«I giovani detenuti cercano molto spesso qualcuno che li ascolti, che risponda alle loro domande e che li accompagni». A dirlo a Open è Abdullah Tchina, imam già attivo nella comunità di Sesto San Giovanni, che a partire dalla prossima settimana affiancherà don Claudio Burgio e don Gino Rigoldi all’interno dell’Istituto Penale per Minorenni (IPM) “Cesare Beccaria” di Milano nel percorso di assistenza spirituale e morale rivolto ai ragazzi detenuti di fede musulmana. «Una guida – prosegue – che sappia riconoscere le loro radici, ma anche comprendere il contesto da cui provengono». All’interno del carcere milanese, uno dei più sovraffollati d’Italia con un tasso di occupazione del 150%, alla fine del 2024 si contavano 66 ragazzi, a fronte di una capienza di circa 45 posti. Nelle ultime settimane, una nuova ondata di arresti ha ulteriormente aggravato la situazione, portando il numero dei detenuti a 77. Una quota significativa di questi giovani proviene da contesti migratori, con una presenza rivelante di minori stranieri non accompagnati. Più in generale, nel corso del 2024 sono transitati nell’Ipm 297 giovani: il 78% di origine straniera, quasi il 90% proveniente da Paesi a maggioranza islamica.Il supporto che va oltre la preghiera: «Un vero accompagnamento umano e morale»La presenza dell’imam, sottoscritta da un protocollo firmato questa mattina, lunedì 7 luglio, tra il tribunale per minorenni, la procura, il centro per la giustizia minorile e l’Istituto penitenziario, rappresenta una novità significativa e ha l’obiettivo di offrire un supporto concreto non solo spirituale, ma anche culturale e sociale. «Questa proposta sarà utile ai giovani, alle istituzioni e alla società. Ogni detenuto ha un costo per lo Stato: reinserirli e farli uscire da ambienti nocivi, aiutarli a diventare cittadini e professionisti responsabili è un beneficio per tutti», ci spiega l’imam. «Non si tratta solo di preghiera – prosegue – ma di un vero accompagnamento morale e umano. Aiuteremo i giovani a interpretare la loro religione in modo equilibrato e responsabile, fornendo loro anche delle risposte concrete per il presente e per il futuro». L’assistenza riguarderà anche aspetti importanti della vita religiosa, come il supporto durante il Ramadan o l’organizzazione e la partecipazione alle feste islamiche. «Momenti in cui i giovani detenuti si sentono particolarmente soli – dice -. Ma noi cercheremo di farli sentire accompagnati e tutelati, soprattutto perché tanti sono lontani dalle famiglie e in una situazione di forte vulnerabilità».ANSA/ANDREA FASANI | Alcuni detenuti si affacciano alle grate delle celle, visibili dall’esterno, nel carcere Beccaria, Milano, 24 Marzo 2025«Indirizzare il percorso dentro e fuori dal carcere»Dal punto di vista educativo, il lavoro all’interno del Beccaria, si preannuncia complesso: «I ragazzi non sono tutti uguali – dice -. C’è chi è smarrito e non sa cosa cercare, altri sono consapevoli dei propri errori, e altri ancora che preferiscono ignorarli. Il nostro compito è risvegliare le loro coscienze, aiutarli a comprendere il percorso che possono fare dentro e fuori dal carcere». Secondo l’imam, ciò di cui i giovani detenuti hanno più bisogno è qualcuno che li ascolti: «Hanno bisogno di una figura di fiducia, religiosa o semplicemente umana, e di un sostegno morale. Tanti di loro sono davvero disperati, non vogliono parlare della loro famiglia, non sanno cosa fare domani. La presenza di una guida, di un cappellano, può aprire una parentesi di speranza». Si tratta di un passo importante verso un sistema penitenziario più attento ai bisogni individuali, alla diversità culturale e religiosa, e orientato a un autentico percorso di recupero e reinserimento sociale.Foto copertina: ANSA/ANDREA FASANI | Carcere “Beccaria” MilanoL'articolo Milano, arriva l’imam per i giovani detenuti del Beccaria: «Hanno bisogno di una guida che sappia riconoscere le loro radici» – L’intervista proviene da Open.