LAMPEDUSA E LA SPAGNA – GIOACCHINO LANZA TOMASI

Wait 5 sec.

Gioacchino Lanza Tomasi, Lampedusa e la Spagna, a cura di Alejandro Luque, Nota di Salvatore Nigro, pp.128, Sellerio editore Palermo, 2024«Queste e tant’altre cose ebbero origine quasi settant’anni fa in una città siciliana di provincia, in una città distrutta, in una comunità traumatizzata e isolata dai grandi centri. Ma Palermo non era, come la Spagna nel suo torpore franchista, una casa di morti. Giuseppe Lampedusa o Lucio Piccolo erano dei dilettanti, ma rientravano anche nella categoria dei sapienti appartati, erano l’humus di un mondo civile. Queste pessime società meridionali avevano, avranno sempre qualche Persefone che ritornerà sulla terra e che ripercorrerà le vie della sapienza.».La mia personale bibliotechina su Tomasi di Lampedusa si era arricchita già mesi fa di questo volumetto pubblicato da Sellerio nel 2024 ed alla cui lettura mi sono dedicata in questi giorni; lettura che mi ha permesso di approfondire un aspetto della vita di Giuseppe Tomasi di Lampedusa che già conoscevo, si, ma solo a grandi linee e cioè quello del rapporto tra l’autore de Il Gattopardo con la letteratura e la cultura spagnola. Nel libro di Gioacchino Lanza c’è però molto di più perché “di queste e tant’altre cose” qui si parla.Gioacchino Lanza insieme al padre adottivo Giuseppe Tomasi di Lampedusa davanti al Castello Chiaramontano di Palma di MontechiaroGioacchino Lanza Tomasi, terzogenito di Fabrizio Lanza Branciforte di Mazzarino, conte di Assar e di Conchita Ramirez di Villaurrutia, figlio adottivo ed erede di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e recentemente scomparso è stato musicologo, professore ordinario di Storia della musica all’Università di Palermo, direttore dell’Istituto di cultura italiano di New York e anche sovrintendente del Teatro San Carlo di Napoli. Fu per anni, in gioventù, anche uno degli allievi della singolare piccola accademia di lettura di letterature straniere che Tomasi di Lampedusa tenne a casa sua per alcuni pochi e selezionatissimi giovani (tra loro, anche Francesco Orlando).Lampedusa, scrive Gioacchino, era di una “erudizione travolgente” anche se “si permetteva alcune imprecisioni nella citazione di versi e riferimenti a fonti sospette. Parlava con la sua natura di indagatore del comportamento umano e di narratologo, non come chi aveva alle spalle una impeccabile prova documentale. E non esitava a dare libero sfogo alla sua creatività  quando i fatti concreti brillavano per la loro assenza.” Questi singolari incontri-lezione si tennero dal 1955 al 1956. Nel 1956 vennero poi sovente inframezzati da letture del Gattopardo allora in gestazione.Profondo conoscitore di letteratura soprattutto inglese, francese e tedesca, Lampedusa aveva invece trascurato la letteratura spagnola di cui conosceva a fondo soltanto alcune delle opere più importanti primo fra tutti ovviamente Cervantes, ma in traduzione. Aveva letto anche Miguel de Unamuno, ma anche questo solo in italiano. Il suo mancato approfondimento della letteratura spagnola era dovuto molto al non conoscere lo spagnolo ed al non poter quindi leggere e studiare i testi nella lingua originale.La narrativa spagnola era inoltre, allora, generalmente poco letta in Italia e i libri stranieri in lingua originale erano complicati da reperire ed ordinare. A Palermo, solo la storica libreria Flaccovio di Via Ruggero Settimo se ne occupava ma il procedimento era obiettivamente farraginoso ed i tempi di attesa spesso estenuanti. Ne so qualcosa anche io per esperienza personale… Lampedusa aveva si viaggiato molto in Europa ma non era mai andato in Spagna. Ad un certo punto scattò però in lui il desiderio di saperne di più, di approfondire. Forse – ipotizza Gioacchino Lanza, il “ponte” verso la cultura e la narrativa spagnola fu per Lampedusa il Mérimée de la Carmen, il famoso racconto da cui nel 1845 fu tratta l’opera lirica omonima di Georges Bizet la cui musica sembrava a Lampedusa di una modernità assoluta, anche se poi, tra la novella e l’opera, preferiva