E così, anche Elon Musk fonda il Terzo polo, come un Carlo Calenda qualunque. O forse, nel suo caso, più come un Gianroberto Casaleggio: anche lui un imprenditore folgorato dalla politica, anche lui investitore di un comico non così divertente (Beppe Grillo uno, Donald Trump l’altro; entrambi comunque protagonisti dei loro personali “Te la do io l’America”). Casaleggio possedeva e manovrava Rousseau, Musk invece ha X: piattaforma social e non blog, ma dove comunque chiede ai follower di votare ai suoi sondaggi come Casaleggio faceva con i suoi iscritti. Anche il linguaggio di Musk ricorda gli albori del Movimento 5 stelle: non solo American Party (che è il nome con il quale Musk chiamerà il suo partito, e che è stato preferito ai vari “Ketamina Viva” e “Tesla in Azione”) suona un po’ come Vaffa Day; ma anche il modo in cui Musk ha apostrofato il suo rivale al cuore di Trump, Steve Bannon, definendolo “uno scemo, grasso e ubriaco fradicio”, fa molto Grillo on fire; manca solo che dica “apriremo le elezioni di Midterm come una scatoletta di tonno” (c’è da dire che Musk ha definito Bannon in quella maniera dopo che lui aveva detto che Musk andrebbe deportato dagli Stati Uniti, insomma fra tutti e due non so chi è il più grillino). Del resto, il Doge tanto voluto – e per un po’ guidato – da Musk, non era forse la sua versione della “lotta alla Casta”? E come il Movimento 5 stelle, anche America Party si candida per “rompere le scatole” al duopolio, ma al grido di “libertà” al posto di “onestà”. I 5 Stelle “terzopolisti” volevano uscire dall’euro; Musk vuole uscire dalla Terra e andare su Marte. Per i 5 Stelle “terzopolisti” uno valeva uno; per Musk uno può anche valere due o tre, se ha i sussidi governativi. Abbiamo sempre visto gli Stati Uniti d’America come un paese all’avanguardia, avanti anni luce rispetto a noi; ma da qualche tempo, diciamo da Berlusconi in poi, è l’Italia a dettare le mode in ambito politico – che poi, con un ritardo degno di un’Alta Velocità italiana, divengono tendenze anche negli Stati Uniti. Siamo quindi in grado di prevedere che Elon Musk “nasce incendiario, ma morirà pompiere”, cioè subirà l’ennesima mutazione, da Casaleggio/Calenda a Giuseppe Conte. Me lo immagino con la pochette – ma non nel taschino, nel caso di Musk nel berretto – mentre promulga il Superbonus 110 per cento, ma nel suo caso non per l’edilizia bensì per il settore automobilistico, e a tutto vantaggio delle auto elettriche; facendo una voragine nei conti pubblici americani come nemmeno l’ex amico/alleato Trump. E poi magari finirà a fare i capricci nel “Large Field” americano, alleato sulla carta ma rivale nella sostanza della leader democratica Ocasio “Elly” Cortez. Oppure potrebbe avere una parabola alla Luigi Di Maio: prima va da Jimmy Fallon a chiedere l’impeachment di Trump, poi sale su un balcone o nel suo caso su un satellite a gridare di aver abolito la povertà con le criptovalute di cittadinanza, infine si calma, rinsavisce, fa un accordo con Tabacci per l’ennesimo Terzo polo, perde alle elezioni e finisce a fare il rappresentante speciale nel Golfo Persico – o su una galassia lontana lontana, come piace a lui.