Quattro anni fa, il 15 agosto 2021, le forze internazionali abbandonavano l’Afghanistan e al potere tornava il governo talebano. In quei giorni, tutto il mondo osservava le drammatiche immagini dell’assalto agli aerei dei civili che cercavano di fuggire dal Paese. Poi pian piano i riflettori si sono spenti, nonostante i civili, e in particolare le donne, stiano tuttora pagando il prezzo altissimo di un conflitto lungo 40 anni, e di una crisi economica sempre più grave. Una situazione che non è destinata a migliorare alla luce del non riconoscimento internazionale dell’autorità de facto, della scelta nel corso del 2025 da parte dall’amministrazione Trump di tagliare i fondi all’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID), e del crescente disinteresse della comunità internazionale.Emergency ha una lunga storia di impegno in Afghanistan, dove è presente dal 1999 e può aprire una finestra sul Paese per comprendere meglio quale sia la situazione oggi. Nelle sue strutture sparse nel Paese, i postumi della guerra sono ancora evidenti. Feriti da mina antiuomo, accoltellamenti e sparatorie, attentati continuano ad affollare i reparti dell’ospedale di Kabul. Le donne incinte raggiungono il Centro di maternità nella Valle del Panshir in condizioni sempre peggiori. E i loro bambini appaiono sempre più malnutriti.Ne parlano Simone Sposato, Deputy Country Director di Emergency in Afghanistan, collegato dal centro di Anabah, nel Panshir, e Francesca Bocchini, Advocacy Manager di Emergency per gli Affari Umanitari con le giornaliste del Fattoquotidiano.it Martina Castigliani e Giulia Zaccariello.A questo link puoi unirti alla campagna R1pud1A di Emergency contro la guerra.Tutti i progetti di Emergency in Italia e nel mondoL'articolo Quattro anni dal ritorno dei Talebani: chi ascolta ancora la voce degli afghani? La diretta con lo staff di Emergency proviene da Il Fatto Quotidiano.