La sentenza con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’attuale normativa sui centri di permanenza per il rimpatrio ha già prodotto i suoi effetti. A poche ore dal pronunciamento della Consulta, infatti, la Corte d’Appello di Cagliari si è trovata a decidere della proroga del trattenimento di un cittadino albanese nel cpr di Macomer (Nuoro), dove era rinchiuso da marzo con convalida del giudice di pace e poi, dopo la richiesta d’asilo, con proroga decisa dalla stessa Corte d’Appello. Sarebbe comunque uscito per la tardiva istanza di proroga della questura, ma l’intervento della sentenza della Corte costituzionale ha imposto il confronto, “come peraltro espressamente richiesto dalla difesa”. Pronuncia che esorta il legislatore a sanare il vulnus costituzionale che riguarda in particolare la riserva di legge dell’articolo 13 comma 2 della Carta. Nell’attesa, l’assenza di una legge primaria che regoli i “modi” della detenzione amministrativa ha portato la Corte d’Appello a concludere che il diritto alla libertà personale debba “riespandersi”, ovvero che lo straniero debba essere rimesso in libertà. Decisione che, con tutta probabilità, si ripeterà per i detenuti di altri cpr, compreso quello di Gjader, in Albania (foto), dove le problematiche evidenziate dalla Consulta si aggraverebbero con l’extraterritorialità della struttura.Nella sentenza n. 96 del 3 luglio scorso, la Consulta ha dichiarato inammissibili le le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Giudice di pace di Roma sull’articolo 14, comma 2, del Testo unico sull’immigrazione, quello che riguarda appunto la detenzione amministrativa nei cpr ai fini dell’espulsione. Ma nonostante l’inammissibilità formale, la Consulta ha riconosciuto l’esistenza di un “effettivo vulnus normativo” che consiste nel fatto che l’attuale disciplina sul trattenimento nei cpr non rispetta la “riserva assoluta di legge” in materia di libertà personale (art. 13, c. 2 Costituzione): la libertà personale è inviolabile e le restrizioni a essa possono avvenire solo su atto motivato dell’autorità giudiziaria e “nei soli casi e modi previsti dalla legge”. Ciò significa che una legge di rango primario, cioè una norma approvata dal Parlamento, deve definire non solo le situazioni (i “casi”) in cui la libertà può essere limitata, ma anche le modalità precise (i “modi”) con cui tale limitazione viene attuata, garantendo la tutela dei diritti fondamentali. La Corte Costituzionale ha rilevato che la normativa sui cpr regola i “casi” di trattenimento ma non i “modi”. Tanto che molti aspetti sono lasciati a regolamenti o atti amministrativi discrezionali, che possono variare anche territorialmente, risultando “del tutto inidonea a definire, in modo sufficientemente preciso, quali siano i diritti delle persone trattenute”.Ma siccome, ha scritto la Corte Costituzionale, spetta “esclusivo del Parlamento introdurre una disciplina organica che tuteli pienamente i diritti fondamentali delle persone trattenute”, tocca attendere. Il 3 luglio, subito dopo la sentenza della Consulta, fonti del Viminale hanno fatto sapere che gli uffici del ministero “erano già impegnati nella redazione di una norma di rango primario”. Quale forma prenderà è ancora da vedere. Nel frattempo, cosa devono fare i giudici di fronte al vulnus costituzionale rilevato dalla Consulta? La Corte d’Appello di Cagliari ha interpretato questa pronuncia come un insieme di “considerazioni che non possono essere eluse dal giudice chiamato a decidere sulle convalide del trattenimento e sulle relative proroghe”. Di conseguenza, la Corte ha affermato che “in assenza di quella determinazione dei ‘modi’ della detenzione, non ‘ancora’ disciplinati dal legislatore con fonte primaria, non può che riespandersi il diritto alla libertà personale, il cui vulnus è chiaramente espresso dalla Consulta, perché qualunque ‘modo’ non disciplinato da norma primaria non riveste il crisma della legalità costituzionale ed è legalmente inidoneo a comprimerla”. Da vedere, ora, se convalide e proroghe presso giudici di pace, o altre Corti d’Appello in caso di richiedenti asilo, seguiranno lo stesso destino.L'articolo Cpr, migrante liberato dopo la sentenza della Consulta. La decisione della Corte d’Appello di Cagliari proviene da Il Fatto Quotidiano.