Trump festeggia l’ok alla legge che sposta risorse dai poveri ai super ricchi: “La gente è felice”. I sondaggi dicono il contrario

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Ha firmato il “big, beautiful bill” circondato dai repubblicani in festa, al tradizionale picnic celebrativo del 4 luglio alla Casa Bianca, mentre la flotta dei B-2, quelli usati per bombardare i siti nucleari iraniani, sorvolavano i cieli di Washington. Poi è partito per un comizio in Iowa, dove davanti a una folla altrettanto giubilante ha alluso a un cappellino del MAGA, che dice “Trump ha ragione su tutto”, e ha spiegato: “Sembra un po’ presuntuoso. Ma è vero!”. Donald Trump ha concluso quelle che ha definito “le due migliori settimane che un presidente possa avere” con il successo per lui più grande, il passaggio della legge di bilancio. Lui ne esalta una parte, i tagli alle tasse, e minimizza l’altra, la scure su Medicaid e assistenza alimentare. “Non ve ne accorgerete nemmeno” dice. E aggiunge: “La gente è felice, felice!” È un po’ difficile che gli americani non si accorgeranno dei tagli allo Stato sociale. Dodici milioni di persone, calcola il Congressional Budget Office, potrebbero perdere, grazie alla legge, l’assistenza sanitaria. Senza contare che, sempre a giudizio del CBO, il “big, beautiful bill” aggiunge 3300 miliardi di dollari al deficit federale (esclusi gli interessi sul debito). Se dunque non proprio tutti sono “felici”, sicuramente è felice lui. Questi, culminati nel week-end dell’Independence Day, sono stati giorni straordinari per Trump. Attraverso lusinghe e minacce è riuscito ancora una volta a piegare il partito repubblicano, facendo approvare in extremis una misura che gli permette di lasciare un’impronta profonda sulla società americana. Prima, in ordine sparso, ci sono stati: le “bunker buster bomb” scaricate in Iran, che sembrano aver bloccato, almeno temporaneamente, il programma nucleare di Teheran; la vittoria al vertice Nato, con gli alleati convinti a investire di più nella difesa; la sentenza della Corte Suprema, che allarga a dismisura i suoi poteri; la possibile tregua a Gaza, come proposta dall’amministrazione. A tutto questo va aggiunta la sicurezza un po’ bulla con cui dalla Casa Bianca gestiscono la questione dazi. Ne dovrebbero essere annunciati a decine entro il 9 luglio, per ora se ne sono materializzati solo tre. Ma “possiamo fare ciò che vogliamo”, spiega Trump, che ha fatto dei dazi un personalissimo e caotico show di scadenze, rinvii, intimidazioni, attacchi improvvisi, riappacificazioni altrettanto improvvise. A tutto questo vanno aggiunti i successi che sta mietendo il suo programma di deportazioni e stretta sull’immigrazione. Mentre le truppe inviate a Los Angeles sembrano aver sedato la rivolta, un giudice federale del Massachusetts ha riconosciuto il diritto dell’amministrazione di deportare in Sud Sudan otto uomini (solo uno è cittadino del Sud Sudan) che per settimane hanno atteso di conoscere il loro destino in un container in una base militare Usa a Gibuti. Speravano di non essere spediti in un luogo che non è esattamente un paradiso di sicurezza e diritti. Non è stato così. Intanto, i repubblicani a livello locale stanno facendo a pezzi i vari programmi su “diversity, equity and inclusion”. Ancora la Corte Suprema ha stabilito che è legittimo cancellare i fondi statali del Medicaid alle cliniche di Planned Parenthood, che forniscono servizi di interruzione della gravidanza. “Qualcuno ha mai avuto due settimane migliori?” si è chiesto Trump al comizio in Iowa. L’entusiasmo appare legittimo. In particolare, il suo “big, beautiful bill” fa tre cose che sono da decenni nell’agenda dei conservatori Usa. In primo luogo, allarga e rende permanenti i tagli alle tasse del 2017. A goderne sarà una parte della classe lavoratrice che lo ha votato: nella legge ci sono tagli fiscali per i percettori di mance