La mia amica Eva, la crisi sentimentale dei 50 anni tra lampi almodovariani e scintille comiche alleniane.

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“Voglio tornare ad innamorarmi”. La crisi (sentimentale) dei 50 anni spiegata (e raccontata) bene. Ci voleva un’operetta ironica e garbata come La mia amica Eva dello spagnolo Cesc Gay per evocare un passaggio della vita adulta, una specie di sliding doors stagionato, che emana sapore di boomer e malinconica incertezza. Eva (Nora Ravas) sta per compiere 50 anni. Sposata da 25 anni con un bel signore, due figli, lavoro senza fronzoli intellettuali nell’editoria catalana, mentre si trova a Roma per lavoro ad un tavolo della colazione dell’albergo incontra Alex, un simpatico gujonista (sceneggiatore ndr), che è poi Rodrigo de la Serna (“quanti argentini ci sono a Barcellona”), l’Alberto Granado di I diari della motocicletta. Lui la corteggia gentile, lei attratta lo lascia fare poi si ritrae e finisce a notte fonda, nemmeno una carezza, con un nulla di fatto.Tempo del risveglio e Eva trova una copia di un libro con il numero di telefono di Alex. Chiuso. Finito. Ma nemmeno per idea. Al ritorno a casa, durante una cena tra amici l’inconscio di Eva bussa alla porta delle chiacchiere in pubblico. La crepa nella sua mente c’è già. L’amante vero, che risponde su whatsapp dopo giorni, non tanto. Tempo un paio di settimane ed Eva con cortesia chiede al marito di separarsi con tanto di nuovo appartamentino in affitto.Toni smorzati, quasi sottozero, tutto in punta di sofferta sorridente decisione. In La mia amica Eva nulla avviene con enfasi o celerità (in questo è un film molto boomer). Gay, celebre in Spagna per parecchie commedie tra cui un campione d’incassi come Truman – un vero amico è per sempre, non ha fretta di srotolare le minimamente accidentate e mai troppo trascinanti esperienze di contatto umano e di sesso post separazione della protagonista. Anzi, le lavora a fuoco lento, concedendo istanti di buffa ilarità tra menopausa e cioccolate, ormoni mancanti e fugaci schermate di Tinder.Non c’è infine una plateale agnizione di errore nella scelta matura di Eva, semmai senza conclamato rumore in scena va il “gioco dell’amore” nella sua incontrollabile imprevedibilità. La mia amica Eva ha lampi almodovariani (la scena di gruppo a teatro) e scintille comiche di dialogo su un sottofondo dalle atmosfere alleniane. E un po’ come nella chiosa del cuore “muscoletto molto elastico” in Hannah e le sue sorelle qui tocca a Leonard Cohen chiudere con Ain’t no cure for love. Distribuisce Teodora.L'articolo La mia amica Eva, la crisi sentimentale dei 50 anni tra lampi almodovariani e scintille comiche alleniane. proviene da Il Fatto Quotidiano.