Ci si può illudere di essere consapevoli, di aver capito davvero il genocidio di Gaza, di aver impresso nelle retine una quantità sufficiente di corpi straziati, cadaveri nella polvere, bambini a cui è stata soffiata via l’anima, per avere un’idea compiuta di cosa sia l’abisso, il baratro dell’essere umano. “La voce di Hind Rajab” sgretola ogni velleità. L’opera di Kaouther Ben Hania disegna una dimensione dell’orrore sconosciuta, si aggancia come un artiglio a un punto oscuro della coscienza – per chi coltiva il lusso di possederne ancora una – e graffia senza pietà per un’ora e mezza. Non una goccia di sangue o un espediente gratuito sullo schermo, solo una forma d’onda: la voce di una bambina che non c’è più. Il film più spaventoso mai realizzato, una storia vera.Mercoledì 1 ottobre al Cinema Adriano di Roma il Fatto Quotidiano e IWonders Pictures hanno organizzato una proiezione assieme a Francesca Albanese, relatrice speciale dell’Onu sui Territori palestinesi occupati e Clara Khoury, che in questa splendida, massacrante pellicola interpreta la psicologa della Mezzaluna Rossa Palestinese. La sala era completamente esaurita. Con il direttore del giornale Marco Travaglio, il fondatore Antonio Padellaro e la presidente di Seif Cinzia Monteverdi, diversi protagonisti dello spettacolo e dell’informazione (da Gabriele Muccino a Laura Morante, da Diego Bianchi a Veronica Gentili), un pubblico composto e commosso. Il film è stato introdotto da Maddalena Oliva, vicedirettrice del Fatto, negli stessi minuti in cui l’esercito israeliano arrestava le prime barche della Global Sumud Flotilla, dove è inviato anche il nostro amico e collega Alessandro Mantovani. “Abbiamo organizzato la presentazione prima del film – ha detto Maddalena – perché sappiamo che dopo averlo visto, nessuno avrà la forza di parlare. Anche oggi a Gaza sono morte 51 persone, 9 bambini”.La giornalista ha letto una testimonianza inviata da Rosa, operatrice di Medici Senza Frontiere a Gaza (sabato il Fatto andrà in edicola in edizione speciale per sostenere la Ong): “Oggi in ospedale dovevo gridare per sentire la mia voce, i droni erano ovunque, il ronzio assordante, poi internet è saltato per tutto il giorno. Medici Senza Frontiere è stata costretta a chiudere le cliniche nel nord di Gaza, circondate dalle forze israeliane. Siamo determinati ma affranti. I nostri camion, carichi di forniture mediche e umanitarie, sono bloccati al confine. Continuate a mobilitarvi per Gaza, vi vediamo e ci sentiamo meno soli”.Clara Khoury ha raccontato la sua esperienza con Kaouther Ben Hania: “Da quando è iniziato il genocidio ero lacerata, distrutta, depressa. Mi chiedevo cosa potessi fare da palestinese per aiutare. Quando ho ricevuto la chiamata della regista, ho accettato immediatamente, il copione mi ha sconvolta”. Poi ha guardato il pubblico in sala: “La storia di Hind è la storia di migliaia. Spero che possa raggiungere il cuore e farvi riflettere sulla vostra responsabilità di esseri umani. In Italia c’è un movimento importante, bisogna amplificarlo. Per favore, alzate la voce”. Francesca Albanese ha reso più chiaro il contesto della tragedia: “Gaza è una parte del territorio palestinese occupato, una regione grande quanto un terzo di Roma. Immaginate una terra così piccola dove stavano stipati, in un ghetto, oltre 2 milioni di persone, di cui metà bambini. I palestinesi vivono sotto occupazione militare dal 1967, ogni anno vengono arrestati 700 minori solo in Cisgiordania. Dal 7 ottobre 2023 siamo a 20mila bambini morti e la vita di ognuno di noi continua tranquilla. Immaginatevi se vi dicessi che sono stati ammazzati 20mila bimbi italiani, francesi, israeliani. Si rivolterebbe il mondo, giustamente. La risposta che sta nascendo a livello popolare, la fermano le istituzioni: siamo a questo paradosso”.Si abbassano le luci, inizia il martirio. Hind Rajab, “Hanood”, aveva 5 anni e mezzo. Frequentava “La classe delle farfalle”. Glielo sentiamo dire nell’audio, autentico, trasmesso nella pellicola: il filo che lega il cinema alla realtà atroce dei fatti. Andava alla scuola materna “La casa della felicità”, le parole degli adulti sono inganni. “I miei zii non si sono addormentati – risponde Hanood agli operatori della Mezzaluna – sono morti. Sono morti tutti”. Poi la sala si svuota in silenzio. Si dondola tra dolore, vergogna, colpa, una rabbia sorda. Il cinema può togliere le parole e riempire di senso. Contribuire – forse è un’illusione – a cambiare la realtà.L'articolo “La voce di Hind Rajab”. Alla proiezione organizzata dal Fatto anche Francesca Albanese: “La risposta popolare all’orrore di Gaza è fermata dalle istituzioni” proviene da Il Fatto Quotidiano.