Ti ricordi… il “realismo magico” di Fernando Redondo, il Principe di Adrogué

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“Realismo magico”, fu definito così lo stile di Josè Luis Borges, il più grande poeta argentino. Una definizione, quella di realismo magico, che potrebbe adattarsi perfettamente allo stile di gioco di Fernando Redondo, “il Principe”, che con Borges condivide il luogo dove ha trascorso l’infanzia: Adrogué, nella zona sud di Buenos Aires. Qui è nato Fernando il 6 giugno del 1959 e anche il papà era nato lì, ed era forte, fortissimo a giocare a pallone: ma rimane orfano a 18 anni e deve andare a lavorare, perciò l’esperienza calcistica si ferma in Serie C al Club Atletico Brown, la squadra locale (perché Adrogué all’epoca veniva chiamata Almirante Brown, e solo dopo prese il nome del proprietario del terreno dove fu edificata, Esteban Adrogué appunto).Fernando Redondo invece può giocare tranquillamente a calcio, ovviamente dopo scuola e compiti perché la mamma ci tiene molto, anche se il destino sembra scritto: lo notano e lo fanno salire di un gradino, prima al club giovanile di Adroguè, poi al Tallares de Escalada. Quel bambino che gioca con la testa alta e ragiona come un adulto, che non è ossessionato dal gol o dal semplice correre dietro al pallone ma è già vocato per lo stare in mezzo al campo è un portento: trova anche una maestra di ginnastica, la maestra Lentini, appassionata di calcio che ne asseconda la passione e lo stimola a fare sempre meglio. Ha solo undici anni quando arriva in finale in un torneo giovanile contro l’Argentinos Juniors: ai dirigenti de los Bichos quasi non interessa più la partita, ma solo quel ragazzino avversario, e infatti si precipitano a casa dei genitori.Redondo comincia così a La Paternal, mentre tra i più grandi c’è un altro ragazzo degno di nota che si chiama Diego Armando Maradona, guadagnandosi sin da subito anche la chiamata nelle nazionali giovanili e nel 1985 vince il Sudamericano Under 16 in finale contro il Brasile. Nello stesso anno arriva l’esordio in prima squadra: i grandi devono riposarsi per l’Intercontinentale che giocheranno contro la Juventus e l’allenatore delle giovanili, José Pekerman, “presta” quel ragazzino a Yudica per il match contro il Gimnasia.Per l’Argentinos giocherà in pianta stabile per tre anni, poi accadrà qualcosa di incredibile: la dirigenza si dimenticherà di inviare il telegramma per il rinnovo del contratto così uno dei giovani più apprezzati d’Argentina, già seguito da tantissimi club europei, si ritrova senza squadra. Incredibilmente la spunta il Tenerife del connazionale Jorge Solari, una squadra con poca esperienza ma con grande ambizione: per due anni consecutivi il club farà perdere la Liga al Real all’ultima giornata, a vantaggio del Barcellona. Principesco nel modo di giocare, ma pure focoso: rompe il naso con un pugno al compagno Pinilla e a un avversario dell’Osasuna che in campo lo picchia parecchio lancia erba dopo averla strappata da terra insultandolo “Mangiala, asino”. Redondo però si distingue per il modo in cui interpreta il ruolo di centrocampista: quantità e qualità, colpi di classe e anche la capacità di rubare palloni per far ripartire l’azione.Nel 1992 a Tenerife arriva Valdano, che nel 1994 lo porta al Real consegnandogli le chiavi del centrocampo blancos: il titolo che mancava dal ’90 così torna al Bernabeu, mentre nella stagione successiva le cose vanno male e allora arriva Capello. L’intuizione del mister italiano è affiancare Redondo e Seedorf a centrocampo, esaltandone le rispettive qualità. Nel periodo madridista Redondo vince due Liga e due Champions League, con giocate memorabili come il “taconazo” contro lo United ed evidenziando il proprio status: è uno dei migliori centrocampisti al mondo.Pallino di Berlusconi, Redondo arriva a Milano nel 2001 per 35 miliardi ma nei primi due anni non giocherà mai: i metodi d’allenamento tra Spagna e Italia sono diversi, l’epoca è diversa, e il suo ginocchio cede, lasciandolo fuori dal campo per due anni.Rientra, ma gioca solo poche partite, lontano dai suoi livelli eppure acclamato dai suoi tifosi e anche dagli avversari. Oggi non guarda il calcio: “Non c’è più fantasia”, ha detto. Già, perché il “futuro è inevitabile e accade”, ma questa l’ha detta Borges.L'articolo Ti ricordi… il “realismo magico” di Fernando Redondo, il Principe di Adrogué proviene da Il Fatto Quotidiano.