Non è solo la destra a esultare per il mancato quorum dei referendum su lavoro e cittadinanza. L’ala “riformista” del Pd non nasconde la soddisfazione per il fallimento dei quesiti che miravano a smantellare il Jobs Act, la riforma liberista del lavoro approvata nel 2015 dal governo Renzi (e già svuotata in molte sue parti dalla Corte costituzionale). Ad aprire l’assalto della minoranza dem è Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo e aspirante alter ego “moderata” della segretaria Elly Schlein: “Una sconfitta profonda, seria, evitabile. Purtroppo un regalo enorme a Giorgia Meloni e alle destre. Fuori dalla nostra bolla c’è un Paese che vuole futuro e non rese dei conti sul passato. Ora maturità, serietà e ascolto, evitando acrobazie assolutorie sui numeri”, scrive su X.Gualmini: “Boomerang, referendum contro se stessi” – Ancora più esplicita un’altra europarlamentare, Elisabetta Gualmini: “Aver mobilitato tutto il partito (democratico), tutti i circoli, tutti i dirigenti su un referendum che doveva “correggere gli errori del vecchio Pd” si è rivelato un boomerang. Un referendum politico contro se stessi”, twitta. “Aver rotto l’unità sindacale in una rinnovata cinghia di trasmissione con un solo sindacato (Cgil), pur con rispetto, un altro errore. Con quesiti rivolti al passato e pochissimo legati alle patologie del mercato del lavoro di oggi. Doveva essere uno sfratto a Meloni. Non pare vada cosi. Auguriamoci almeno una discussione franca magari anche con quelli del vecchio Pd”, aggiunge.Quartapelle: “Non basta regolare i conti” – Sulla stessa linea, in un lungo post su Facebook, la deputata Lia Quartapelle: “Ho ritenuto da subito una scelta incauta quella di chi ha promosso un referendum su una materia tecnica quale il diritto del lavoro, facendone una battaglia identitaria con lo sguardo rivolto all’indietro, mentre oggi il mondo del lavoro chiede non di abrogare una legge di dieci anni fa, ma interventi tempestivi per alzare il potere di acquisto e dare al lavoro il valore, anche economico, che merita”, scrive. “Evidentemente non basta promuovere battaglie identitarie e di minoranza, che parlano solo a una parte dei cittadini. E non basta regolare i conti con il passato, quando c’è un presente e un futuro che chiedono capacità di analisi e risposte nuove”, conclude.Gori: “Battaglia ideologica e anacronistica” – Giorgio Gori, ex sindaco di Bergamo e ora eurodeputato, parla di “un autogol prevedibile che andava evitato”: “Il Pd”, scrive in una nota, “si è infilato in una battaglia ideologica, anacronistica, troppo tecnica e quindi incomprensibile ai più, a traino della Cgil e contro la sua stessa storia. Una battaglia controproducente, che ha diviso il fronte progressista e il mondo sindacale. E l’ha persa senza attenuanti. Non solo: si è voluto trasformarla in un voto contro il governo, finendo per regalare a Giorgia Meloni una vittoria di cui proprio non si sentiva il bisogno”, accusa. Ad approfittare – dall’esterno – della frattura del suo ex partito interviene anche Carlo Calenda, ora a capo dei centristi di Azione: “Se la sinistra continua a farsi trascinare dalle battaglie ideologiche di Landini, Conte, Fratoianni e Bonelli non andrà da nessuna parte. È forse tempo che i riformisti di qualsiasi schieramento prendano atto che occorre costruire un’area liberale lontano dal campo largo e dalla destra sovranista”, provoca.La segretaria tira dritto: “Era giusto schierarsi” – Da parte sua, Schlein rivendica la scelta di campo: “Peccato per il mancato raggiungimento del quorum, sapevamo che sarebbe stato difficile arrivarci, ma i referendum toccavano questioni che riguardano la vita di milioni di persone ed era giusto spendersi nella campagna al fianco dei promotori, senza tatticismi e senza ambiguità”, dichiara. E il responsabile Organizzazione Igor Taruffi, fedelissimo della segretaria, ci mette un po’ di cattiveria in più: “Abbiamo riunito la direzione e lì abbiamo votato per sostenere i referendum. Le discussioni sono normali e legittime, ma è importante che non prevalgano sugli interessi generali, quando i distinguo superano gli interessi generali allora c’è un problema. Credo che la posizione del Pd sui referendum sia in linea con quanto si aspettava la parte del popolo che vogliamo rappresentare”, dice in collegamento con La7.L'articolo Flop referendum, la minoranza Pd va all’assalto: “Regalo a Meloni, autogol evitabile”. Schlein: “Giusto schierarsi” proviene da Il Fatto Quotidiano.