Referendum 8-9 giugno: oggi si vota per cinque quesiti: urne aperte dalle 7

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Urne aperte in tutta Italia per i cinque Referendum su lavoro e cittadinanza. Si vota oggi dalle 7 alle 23 e domani lunedì 9 giugno dalle 7 alle 15. Immediatamente dopo inizierà lo spoglio delle schede. Decisivo il dato sull’affluenza, visto che affinché il Referendum sia valido servirà che si esprima almeno il 50%+1 degli aventi diritto.Al voto oggi anche 13 Comuni sopra i 15mila abitanti – tra cui Taranto e Matera – per il ballottaggio delle elezioni amministrative locali.Referendum, i cinque quesitiIl primo quesito, sulla scheda verde chiaro, riguarda appunto l’abrogazione parziale delle norme sul contratto a tutele crescenti e sulla disciplina dei licenziamenti illegittimi introdotte dal Jobs Act durante il governo Renzi. L’obiettivo è ripristinare la disciplina dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, modificata dalla riforma Fornero del 2012, che prevedeva il reintegro nel posto di lavoro per chi viene licenziato senza giusta causa o giustificato motivo, possibilità oggi limitata nelle aziende con più di 15 dipendenti. Se vincesse il sì, si tornerebbe a prevedere l’obbligo di reintegro anche per i contratti stipulati dopo il 7 marzo 2015.Il secondo quesito, con la scheda arancione, punta a eliminare il tetto massimo all’indennità prevista in caso di licenziamento ingiustificato nelle piccole imprese. Attualmente il risarcimento per il lavoratore licenziato senza giusta causa o motivo oggettivo non può superare le sei mensilità di stipendio. Se il referendum passasse, spetterebbe al giudice del lavoro stabilire liberamente l’entità dell’indennizzo, senza più un limite prefissato.La scheda grigia è quella del terzo quesito. Riguarda i contratti a termine e propone di cancellare la norma che oggi consente di stipulare contratti a tempo determinato fino a 12 mesi senza indicare una causale, con l’intento dichiarato di limitare il precariato e incentivare rapporti di lavoro più stabili. Se il sì dovesse prevalere, i datori di lavoro sarebbero obbligati fin dall’inizio a motivare in modo preciso e documentato il ricorso a contratti a termine.Il quarto quesito, con la scheda di colore rosso rubino, tocca il tema della sicurezza sui luoghi di lavoro e mira ad ampliare la responsabilità solidale dell’impresa committente nei contratti di appalto, subappalto e somministrazione. Attualmente la ditta appaltante è responsabile in solido per i crediti retributivi e contributivi dei lavoratori dipendenti delle aziende appaltatrici. Il referendum chiede di estendere questa responsabilità anche agli infortuni e ai danni subiti dai lavoratori per rischi specifici connessi alle mansioni svolte, e non più soltanto per i rischi generici. L’obiettivo dichiarato è contrastare il fenomeno delle morti bianche e delle irregolarità negli appalti.Infine, il quinto quesito, sulla scheda gialla, riguarda la cittadinanza italiana e propone di dimezzare da dieci a cinque anni il periodo di residenza legale continuativa richiesto agli stranieri maggiorenni extracomunitari per poter presentare domanda di cittadinanza. Resterebbero invariati tutti gli altri requisiti attualmente previsti dalla legge: la conoscenza della lingua italiana, la disponibilità di un reddito sufficiente e stabile, l’assenza di condanne penali, la regolarità contributiva e fiscale e l’assenza di cause ostative legate alla sicurezza nazionale. Il quorum per il ReferendumPerché il risultato sia valido, è necessario raggiungere il quorum del 50% più uno degli aventi diritto al voto. Un traguardo tutt’altro che scontato, tanto che i partiti di maggioranza, contrari nel merito ai quesiti proposti, hanno deciso di invitare gli elettori a non recarsi alle urne, considerandolo un atto legittimo di dissenso e uno strumento per limitare l’affluenza. Sull’altro versante, le opposizioni — pur mantenendo alcune differenze di posizione — hanno in larga parte sostenuto la campagna referendaria, in particolare sui temi legati al lavoro e ai diritti di cittadinanza.In questo scenario, restano evidenti le fratture interne al Partito Democratico, dove la revisione del Jobs Act continua a segnare una netta divisione tra la leadership attuale e quelle precedenti.