decisamente la novella.Nel 1955 avvenne dunque un parziale capovolgimento di ruoli: Lampedusa chiese a Gioacchino (che conosceva lo spagnolo, aveva una buona conoscenza della letteratura e cultura spagnola e la cui madre era spagnola e molto colta) di fargli da guida e da insegnante. E così Gioacchino preparava le “lezioni” di letteratura, si incontrava con Lampedusa un paio di volte a settimana nel palazzo di via Butera, insegnava a Lampedusa e lo aiutava nell’apprendimento della lingua. Insieme consultavano dizionari, Lampedusa si appuntava i vocaboli ed i modi di dire che lo colpivano di più… Il tutto, molto spesso su foglietti volanti che vennero poi dopo la sua morte in gran parte ritrovati per caso tra le pagine dei libri della sua sterminata biblioteca… 4000 volumi se ci si riferisce soltanto ai libri che aveva personalmente acquistato e letto.La biblioteca di Giuseppe Tomasi di Lampedusa al secondo piano del palazzo di via Butera 28 negli anni Cinquanta.Cosa leggevano, insieme? A quali autori si dedicarono? I grandi classici. Autori ed opere teatrali del ’500 e ’600… Gioacchino Lanza ci riferisce della lettura (e delle impressioni di Lampedusa) di tutto il teatro di Lope de Vega del quale gli piaceva recitare alcuni brani e di Calderón de la Barca ed in particolare di La vida es sueño (La vita è sogno). Interessante, a questo proposito, la notazione riportata da Gioacchino Lanza riguardante Vargas Llosa il quale, a proposito de Il Gattopardo, sottolinea l’importanza del sogno e del sonno nel personaggio di don Fabrizio, importanza che raggiunge la sua massima espressione nel colloquio con Chevalley: «Il sonno, caro Chevalley, il sonno è ciò che i siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali…».Ed ancora, tra le letture: il teatro di Tirso de Molina, Fernando de Rjas, Quevedo, il poeta e drammaturgo Luis de Góngora, San Juan de la Cruz…Lampedusa legge l’opera omnia di Lorca (una sorta di “obbligo culturale del tempo”), legge il realista ottocentesco Pérez Galdós che però lo delude parecchio. Lo trova poco interessante, poco incline al sottinteso (mentre lui, Lampedusa, era un amante dell’implicito, del non-detto, del sottotesto) ed ad un certo punto Galdós comincia ad annoiarlo tanto da spingerlo ad abbandonarlo definitivamente liquidandolo solennemente con un lapidario: “E’ sostanzialmente uno scocciatore”.La biblioteca di Giuseppe Tomasi restaurata nel palazzo Lanza Tomasi.Fonte: https://literatura283.wordpress.com/2016/06/13/las-casas-de-los-gatopardos/Come accennavo all’inizio, nel libro di Gioacchino Lanza non c’è solo il ricordo di quegli incontri e non si parla solo di letture e di cultura spagnola anche se questi sono gli argomenti principali.C’è anche dell’altro, alcune notazioni molto utili per contestualizzare ed in qualche modo arricchire di senso alcuni giudizi ed impressioni espresse da Lampedusa a proposito delle “letture spagnole”.Sono per esempio ricorrenti e molto pungenti le osservazioni sulla letteratura italiana ed in particolare su quello che Lampedusa bolla come “provincialismo italiano”, il suo rammaricarsi della “tremenda aridità italiana in cui la retorica tarpa l’efficacia della comunicazione e finisce con il sopraffare il talento” ed altre malizie, passava a deplorare la letteratura umanistica, rea di aver interrotto il flusso sublime del Trecento toscano e fatto regredire in Italia la scrittura ad esercizio di stile, l’italiano, una lingua «che sovente ha relegato la presa diretta della comunicazione nell’ambito dei dialetti», deprecava “la mediocrità delle nostre filastrocche”…A proposito del tema del rapporto tra Lampedusa e la letteratura italiana vorrei ricordare anche le pagine molto dettagliate ed illuminanti che ci ha lasciato Francesco Orlando nel suo prezioso Ricordo di Lampedusa – Da distanze diverse (Bollati Boringhieri) e quanto contenuto nella eccellente biografia Giuseppe Tomasi di Lampedusa scritta da Andrea Vitello (Sellerio editore, 2008).Altro argomento che nel libro viene esplorato è quello dell’atteggiamento in politica sia della famiglia Lampedusa nel suo complesso che quello, in particolare, di Giuseppe.Per quanto riguarda Giuseppe, sappiamo poco della sua evoluzione ideologica. «La vita si vive a fasi», ci diceva, volendo intendere che era stato diverso da come lo conoscevamo, e non volendo dir come.