nei servizi, ristoranti, ospitalità, oltre ad un aumento delle esenzioni fiscali per ogni figlio a carico. A goderne saranno però soprattutto i super ricchi, che si vedono raddoppiare le esenzioni su imprese ed estate tax. In secondo luogo, la legge di Trump taglia la spesa sociale – parte dei costi del “Supplemental Nutrition Assistance Program”, che aiuta gli americani a basso reddito a procurarsi generi alimentari di prima necessità, sono trasferiti sugli Stati – e impone nuovi requisiti lavorativi a chi accede al Medicaid. “Sapete quali sono le due attività più diffuse tra chi percepisce il Medicaid? La prima è guardare la TV. La seconda, giocare ai play games”, ha detto Karl Rove, lo stratega repubblicano di George W. Bush. Infine, la misura stanzia decine di miliardi di dollari per implementare la costruzione di un muro con il Messico e potenziare i mezzi della polizia di confine. Tagli alle tasse. Mano dura contro (presunti) nullafacenti. Sicurezza. Cosa ci potrebbe essere di più esaltante per un conservatore? Trump si gode quindi, giustamente, il suo trionfo. Ed è certo che la sua legge, “la più popolare mai firmata nella storia americana”, aiuterà “enormemente i repubblicani alle elezioni di midterm” del novembre 2026. E qui, forse, il presidente “che ha sempre ragione” potrebbe non avere così ragione. I sondaggi dicono esattamente il contrario. La grande maggioranza degli americani non è per niente felice: secondo una ricerca KFF, istituto di ricerca indipendente, il 64 per cento ritiene la legge un errore. C’è un senatore repubblicano, Thom Tillis del North Carolina – è uno dei tre senatori del G.O.P., insieme a Susan Collins e a Rand Paul, che ha votato contro la misura – che ha deciso di non ripresentarsi alle elezioni del novembre 2026, consapevole degli effetti negativi che essa avrà sul suo elettorato (e della guerra che Trump gli avrebbe scatenato contro in campagna elettorale per non aver votato il bill). E, mentre Elon Musk lamenta l’enorme aumento del debito USA e rilancia la possibilità di creare un terzo partito, i democratici sono sicuri che il “big, beautiful bill” gli restituirà nel 2026 il controllo del Congresso. “Quella legge è un evento di estinzione di massa per i repubblicani”, esulta John Carville, stratega democratico di lungo corso, che prevede che la rivolta popolare farà guadagnare almeno 40 seggi ai democratici alla Camera. È questo che si staglia dunque sul futuro di Trump e dei repubblicani. È la possibilità che la legge che realizza i loro più antichi e riposti sogni sia in realtà sgradita a molti. Al momento si tratta solo di un dubbio, un fastidio evocato dai soliti profeti di disgrazie (per esempio, proprio il senatore Paul), ma che resta solo una possibilità estrema e lontana. Manca più di un anno al novembre 2026, è il ragionamento della maggioranza del partito, c’è tutto il tempo perché gli americani dimentichino. Chi pensa che andrà tutto bene, anzi benissimo, è sicuramente lui, il presidente, apparso nelle ultime baldanzoso e certo del radioso futuro. Tanto certo che al comizio in Iowa ha persino ventilato la possibilità di permettere agli agricoltori, duramente colpiti dalle deportazioni, di impiegare stranieri senza documenti. Questo, ha spiegato, per evitare che gli stessi agricoltori in difficoltà debbano rivolgersi “ai vari Shylock e a brutta gente”. La frase ha sollevato le proteste dei gruppi ebraici, cui non è piaciuto l’uso spregiudicato del vecchio tropo antisemita. Trump non si è scomposto. Ha detto di non aver mai saputo che l’uso di “Shylock” è cosa antisemita e che pensava fosse sinonimo di usuraio. Per lui, del resto, non è il momento di guastarsi la festa. Sono tutti, ma proprio tutti, “felici, felici”.L'articolo Trump festeggia l’ok alla legge che sposta risorse dai poveri ai super ricchi: “La gente è felice”. I sondaggi dicono il contrario proviene da Il Fatto Quotidiano.