Genocidio a Gaza: il rapporto Onu spiega anche perché tante imprese e istituzioni occidentali siano colpevoli

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L’orrore economico era il titolo di un libro di trent’anni fa di Viviane Forrester, che denunciava le ingiustizie profonde e la violenza della globalizzazione liberista. Ora quell’orrore è giunto a compimento, diventando il sistema internazionale di affari che lucra sul genocidio del popolo palestinese. Lo documenta rigorosamente il rapporto “Economia del genocidio” presentato all’Onu dalla relatrice speciale sui Territori palestinesi occupati, Francesca Albanese; la sola italiana della quale andare fieri nel mondo delle relazioni internazionali. Un rapporto che dovrebbe essere studiato nelle scuole e in ogni sede istituzionale.La ricerca di Francesca Albanese non è solo la denuncia documentata delle tante imprese occidentali coinvolte e colpevoli, sia nell’occupazione illegale dei Territori palestinesi, sia nella pulizia etnica per creare le colonie israeliane abusive, sia nel regime di apartheid che è sfociato nel genocidio. Secondo il rapporto, i settori coinvolti nel genocidio a Gaza e nell’apartheid in Palestina sono: fabbriche di armi, aziende tecnologiche, compagnie edilizie e delle costruzioni, industrie estrattive, servizi, banche, fondi pensioni, assicurazioni, università e persino organizzazioni caritatevoli. Dopo l’ottobre 2023 le imprese occidentali hanno contribuito all’accelerazione della pulizia etnica, attraverso la campagna militare che ha polverizzato Gaza e cacciato dalla sua terra il più gran numero di palestinesi in Cisgiordania dal 1967.Da Lockheed Martin alla nostra Leonardo, da Caterpillar a Ibm a Amazon, dai gruppi edilizi spagnoli ai fondi di pensione norvegesi, al programma Horizon dell’Unione Europea, alle università e ai centri di ricerca occidentali, a BlackRock e ad altri fondi di investimento. Sulla stampa è comparso questo elenco di imprese private e pubbliche sporche di sangue, ciò che invece è stato ridimensionato o addirittura ignorato è la sostanza del rapporto, che non solo denuncia, ma spiega perché tante imprese e istituzioni occidentali siano colpevoli del genocidio.Perché? Perché il genocidio dei palestinesi è un affare che produce profitti, come l’olocausto degli ebrei fu occasione di enormi guadagni per tante imprese. E soprattutto come nel colonialismo europeo le grandi imprese private furono determinanti per la costruzione degli imperi. Nei secoli coloniali l’esproprio della terra e la distruzione dei diritti e della stessa vita delle popolazioni sottomesse furono sempre accompagnati e a volte guidati dai profitti di compagnie private. Lo stesso commercio degli schiavi, il genocidio degli africani rapiti e deportati dalle loro terra per sacrificare lo loro vite nelle piantagioni americane, secondo Marx fu di una delle fonti principali per accumulare il danaro necessario allo sviluppo del capitalismo industriale.Il capitalismo ha una matrice razziale e razzista profonda, che ora emerge in tutta la sua ferocia con il sistema di affari che accompagna il genocidio in Palestina, che viene giustificato con gli stessi argomenti di sempre del colonialismo. Loro sono barbari e terroristi, noi siamo la civiltà; e questa civiltà bianca occidentale ha ben diritto a sviluppare affari per affermare i propri valori; dai valori ai profitti.Israele non è dunque soltanto un avamposto coloniale occidentale, con tutte le conseguenze di spoliazione, pulizie etnica, apartheid verso la popolazione palestinese oppressa. Israele diventa un esperimento del capitalismo razziale. Dopo il crollo dell’Algeria francese e del Sudafrica bianco, Israele ripropone lo stesso modello di società razzista, ad un livello ben più sofisticato, tecnologico, feroce e pervasivo. La legittimazione del genocidio, la sua normalizzazione come “guerra” nel linguaggio della politica e dei media occidentali, l’assuefazione delle opinioni pubbliche all’uccisione di massa in diretta di un popolo, servono ad abituare le popolazioni occidentali alla guerra di sterminio e costituiscono il punto estremo di una complessa macchina ideologica e di potere.Israele diventa un modello, anzi Israele fa affari esportando il suo modello. L’uso della tecnologia informatica e dell’intelligenza artificiale nella repressione è diventato il business di Israele nel mondo. Il controllo occidentale sui migranti alle frontiere usa prodotti israeliani. Anche lo spionaggio italiano di attivisti e giornalisti, come sappiamo, era appaltato ad un’azienda israeliana. E il decreto Sicurezza del governo Meloni somiglia e probabilmente si ispira alle leggi israeliane sul controllo dei confini, sulla detenzione amministrativa dei migranti e sulla tutela speciale delle forze di polizia.Gli affari con Israele sono fondati su uno scambio: le multinazionali europee e Usa armano e finanziano l’apartheid e il genocidio israeliano, in cambio gli stati occidentali ricevono strumenti per rafforzare il proprio controllo sociale e civile. Nel rapporto di Francesca Albanese l’economia del genocidio viene definita una impresa criminale congiunta, dove ogni singolo partecipante dà il suo contributo al male complessivo, come nei sistemi mafiosi. Per questo fermare ogni sostegno pubblico e privato ad Israele e punirne i responsabili non è solo un obbligo verso il popolo palestinese e i diritti dell’umanità. È una necessità per i nostri paesi post democratici, sempre più avvelenati dal capitalismo razziale, dove l’economia del genocidio sta diventando il genocidio nell’economia.L'articolo Genocidio a Gaza: il rapporto Onu spiega anche perché tante imprese e istituzioni occidentali siano colpevoli proviene da Il Fatto Quotidiano.