Il sangue crea dei legami che vanno ben al di là del DNA. Infatti, essere parenti spesso significa essere simili, prova ne sia che molte famiglie sono conosciute per avere una certa caratteristica che ne accomuna tutti i membri.Di solito, si tratta di scelte professionali, o magari di qualità condivise, come succede nelle famiglie di avvocati o in quelle in cui sono tutti un po’ depressi.Il marchio di famiglia che accomuna i Cunningham, invece, è un tantino più originale. Tutti i membri di quella famiglia, infatti, hanno ucciso qualcuno, e la conseguenza più ovvia è che considerino i poliziotti come fumo agli occhi, e peggio ancora chi ci collabora.Purtroppo, però, in ogni famiglia che si rispetti c’è una pecora nera, e i Cunningham non fanno certo eccezione. Nel loro caso, la serpe in seno è Ernest, detto Ern, che ha denunciato suo fratello Micheal dopo averlo visto uccidere un uomo con le sue mani.Inutile dire che il gesto di Ern è stato considerato dai Cunningham come un tradimento più grave di quello di Bruto e Cassio ai danni di Cesare.In fondo, l’uomo che Micheal ha fatto fuori era quasi moribondo, anche se non era ben chiaro chi lo avesse ridotto in quelle condizioni. E poi, la vittima aveva con sé un bel po’ di soldi, che magari Micheal voleva spartire con il resto della famiglia. E allora, perché voler punire uno che aveva il nobile intento di aiutare i suoi parenti?Ern, quindi, dopo il fattaccio è stato praticamente ripudiato dai suoi, a cominciare da Audrey, la madre, che non vuole nemmeno rimanere nella sua stessa stanza. Così, quando la zia Katherine lo convoca ad una riunione di famiglia “con partecipazione obbligatoria”, il suo primo istinto è di tirarsi indietro. Ma non può, perché il sangue reclama i suoi diritti.A rendere ancora più penosa la situazione è il fatto che la riunione è stata organizzata per festeggiare l’uscita di prigione di Micheal. Per Ern, è quasi un incubo; si aspetta il peggio da suo fratello, così si reca nel resort della sperduta montagna australiana dove avverrà l’incontro con la morte nel cuore.Con sua grande meraviglia, tuttavia, il suo censuratissimo fratello quando lo vede lo abbraccia con un affetto che sembrerebbe quasi sincero. Ern, tuttavia, non ha il tempo di interrogarsi su quel comportamento.In quel resort sul cucuzzolo della montagna, infatti, si stanno presentando problemi ben peggiori.Ben presto, un uomo viene trovato morto, con le vie respiratorie ostruite dalla cenere. Il problema è che non c’è traccia di incendio e questo, come si dice in gergo, puzza di bruciato. E con l’hotel isolato a causa di una bufera di neve, Ern è l’unico che possa fare chiarezza sull’omicidio. Sempre sperando che non se ne verifichino altri, cosa alquanto difficile quando i Cunningham al gran completo sono nei paraggi.“Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno” è un giallo di Benjamin Stevenson, scrittore australiano inizialmente noto in patria perché fa parte di un duo comico insieme al fratello gemello.Il successo, tuttavia, Stevenson non se lo è guadagnato solo grazie alla capacità di far ridere a crepapelle il pubblico che lo segue fedelmente nella Terra dei Canguri.La popolarità, infatti, gli deriva anche dai suoi romanzi, in particolare da “Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno”, che è diventato campione di incassi e da cui è stata tratta una serie televisiva in corso di realizzazione.E in effetti, l’opera è piacevole e divertente. Il merito, più che del protagonista in sé, è della professione che si è scelto: niente meno che autore di manuali di scrittura creativa per aspiranti scrittori di gialli. Stevenson, così, attraverso la voce di Ern si diverte a svelare alcuni dei trucchi usati dagli autori per ricostruire l’ambientazione perfetta per un delitto, passando per le caratteristiche del colpevole ideale. Il risultato è uno stile molto particolare, reso ancora più originale da presunte anticipazioni sulla trama, che poi si rivelano tali solo in parte.Il romanzo, quindi, ha molti pregi, e finisce per riuscire a divertire il lettore nonostante i suoi personaggi. Si badi bene, non che non siano ben costruiti, anche se sono estremizzati; tuttavia, come è naturale visto il titolo dell’opera sono uno più negativo dell’altro, e di certo non suscitano simpatie.È interessante anche la trama, che fa più volte l’occhiolino ai classici di Sir Arthur Conan Doyle e della grande Agatha Christie, nonché al “Decalogo del giallo perfetto” di Ronald Knox. Tuttavia, pur essendo abbastanza avvincente, la storia in vari punti risulta un po’ forzata; del resto, anche questa è la naturale conseguenza della scelta di voler raccontare la vicenda di una famiglia in cui tutti sono assassini.Complessivamente, tuttavia, “Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno” è consigliabile a chi non esiga un capolavoro, ma si accontenti di un giallo divertente ed originale.Federica Focà