[…]Sappiamo con certezza che nel 1927 dovette iscriversi al partito fascista solo per poter affittare all’Azienda del Gas la parte di Palazzo Lampedusa di proprietà  dei suoi zii, poichè senza la tessera non gli sarebbe stato permesso alcun atto formale, ma ciò non può assolutamente essere considerato un’adesione ideologica. Tutto il contrario: appena gli fu possibile, si dichiarò malato cronico e dirigente di azienda agricola, categorie che erano esentate, e si dimise.Capiva i motivi della sinistra, era un grande ammiratore di Gramsci, di cui avevamo letto insieme le sue Lettere dal carcere. I Savoia avevano ucciso migliaia di contadini in tutta l’isola, e Gramsci aveva scritto: «Il sud è così ignorante che ha bisogno di essere educato, e questa educazione può essere fatta solo da intellettuali organici». Lampedusa era d’accordo.Gioacchino Lanza TomasiCosa è rimasto a Gioacchino di quegli anni con Lampedusa? Apprendere l’arte dell’insegnamento, che Lampedusa esercitava – secondo Gioacchino Lanza – secondo i tre classici consigli di Cicerone Probare, Delectare, Flectĕre.Meglio però far parlare lui stesso con questa bella pagina che mi piace riportare quasi per interoQuei quattro anni vicino a Lampedusa hanno lasciato in me una traccia indelebile. Ho appreso da lui un’ arte dell’insegnamento in cui hanno gran parte i collegamenti fra esperienze diverse. Occorre sollecitare l’allievo ad una metodologia della ricerca in primo luogo formativa. E Lampedusa lo faceva partendo dal precetto classico di Cicerone: probare, delectare, flectere. Il probare, attesa la nostra ignoranza, poteva anche andare verso l’inventio e l’iperbole. Nel delectare era supremo, tanto che proprio la supponenza con cui lo scrittore è presentato ne Il manoscritto del principe, un film di Roberto Andò, mi lascia perplesso rigustando invece la delizia ancor presente del suo spirito tanto caustico quanto cortese. Il flectere, poi, era si può dire implicito nel dilectare. Dopo il diletto la piazzaforte era espugnata. La didattica era infallibile e le fortezze sarebbero cadute una appresso all’altra, come spiega Vauban nel suo Mémoire pour servir d’instruction dans la conduite des sièges. L’allievo deve innanzitutto conoscere, padroneggiare un repertorio. Aver presente un contesto di opere d’arte, letture, ascolti, esperienze teatrali, conoscenze storiche filosofiche saggistiche che gli consentano l’elaborazione di una propria personale epistemologia.Scrive giustamente il giornalista spagnolo Alejandro Luque nella sua Nota posta al termine del volume che il libro di Gioacchino“non era solo un’opera che poteva gettare una nuova luce sulla comprensione della vita e dell’opera del maestro siciliano; era una rivelazione che, tra l’altro, solo Gioacchino era in grado di offrire, essendo l’unico testimone vivente di un’affascinante avventura: l’approccio di Lampedusa alla lingua e alla letteratura spagnola. Lampedusa e la Spagna è stato per Gioacchino anche il libro della sua vita, un accattivante ritratto di famiglia e un ricordo personale indelebile. L’impronta di persone che, nonostante i tempi difficili che hanno vissuto, hanno voluto fare della vita un’opera d’arte, e che questo libro, ingannevolmente breve, ha cercato di preservare dall’oblio.” In copertina: Marìa Concepción (Conchita) Ramìrez de Villa Urrutia y Camacho, contessa di Assaro, al Bal Proust nel palazzo dei principi Faucigny-Lucigne. Parigi 1928. Gioacchino Lanza intervistato a Palermo nel quartiere della Kalsa a Palazzo Lampedusa alla Marina in via Butera, divenuto poi Palazzo Lanza Tomasihttps://youtu.be/jZZRMpXCN50?si=dmXy71Bshlvk7JV_ Un bel video in cui si vede Palazzo Lampedusa alla Marina, oggi, restaurato con accuratezza e rispettohttps://youtu.be/bLsu4S6RGhQ?si=NKxzfT5sdMdoIGhW