Pare che il Parlamento abbia una passione per le Giornate nazionali. Per dire: ieri alla Camera era in discussione la proposta di legge 1672 per istituire la “Giornata della ristorazione”: un’ode al convivio, al piatto tipico, alla pizzeria di quartiere. In un paese dove ogni scusa è buona per attovagliarsi, mancava davvero una data ufficiale per ricordarci che la carbonara è cultura e il tiramisù è patrimonio identitario. E così, il terzo sabato di maggio, festeggiamo “la sostenibilità, l’innovazione, la sicurezza, la legalità e l’immagine della filiera”. Intanto, lunedì scorso, a Montecitorio si discuteva di istituire la Giornata nazionale contro il body shaming. Ma in Parlamento se ne discutono molte altre: dalla “prevenzione veterinaria agli “abiti storici” (pare che tuniche, cuffiette e pellande siano in grado di arricchire il “patrimonio spirituale della società”), fino al “panettone italiano”, da festeggiarsi a fine luglio – altroché frutta, verdura e tanta acqua: chissà cosa ne pensano quelli della “Giornata nazionale dell’educazione alimentare”. Certo, si potrebbe obiettare che le celebrazioni aiutano a sensibilizzare l’opinione pubblica. Ma forse ci sarebbe da sensibilizzare anche il Parlamento: in questa legislatura ne sono state istituite più di trenta e un’altra cinquantina è allo studio, anche se alcune sono in realtà dei doppioni. Mentre il paese affronta problemi strutturali – dal declino demografico alla crisi industriale – il Parlamento sembra più interessato a costruire un gigantesco calendario tematico, una parata di giornate dove ogni causa trova il suo spazio. Ma difficilmente la sua soluzione.