Dunque papa Bergoglio non era un improvvisatore bizzoso, incline alle gaffe, quando toccava il tema delle crisi internazionali. Dio non paga il sabato, ma il lunedì – dice un proverbio. E con il passare del tempo appare chiaro che il pontefice argentino aveva un notevole intuito nelle questioni geopolitiche.Molto rapidamente papa Francesco ha capito il buco nero in cui stava scivolando l’Israele di Benjamin Netanyahu. E’ il novembre 2023, sei settimane dopo l’attacco barbaro di Hamas ai villaggi israeliani. Il pontefice riceve in Vaticano un gruppo israeliano di parenti di ostaggi di Hamas e un gruppo di parenti di palestinesi imprigionati nelle carceri israeliane.Dopo la strage del 7 ottobre, che ha fatto 1200 morti israeliani, sono scattati i bombardamenti massicci sulla Striscia di Gaza ordinati dal governo d’Israele. “Questa non è guerra, è terrorismo”, commenta Francesco, ricordando che entrambi i popoli hanno il diritto di vivere in pace. In ambienti ebraici si accusa il pontefice di gelida equidistanza. Non è così, è un’analisi lucida. Più prosegue l’offensiva israeliana e più si manifesta come un indistinto massacro di civili.Alla vigilia dello scorso Natale il pontefice argentino, quando ancora altri capi di stato lamentano genericamente la tragedia della Striscia, Francesco denuncia la “tanta crudeltà… i bambini mitragliati… i bombardamenti di scuole e ospedali”. Contemporaneamente, in un libro pubblicato per il Giubileo, Francesco lancia un allarme: “A detta di alcuni esperti, ciò che sta accadendo a Gaza ha le caratteristiche di un genocidio. Bisognerebbe indagare con attenzione per determinare se s’inquadra nella definizione tecnica formulata da giuristi e organismi internazionali”. Lo svolgersi degli eventi dopo la sua morte gli darà ragione.Inutilmente il premier Netanyahu gli fa lo sgarbo di non partecipare ai suoi funerali. Papa Bergoglio ha colto da subito la prospettiva orrenda su cui si è incamminata l’attuale politica di Israele. Ha poco senso dibattere se tecnicamente valga la pena di usare la parola genocidio (lo scrittore Grossman ne è dolorosamente convinto, Liliana Segre preferisce parlare di crimini di guerra e contro l’umanità). Ciò che emerge è un gusto spietato della strage e un sadismo apparso evidente in quegli esponenti di governo israeliani che proclamavano soddisfatti dinanzi al mondo che a Gaza non entrava neanche un sacco di farina, nessun medicinale, nessun carburante, nessuna energia.Mentre nel frattempo continua in Cisgiordania la violenza omicida contro i “nuovi negri” del XXI secolo; i palestinesi e i beduini assassinati dai coloni israeliani – con l’esercito che sta a guardare – e a cui si bruciano case e armenti e coltivazioni al grido di “andatevene da questa terra”. Nei giorni scorsi l’Avvenire ha ricordato la vicenda di Odeh Hadalin, collaboratore alla realizzazione del film No Other Land, ucciso da un colono israeliano poi rapidamente scarcerato perché non si sarebbe provata la sua “volontà di uccidere”. Un video mostra però chiaramente il colono che punta la pistola al petto di Odeh. Intanto l’assassino è libero e il corpo del palestinese è stato sequestrato dalle autorità israeliane. D’altronde la stragrande maggioranza delle indagini ufficiali su crimini di guerra si è sempre conclusa con un nulla di fatto.Lo guardo profetico di Francesco è stato inverato dal suo successore Leone XIV, che dopo l’attacco alla parrocchia cattolica di Gaza ha denunciato la “barbarie” della guerra in atto e ha ricordato al governo di Tel Aviv il divieto internazionale di “punizione collettiva, uso indiscriminato della forza e spostamento forzato della popolazione”. Proprio quello che si accinge a fare la leadership israeliana con l’occupazione totale di Gaza City e la cacciata dal luogo di centinaia di migliaia di gazawi, auspicando che alla fine un milione abbandoni la sua terra. “Fermatevi!” è stato il titolo a tutta pagina dell’Osservatore Romano a commento della decisione di Netanyahu.La Santa Sede conserva memoria di tutto. Registra che il premier israeliano ha dichiarato che Gaza non verrà in futuro amministrata dall’Autorità palestinese ma da non meglio precisate entità arabe. La Santa Sede sa che il governo israeliano ha rotto i patti, concordati a inizio anno con il presidente americano Biden e il Qatar per una fine del conflitto. Sa che l’attuale premier nel corso degli anni ha rotto gli accordi di Oslo per la nascita di uno stato palestinese. Infine la Santa Sede ha preso atto che il parlamento israeliano ha espresso con 71 sì e 13 no la volontà di annettere la Cisgiordania, cancellando dalla faccia della terra i palestinesi.Dinanzi all’abisso, alla “carneficina” come l’ha definita il ministro degli Esteri Tajani, anche l’associazionismo ebraico è chiamato a prendere posizione. A Pasqua la presidenza dell’Unione comunità ebraiche italiane ha inviato alle Chiese cristiane un intenso messaggio, sottolineando il dovere di “essere sempre capaci di guardare all’altro come persona, con la dignità che merita ogni essere umano”. L’etica della responsabilità impone ora la domanda: l’associazionismo ebraico è pronto a dissociarsi dalla linea di Netanyahu e a chiedere che oggi – non in un fumoso futuro – accanto al focolare ebraico (Israele) nasca un focolare palestinese secondo le parole del presidente Mattarella?L'articolo Bergoglio aveva visto lungo su Israele: ora l’associazionismo ebraico deve prendere posizione proviene da Il Fatto Quotidiano.