Quei libri venduti sui marciapiedi di Gaza (e i loro usi alternativi): “Quanto costano? Dipende cosa ne deve fare chi li compra”

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Um Nasser strappa alcune pagine di un libro e le usa per tenere acceso il fuoco: “Mi piange il cuore, ma dobbiamo dare da mangiare ai nostri figli“. Seduta su uno sgabello, tiene accese le fiamme dove scalda del pane bruciando i volumi che è riuscita a recuperare dalle macerie dell’Università Islamica di Gaza, distrutta nell’ottobre del 2023. “Ho studiato qui – racconta Um Nasser a al Sharq al Awsat, quotidiano saudita -, ma sopravvivere è più importante”. Il centro accademico era stato fondato nel 1978 e, insieme a tutte le strutture accademiche della Striscia, è stato colpito dai raid israeliani. Ma nel 2023 ad essere stato prese di mira fu anche il rettore, Sufyan Tayeh: ucciso insieme alla sua famiglia durante un bombardamento.“Qui c’erano almeno 200 tonnellate di libri” quantifica Hamad al Suiriky mentre mette in vendita sul marciapiede davanti alle macerie dell’università i testi che è riuscito a recuperare. Al Suiriky dice di voler preservare la cultura della Striscia, ormai sotto attacco, insieme alla storia palestinese. “Non li vendo ad un prezzo basato sul valore reale, ma in base a cosa ne deve fare la gente che li compra”. E specifica che “due libri li vendo a uno scellino israeliano (circa 0.26 centesimi di euro)”. A spulciare fra i volumi di questo negozio improvvisato sul marciapiede c’è Mohamed Tabyl che ha perso la libreria di casa sua mentre fuggiva da Beyt Hanun a Khan Younes. “Quando sono tornato la mia casa non c’era più: era distrutta e saccheggiata”. Fra i testi cerca quelli che aveva raccolto durante la sua vita, sperando di recuperarli. “La maggior parte della gente non conosce il valore dei libri che vende Al Suiriky” dice. “Ma è la guerra!”. Per Fadi Ahmed, rifugiato fra le macerie del campus, insieme a centinaia di famiglie che li vi hanno montato le tende, i libri hanno un’altra funzione pratica. “Molti li usano per impilarli e fare dei muri per proteggerli dal vento, o separare le tende” spiega, mentre da sotto un muro distrutto recupera tre volumi impolverati. “Sappiamo tutti che è un peccato” sottolinea, ma non c’è nulla qui. Una delle poche librerie ancora attive è la “Samir Mansour” fondata nel 2000 e bombardata diverse volte. Fra le attività che mantiene ancora viva questa libreria c’è, appunto, la promozione dei volumi che continua a pubblicare fungendo anche da casa editrice.Come il libro “Khadesh” di Dima Awwad, giovane autrice palestinese di Gaza, uccisa settimana scorsa. “Il suo impatto rimarrà fra le nostre pagine” scrive in un post suInstagram la libreria, ricordando la scomparsa dell’autrice, uccisa da un raid aereo. La guerra israeliana, denunciano molti report delle Nazioni Unite, è anche contro la cultura e la storia della presenza palestinese a Gaza. “Qui era entrato Bill Clinton insieme a Yasser Arafat” ricorda Ahmad al Kafarna, indicando un punto fra i detriti del centro culturale Rashad al-Shawa. “Mi sembra impossibile che ora siano rimaste solo le macerie e che io viva fra le mura del posto dove lavoravo”. Incredulo, Al Kafarna, sentito dal quotidiano saudita, racconta che il centro culturale, che porta il nome dell’uomo che fu sindaco di Gaza fra il 1975 e il 1982, era il punto di ritrovo per grandi eventi culturali. “Ci passavano politici da tutto il mondo quando venivano nella Striscia” spiega. “Li si erano seduti Clinton e Arafat durante una conferenza stampa”. L’uomo guarda le macerie. Il tetto non c’è più, i muri sono neri perché bruciati dal fuoco delle bombe. Bombe che hanno distrutto anche la libreria dedicata a Edward Said, intellettuale palestinese autore di Orientalismo. O la moschea al Omari, che al suo interno custodiva manoscritti in arabo risalenti a oltre duecento anni fa. Nella conta dei siti bombardati ci sono la quasi totalità delle librerie municipali. Poi c’è la vita reale. “Ogni pasto consuma 3 libri” dice Sundus al Afifi, giovane rifugiata che attizza il fuoco con le pagine di un volume acquistato per strada”. Al giorno, stima, “sono 12 libri che brucio ma qui non c’è gas: cosa devo fare?” domanda, mentre i bombardamenti continuano. Le persone muoiono una volta, ma la cultura viene uccisa con i piccoli gesti, scompare. Come la storia della Striscia di Gaza.L'articolo Quei libri venduti sui marciapiedi di Gaza (e i loro usi alternativi): “Quanto costano? Dipende cosa ne deve fare chi li compra” proviene da Il Fatto Quotidiano.