“Non ricordo volti né nomi, vivo di appunti. Se potessi vivrei la vita di un carrozziere”: Marco Bocci e la battaglia con la memoria dopo l’infezione cerebrale

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“Ci sono molte cose di quel periodo che non so mettere a fuoco, le so solo perché me le hanno raccontate”. È con questa confessione disarmante che Marco Bocci affronta la realtà della sua vita dopo la grave infezione cerebrale che, nel 2018, gli ha cancellato parte dei ricordi e causato problemi di memoria persistenti. In un’intervista a VanityFair, l’attore 42enne ha spiegato di vivere i giorni che precedono ogni intervista o spettacolo teatrale con “una certa ansia”, simile a una Notte prima degli esami, perché sa di dover restare costantemente concentrato.Il problema di memoria di Bocci non è solo l’oblio, ma la difficoltà di associare i volti ai nomi e di ricordare i fatti di quel periodo cruciale della sua vita: “Il vero problema è che non mi ricordo i volti e non li associo ai nomi”, ha confessato. La sua strategia per sopravvivere alla vita pubblica è quella di “far finta di conoscere sempre tutti”. Ma il bluff spesso fallisce, portandolo a parlare “in maniera affettuosa, anche intima, con le persone, cercando di trovare un aggancio”. La verità viene a galla solo quando gli chiedono un selfie: “Ma porca miseria, non le conoscevo mica”.La sua vita è diventata una battaglia quotidiana contro l’oblio, che lo costringe a una disciplina ferrea: “Ho quaderni pieni di appunti, note sul cellulare. Il vero problema è che non mi ricordo i volti e non li associo ai nomi. La mia strategia è far finta di conoscere sempre tutti. Ma poi che cosa succede? Che mi metto a parlare in maniera affettuosa, anche intima, con le persone cercando di trovare un aggancio nella conversazione che mi riporti alla memoria chi sono. All’inizio, questa cosa mi ossessionava, adesso, accetto la situazione: se non ricordo qualcosa, pazienza”.In questi giorni, l’attore ha affrontato un’ulteriore sfida professionale e personale: lavorare per la prima volta al fianco della moglie, Laura Chiatti, sul set della miniserie natalizia Se fossi te. Un’esperienza che si è rivelata un’analisi “maniacale” del loro rapporto. “Non avevamo mai recitato insieme. È stata l’occasione per guardarci in maniera diversa”, ha spiegato. Normalmente, “non ci eravamo mai soffermati a osservarci in modo così maniacale, dalle piccole espressioni ai modi di reagire, di parlare”. L’esperienza è stata straniante: “È stato come osservare una persona diversa da quella con cui sto da 11 anni all’interno di un contesto che, per assurdo, conosco molto bene. C’era una sorta di conflitto di interessi di famiglie. Ma è stato molto divertente”. Nonostante le sue paranoie iniziali sul mescolare vita e professione (“Ho sempre pensato che ci voglia una separazione tra vita e professione. Più stai con tuo marito, tua moglie, più aumenta la possibilità di trovarsi a discutere”), l’attore è felice del risultato. E, con l’occasione, ha poi ricordato di quando Laura Chiatti gli chiese il divorzio subito dopo essersi sposati: “Com’è possibile giurarsi amore eterno e divorziare poche ore dopo?”. Quando me lo ha detto ci ho creduto al 20 per cento”.La sfida più profonda, però, è arrivata dai suoi figli, Enea (11 anni) e Pablo (10 anni). Bocci ha spiegato che i bambini di oggi sono “precoci” e “hanno le idee chiare su quali siano i loro bisogni”. “Il che vuol dire che si accorcia il periodo in cui vedono i padri e le madri come eroi, qualunque cosa facciano. Iniziano presto a dirti se sono d’accordo o no con quello che fai e dici”. Questo anticipo nel giudizio lo ha costretto a riflettere sul suo passato di “conflitti”: l’attore ha ricordato la sua adolescenza “insoddisfatta”, quando sfogava la sua frustrazione urlando con i genitori per una motocicletta o una macchina negata, uno scontro che in realtà era “un pretesto” per un cambiamento.Di fronte al futuro, Bocci si è mostrato sereno, ammettendo poi di detestare la vita frenetica che conduce: “Per quanto ami il mio lavoro, detesto la vita che faccio. Avrei bisogno di regolarità, vorrei viaggiare solo in vacanza. Sono un abitudinario, amo la casa dove vivo, le cose semplici”. Ma la sua strategia per la memoria e per la vita è chiara. Se non ricorda qualcosa, “pazienza”. E se un giorno potesse vivere la vita di qualcun altro? “Vorrei vivere tutti i giorni la vita di chi si fa meno pippe mentali di me. Fare un lavoro che mi consenta di staccare un po’ il cervello, vivere la vita di un carrozziere“. Un lavoro manuale, concreto e “dritto”, l’esatto opposto del tumulto emotivo in cui il suo mestiere lo costringe a vivere.L'articolo “Non ricordo volti né nomi, vivo di appunti. Se potessi vivrei la vita di un carrozziere”: Marco Bocci e la battaglia con la memoria dopo l’infezione cerebrale proviene da Il Fatto Quotidiano.