di Dario Rivolta * –Diverse cose accadono in questi giorni che io non riesco a spiegarmi. Non so decidere se sono le mie manchevolezze intellettive a impedirmi di capire, oppure se in Europa siamo ormai tutti vittime di una diffusa ipocrisia o di una generale stupidità.Cominciamo dall’incontro di Zelensky a Roma con il nostro attuale presidente della Repubblica e con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Entrambi non solo hanno ribadito che sosterranno l’Ucraina fino al raggiungimento di una “pace giusta e duratura”, ma Il Presidente ha perfino enfatizzato la nostra volontà (la nostra di chi? Di lui che parlava in plurale maiestatis o di tutti gli italiani che dovrebbe rappresentare?) di far di tutto per avere l’Ucraina nell’Unione Europea. Per quanto riguarda la “pace” auspicata c’è stato da parte loro almeno il buon senso di non scendere nei dettagli poiché, come vedremo più avanti, l’unica pace veramente possibile e duratura è quella che Zelensky continua a rifiutare di prendere in considerazione scegliendo, al contrario, di far morire al fronte e nelle retrovie altre centinaia, se non migliaia, di suoi concittadini. Per quel che riguarda il desiderio di avere l’Ucraina nell’Unione Europea a me sembra che chiunque abbia buon senso e desideri immaginare la possibilità di una Europa davvero unita politicamente (e finanziariamente) sa che prendersi l’Ucraina nell’Unione non solo costituirebbe la fine di ogni possibile Europa federale ma metterebbe a forte rischio perfino l’esistenza di quella europeetta che abbiamo avuto sinora. Già nel paese più filo-ucraino che è la Polonia sono nate fortissime proteste da parte dei locali agricoltori, dei trasportatori e dei lavoratori in genere per i benefici già concessi alle merci e all’economia ucraina, benefici tali da insidiare il più minimo benessere di cui ora godono i polacchi. Anche l’agricoltura tedesca, francese, in misura minore, danese e italiana avranno da soffrire (e con loro le filiere che ne derivano) dall’ingresso di prodotti e lavoratori ucraini a basso costo. In aggiunta a ciò, occorre ricordare i miliardi di euro che sono sempre stati previsti come “donazione” ai Paesi destinati ad entrare nell’Unione. Denaro che servirebbe sia per facilitare la riconversione delle economie locali, sia per l’adeguamento di leggi e istituzioni. In particolare, non occorre dimenticare che l’Ucraina che troveremo nell’immediato futuro sarà un paese distrutto dalla guerra ove la stima prudenziale della Banca Mondiale è che serviranno almeno 600 miliardi di euro per aiutarne la ricostruzione. Da quale bilancio l’Europa prenderà tutti i fondi necessari? Quali altri voci di spesa dovranno essere tagliate? Oppure si sta già pensando ad un incremento delle tasse e delle imposte nazionali a carico degli attuali cittadini europei?La risposta che i geni che si incontrano in questi giorni a Roma proprio per discutere di quella futura e ipotetica ricostruzione è che non si tratterà di spese, bensì di investimenti. Secondo i convenuti quei soldi torneranno ai donatori attraverso il lavoro che le aziende dei Paesi presenti a Roma otterranno nelle attività che svolgeranno in loco. Magari delocalizzando? Io, probabilmente, sono male informato ma mi risulterebbe che lo spregiudicato Zelensky abbia già concordato con BlackRock la supervisione della futura ricostruzione e con J. P. Morgan il coordinamento dei finanziamenti che arriveranno. Come non bastasse, il businessman (così si auto percepisce) Trump ha recentemente ottenuto l’accordo del governo di Kiev (verso il quale tutti i “nostri” si sperticano in lodi ed incoraggiamenti nonostante sia da molti riconosciuto come anti-democratico e corrotto) per l’esclusiva sulla maggior parte delle ricchezze di cui l’Ucraina sembra, o potrebbe in futuro, godere.Un’altra cosa che non mi è chiara è la decisione apparentemente condivisa dai vari ministri europei di investire 800 miliardi di euro nella Difesa comune. A meno che, come ha ben stigmatizzato il direttore Cristiano Puglisi nel suo blog su Il Giornale.it, si voglia attribuire un intento keynesiano a quella spesa. In questo caso, a parte che la gran parte di questi soldi andranno ovviamente a finire nelle casse delle aziende americane di armamenti per l’omogeneità obbligatoria per i Paesi NATO (e quindi dove sta il keynesianesimo?), a quale “difesa europea” dovrebbero servire tutti questi soldi? È vero e condivisibile che, davanti al possibile e già dichiarato disimpegno degli Stati Uniti, l’Europa dovrebbe cominciare a pensare in proprio a come difendersi, ma poiché l’Europa politica non esiste chi controllerà e dirigerà l’impiego di tutti i nuovi armamenti? Inoltre, visto che tutti gli eserciti dei vari Paesi europei sono indipendenti l’uno dall’altro e sia nell’organizzazione sia nel tipo di armi esistono numerosissimi quanto inutili doppioni, ne deriva che ogni Stato europeo continuerà a cercare di privilegiare i propri sistemi d’arma, le proprie aziende e la propria organizzazione militare. Sfido chiunque a dimostrare che così non sarà poiché, mancando un governo europeo, una unica forza armata europea, un unico comando e un’unica fonte decisionale per gli investimenti in armamenti, la dispersione non può che essere strettamente connaturata all’Europa che abbiamo oggi. E forse è meglio non parlare di quali tagli si dovranno fare senza ingigantire i debiti pubblici di alcuni Paesi (quali l’talia) per reperire i soldi che saranno destinati alle armi.Spero che nessuno voglia a questo punto tirare in ballo la Commissione Europea e nemmeno