Benissimo la legge sull’obesità riconosciuta come malattia cronica, ma ora serve sostanza

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L’Italia è il primo Paese in Europa a riconoscere l’obesità come malattia cronica, progressiva e recidivante. È il risultato di una storica approvazione al Senato che trasforma in legge il disegno n. 1483. La nuova legge prevede un programma per la prevenzione e la cura dell’obesità, l’istituzione di un Osservatorio ministeriale per lo studio della malattia, l’obbligo di formazione per medici e pediatri, e finanziamenti dedicati che partono da 700.000 euro per il 2025 fino a 1,2 milioni annui a regime.Non si può non accogliere con enorme favore una misura che, finalmente, riconosce l’obesità come una patologia. E’ una forma di rispetto, di attenzione, soprattutto un riconoscimento basato sulla scienza, perché l’obesità non solo è un enorme problema in sé – impedisce una vita normale, rendendola un mezzo inferno – ma soprattutto porta con sé altre malattie, in una catena spesso difficile da spezzare.Gli obesi, così come le persone in forte sovrappeso, vivono malissimo. Le loro giornate sono tutte in salita, perché muoversi è faticoso, respirare è più difficile, non parliamo di prendere i mezzi, o fare comunque cose che richiedano fatica anche per chi non è in sovrappeso, come salire le scale in un palazzo senza ascensore. Chi è obeso sta costantemente male, in una condizione di autentico disagio fisico e malessere. In più, spesso deve subire lo stigma assurdo di molti che ancora credono alla favoletta moralistica per cui chi è “grasso” è colpevole di esserlo, perché potrebbe mangiare meno e dimagrire.Sappiamo benissimo, lo dice anche la scienza, che non è così. L’obesità ha una causa multifattoriale, ci possono essere aspetti metabolici, ormonali, genetici. Pesano moltissimo anche aspetti sociali ed economici, perché se se povero o non riesci comunque a comprare cibo adeguato è più facile ingrassare. E se sei povero, è più difficile dimagrire, quando invece risorse economiche consentono di pagare palestre, personal trainer, nutrizionisti e psicologi. Inoltre, più si va avanti con gli anni, più diventa difficile dimagrire, con il rischio che diventi una condizione cronica. In sostanza, è come essere malati per sempre.Ben venga dunque questa legge sacrosanta e bene che sia stata approvata in Italia, in genere ultima a livello normativo su tanti fronti. Bene anche perché l’obesità è in crescita pure tra i bambini, come ben sappiamo. Affermare che si tratta di una malattia, soprattutto, toglie lo stigma morale: sono obesa/o perché sono malato, non perché non ho volontà, o perché mi abbuffo di notte, oppure mi trascuro e mi voglio del male, “ma come fai a ridurti così”, dicono in tanti, aggravando il dolore.Se però lo stato dichiara che l’obesità è una malattia, allora lo stato dovrebbe cambiare su molti fronti. Servono, soprattutto, molto più soldi di quelli messi al momento, purtroppo veramente esigui. Perché se l’obesità è una patologia cronica è giusto che chi ce l’ha possa usufruire delle esenzioni per patologia, e quindi poter avere analisi, visite senza pagare o pagando meno. Ma non è solo sul fronte della cura il problema. Gli obesi sono malati cronici. E come tali avrebbero diritto anche a una percentuale di invalidità. Questo potrebbe dar loro accesso in maniera agevolata ad alcuni lavori, riducendo la disoccupazione tra gli obesi perché, guarda un po’, vengono assunti meno dei magri. Inoltre, in casi di obesità davvero grave, lo stato dovrebbe riconoscere l’impossibilità di lavorare, e concedere una pensione anticipata o comunque un importo per vivere degnamente.Guardiamoci intorno: purtroppo ad oggi neanche i malati gravi ricevono dallo stato un aiuto che gli consenta di vivere. Bisogna avere malattie gravissime, terminali oppure tremende come la Sla per poter accedere a fondi che comunque non bastano assolutamente a coprire le cure. Per avere il riconoscimento di una invalidità che comporti un aiuto economico, oggi, in Italia, bisogna dunque essere malato gravissimo, bisognerebbe – per dirla con una amara battuta – tagliarsi gambe e braccia e forse allora lo stato ti passerebbe qualche centinaio di euro.Insomma, il problema è generale e riguarda l’assenza di welfare, di aiuti, per persone che hanno difficoltà. In un paese che invecchia, invece, queste persone crescono e rimangono sempre più scoperte, senza pensione, senza tutele. È un discorso lungo che ci porterebbe lontano. Ma tornando agli obesi, il punto è: benissimo il riconoscimento della malattia, benissimo l’Osservatorio, benissimo la formazione. Ma non basta. Servono risorse concrete per aiutare chi fa fatica a vivere, perché se sei obeso la fatica di vivere è immensa.Sono in arrivo anche da noi – le case farmaceutiche spingono perché lo stato li riconosca anche agli obesi – i farmaci a base di semaglutide che fanno dimagrire e che impazzano in America. Su questi farmaci non ci sono abbastanza studi e soprattutto la loro diffusione rischia di far passare in secondo piano il tema dell’educazione alimentare e dello stile di vita. A pensar male, si potrebbe pensare che questo riconoscimento sia un preludio a che lo stato riconosca questi medicinali anche agli obesi, una vittoria per chi li produce.Cerchiamo di non pensar male e limitiamoci a dire: bella questa legge, finalmente una legge che alza il livello del dibattito. Ora però metteteci i fondi. Quelli che servono per curare chi è obeso. Quelli che servirebbero per sostenerli se non riescono a lavorare a causa dell’obesità. Altrimenti, si rischia solo di avere una bella norma senza sostanza. E non è quella che ci serve, né serve a loro.L'articolo Benissimo la legge sull’obesità riconosciuta come malattia cronica, ma ora serve sostanza proviene da Il Fatto Quotidiano.