggiunge via smartphone proprio mentre mi sto spostando da un campo e all’altro. Più tardi scopro che, per accedere ai quarti, dovrà eliminare Marin Cilic, che è comunque uno della manciata di giocatori in attività ad aver vinto uno slam.Non avrei scommesso su un successo così netto di Cobolli su Jakub Mensik, capofila mondiale degli under 20 in qualità di numero 17 della classifica overall. Il romano gioca una partita perfetta, mai sulla difensiva: limita i danni quando è al servizio il potentissimo ceco e, per il resto, è in totale controllo. La ragione la spiegherà in conferenza stampa: “Detestavo l'erba quando giocavo a livello junior. In Italia la maggior parte dei campi è in terra battuta ma, se poi giochi sul cemento o sull'erba indoor, arrivi qui e t’accorgi che quella dell’erba naturale è un’esperienza completamente diversa. Adesso invece il prato mi piace: non so perché, ma mi piace. Sto imparando a sfruttarlo, a scivolare e a fare altre cose nuove”. Comunque sia, Mensik va in confusione, non si raccapezza a fronte delle continue variazioni di ritmo del numero 3 azzurro, da oggi ufficiosamente numero 20 al mondo. Contare contemporaneamente su un classe 2001, Sinner, e due classe 2002, Musetti e Cobolli, tra i Top 20 è qualcosa che nemmeno Angelo Binaghi, il visionario capo della federazione italiana, aveva immaginato potesse accadere. Così come nessuno si aspettavo, solo qualche anno fa, di poter trovare tre italiani negli ottavi di Wimbledon: mai accaduto prima.Ho scritto all’inizio di Cocciaretto e Bencic. La marchigiana fa sperare fino all’ultimo in un suo approdo agli ottavi di finale. A vederle dalla terrazza delle tv che s’affaccia sul campo 18, le due giocatrici sarebbero indistinguibili non fosse per la visiera della svizzera. Giocano a specchio, gran diritto, rovescio di contenimento, preferenza per l’impostazione da fondo campo con colpi potenti in attesa dell’occasione di piazzare un vincente, bassa percentuale - almeno oggi - di errori. Perso il primo set per un banalissimo calo di concentrazione nel sesto game che le costa un break, Elisabetta è più efficace dell’avversaria nel secondo parziale e all’inizio del terzo, quando sembra in grado di accelerare e rendersi irraggiungibile. Invece Bencic trova energie dagli sguardi che lancia spesso alla figlia Bella, quattordici mesi, che è in braccio al padre Martin Hromkovic, ex calciatore slovacco e ora suo preparatore atletico nonché marito. La svizzera recupera nell’ottavo gioco il break subito in apertura, poi si rivela più concreta nel long tie break finale. Il punteggio che impedisce a Cocciaretto di passare il turno è 6-4 3-6 7-6.M’accorgo di non aver resocontato alcunché della partita di Sinner, ma troverete altrove su repubblica.it cronache ricche di particolari. Dare risultato è comunque un dovere: il povero Pedro Martinez ha raggranellato cinque game in meno di due ore: 6-1 6-3 6-1. Il prossimo avversario di Jannik sarà l’espertissimo bulgaro Grigor Dimitrov.