il Parlamento Europeo. La prima è, nel migliore dei casi, solo un organo esecutivo del Consiglio dei Ministri su ogni cosa che conta e diventa invece un forte impiccio burocratico per la vita quotidiana dei cittadini del continente. Se aggiungiamo che al vertice di questa Commissione abbiamo la nullità signora von der Leyen, pure sospetta di corruzione, e come pseudo-Ministro degli Esteri una minus-habens uscita da un Paese che ha meno abitanti di Roma e la cui unica caratteristica politica è di essere antirussa, speranze da quella provenienza non ne possono nascere. Quanto al Parlamento Europeo sappiamo da sempre che non conta nulla ma l’evidenza più recente della sua insignificanza ci viene dal voto di fiducia verso quella stessa von der Leyen, voto in cui ben 360 parlamentari hanno deciso di confermarla nel suo ruolo. Costoro sono talmente nullità politiche che hanno deciso di darle ancora fiducia nonostante lei si sia palesemente e dichiaratamente rifiutata di rispondere positivamente ad una richiesta di quello stesso Parlamento che le chiedeva di rendere pubbliche le negoziazioni da lei fatte attraverso il suo cellulare personale con l’amministratore delegato di Pfizer per l’acquisto più che milionario dei vaccini anti Covid-19. Come non bastasse a dimostrare il disprezzo di quella signora nei confronti del Parlamento Europeo, poche settimane fa lei ha dichiarato che la decisione da lei assunta in merito all’investimento dei miliardi stanziabili per la Difesa non sarebbe stata sottoposta non solo al voto, ma nemmeno alla discussione dei Parlamentari. Per assecondare il suo disprezzo, 360 masochisti le hanno ridato fiducia.Infine, ma non è certo esaustivo, veniamo alla questione della “pace giusta e duratura”. Su questo tema Donald Trump, che non è certo un pazzo ma allo stesso modo sembra non brillare di acuta intelligenza, ha appena dichiarato di “essere deluso” da Putin perché la Russia continua a bombardare l’Ucraina. Pochi giorni prima, pur nella continuazione della guerra, aveva dichiarato che gli Stati Uniti non avrebbero più inviato armi a Kiev, salvo smentirsi tre giorni dopo affermando che non solo ne avrebbero inviate altre ma che addirittura stava pensando a nuove sanzioni contro la Russia. Prima ancora di essere eletto aveva annunciato che, con lui Presidente, la pace sarebbe stata raggiunta in pochi giorni e, appena eletto, ha avuto in effetti più di un colloquio telefonico con Putin. Se davvero ci credeva, quale tipo di pace stava immaginando? Quella di Zelensky che pretenderebbe che la Russia si ritiri quatta quatta ridando Donbass e Crimea alla potestà di Kiev? Oppure, visto come aveva trattato Zelensky durante il loro primo incontro ufficiale, aveva intenzione di obbligare Zelensky a capitolare? La cosa non è mai stata chiara poiché, stando alle dichiarazioni del “businessman” americano, sembrò che il sostegno americano a Kiev sarebbe continuato solamente se Zelensky avesse accettato di firmare la cessione a favore negli Stati Uniti di tutte le terre rare presenti in Ucraina. Già la cosa suonò subito piuttosto strana poiché di terre rare in Ucraina ce ne sono una inezia e, anche se ce ne fossero state tante, per poterle sfruttare occorrevano ingenti capitali e molti anni. Poi si chiarì che l’obiettivo non erano le terre rare ma tutti gli altri minerali presenti in quel territorio. Peccato che la maggior parte di questi materiali si trovano nella regione del Donbass già occupate dalle truppe russe. Stava forse pensando di chiedere ai russi di ritirarsi? O di fare affari con lui? È forse per il diniego di Putin a questa ipotesi che è rimasto “deluso”? Se è davvero così, sembra impossibile a credersi che nessuno gli abbia spiegato che l’esercito russo sta avanzando sempre più sul terreno e non ha mai avuto, né prima di parlare con lui né dopo, l’intenzione di ritirarsi da terre che sono già ufficialmente parte della Federazione Russa. C’è qualche generale o qualche politico negli Stati Uniti o in Europa che pensa sinceramente che i russi dopo tutto quanto successo accettino di ritirarsi nei territori che erano già russi prima del 2014 rinunciando a quanto conquistato in battaglia? O c’è qualche politico non stupido né ipocrita che crede che la Russia possa essere sconfitta e che la sua economia possa essere messa così in difficoltà da obbligare il Cremlino a ritirarsi?Piaccia o non piaccia, la sola verità che mi sembra concepibile da una mente intellettualmente onesta è che l’unica pace possibile per la guerra in Ucraina è oggi accettare le condizioni imposte dai russi. Di certo tutto sarebbe stato ben diverso se francesi, tedesche e ucraini non fossero stati bugiardi durante gli accordi che loro stessi hanno sottoscritto a Minsk nel 2014 e se gli inglesi e americani non avessero obbligato Zelensky e i suoi a continuare la guerra contrariamente all’intesa raggiunta a Istanbul nel 2022. Oggi la situazione è molto diversa sia dal 2014 sia dal 2022 e le uniche possibilità per la pace sono: l’Ucraina fuori dalla Nato, riconoscimento di Crimea e Donbass come territorio russo, disarmo dell’esercito ucraino. Purtroppo temo che i russi potrebbero accettare anche l’idea che ciò che resterà dell’Ucraina possa entrare a fare parte dell’Unione Europea. Di certo a Mosca, cui una vera Unione politica non farebbe davvero comodo, una Kiev dentro l’Europa andrebbe benissimo proprio per i motivi che io numeravo più sopra e cioè la fine, o l’ancora maggiore insignificanza internazionale, dell’attuale Unione Europea.* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.