Bruxelles pronta a dirottare i Fondi di coesione. Lo scudo bipartisan delle regioni

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Sbuffa la Baviera, le fanno eco Veneto, Campania e Lombardia. Quasi tutti i territori degli stati membri, in realtà, contro l’iniziativa di Bruxelles per revisionare le modalità di utilizzo dei Fondi di coesione. Di fatto si tratta dell’unico strumento comunitario direttamente a disposizione delle regioni, ma anche un peso di primo piano per le casse dell’Unione europea: oltre 390 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, quasi un terzo del bilancio complessivo. Motivo per cui la seconda commissione von der Leyen inserirà delle modifiche strutturali all’interno della proposta di bilancio pluriennale, che sarà presentata mercoledì. L’intenzione è chiara: aumentare il potere dei governi nazionali a discapito degli enti locali – implicitamente accusati di spendere i Fondi poco e male. “Il cortocircuito è che così però verranno penalizzate soprattutto le regioni virtuose”, il monito dal nordest. “E in ultima analisi, a rimetterci saranno le nostre Pmi e i progetti imprenditoriali più innovativi”. La voce arriva estesa e compatta. Dalla Spagna alla Francia, dalla Germania all’Italia, dalla politica alle associazioni di categoria. “Giù le mani dai Fondi di coesione”, ha tuonato Luca Zaia. “Il centralismo è un passo indietro per l’Europa: difenderemo il modello regionale virtuoso, efficiente e radicato nel territorio”. Un punto di vista rilanciato via Foglio anche da Raffaele Boscaini, presidente di Confindustria Veneto: “Non possiamo permettere che questo strumento venga trasformato in un fondo emergenziale o centralizzato, perdendo il legame con le reali esigenze del tessuto produttivo locale. I Fondi di coesione erano stati ideati appositamente per la crescita strutturale delle Pmi e dei territori. La modifica che c’è sul tavolo della Commissione disperderebbe il loro obiettivo originario”. Secondo gli addetti ai lavori, “se viene cambiata la destinazione all’uso dei fondi, il rischio è di penalizzare le realtà virtuose”. In Italia gran parte dei finanziamenti è destinata al sud, ma le regioni del centro-nord – a cui comunque corrisponde una fetta cospicua del proprio budget: 4,4 miliardi la Lombardia, quasi 3 il Veneto – si sono dimostrate quelle più capaci di valorizzarli, reimpiegandoli in aree critiche quali innovazione industriale e ottimizzazione energetica. Così tutte le parti in causa si mantengono a stretto contatto con Bruxelles, per concertare insieme un’eventuale azione negoziale. Nel caso specifico si registra infatti consenso bipartisan. Non solo tra le varie amministrazioni locali – oltre alle roccaforti leghiste hanno risposto in coro 15 regioni su 20, tra cui l’Emilia-Romagna a trazione dem dove il governatore Michele De Pascale ha ribadito il suo secco “no a qualsiasi ipotesi di centralizzazione delle politiche di coesione”. Ma analoghe barricate arrivano pure dal M5s, certo non fra i paladini delle autonomie territoriali. “Il sud Italia pagherà un prezzo salatissimo dalla riforma prevista dalla Commissione europea”, hanno dichiarato gli europarlamentari Palmisano e Tridico. “L’Ue ha intenzione di cancellare finanziamenti e opportunità regionali per accorparli in unico fondo, dirottando una parte consistente di quelle risorse per il riarmo. Una vergogna assoluta che combatteremo in ogni sede”. I pentastellati accusano poi von der Leyen e Raffaele Fitto, commissario con delega alla politica di coesione. Eppure, i rapporti tra Ursula e il funzionario meloniano si sarebbero incrinati proprio attorno ai Fondi. E stando a quanto riporta il quotidiano americano Politico, Fitto non è affatto contento di questa iniziativa che rappresenterebbe una diminutio per il suo ruolo e soprattutto una grana difficile da giustificare a Roma. Inoltre la sua non sarebbe una posizione isolata all’interno della Commissione, anche per i danni collaterali che il centralismo provocherebbe nei casi più autocratici – c’è chi pensa a Orbán, libero così di tagliare i finanziamenti Ue alle regioni ungheresi di diverso colore politico. Tra i ranghi di Ursula insomma il confronto è aperto. Seguiranno trattative. E non è detto che alla fine vengano ignorate le istanze di “EUregions4cohesion”: la coalizione territoriale, sostenuta da 149 regioni europee di 20 stati membri, che nelle ultime settimane ha scritto una lettera congiunta a von der Leyen – e a Fitto in copia conoscenza – per fare marcia indietro sui Fondi di coesione. È l’Europa che lo chiede all’Europa.