Era l’agosto del 2019 quando a poche miglia da Lampedusa, alla nave della Ong ‘Open Arms’ fu impedito l’attracco e lo sbarco sull’isola siciliana di 147 migranti soccorsi nei giorni precedenti nel Mediterraneo. Il divieto d’ingresso nelle acque italiane, deciso dal ministero dell’Interno, guidato all’epoca da Matteo Salvini, innescò un braccio di ferro tra il Viminale e l’equipaggio della Open Arms che il 9 agosto decise, tramite i suoi avvocati, di fare ricorso al Tribunale dei minori, chiedendo lo sbarco dei migranti non ancora maggiorenni. Il blocco della nave e lo stallo nelle trattativeLa sospensione, da parte del Tar del Lazio, del divieto di ingresso disposto dal ministero, portò la ong a presentare un esposto alla Procura di Agrigento, denunciandone la violazione da parte di Matteo Salvini che continuava a rifiutare alla nave l’ingresso nelle acque italiane. I giorni di ‘stallo’ nelle trattative furono 18, con le condizioni igieniche a bordo sempre più difficili e con il tentativo da parte di alcuni migranti di raggiungere a nuoto la costa lampedusana.Fu il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio, dopo una ispezione a bordo, a decidere di sequestrare l’imbarcazione, disponendo lo sbarco dei migranti e avviando accertamenti. Poco dopo, la procura di Agrigento iscrisse il titolare del Viminale nel registro degli indagati per sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio in concorso con il suo capo di gabinetto Matteo Piantedosi. Le carte vennero trasmesse ai pm di Palermo (sede del Tribunale dei ministri), che formulò l’imputazione nei confronti di Salvini e archiviò la posizione di Piantedosi.Il rinvio a giudizio di Salvini e il processoIl 17 aprile 2021 il gup dispose il rinvio a giudizio al processo che iniziò il 15 settembre a Palermo. Un dibattimento andato avanti per oltre tre anni con 24 udienze nelle aule bunker delle carceri Ucciardone e Pagliarelli di Palermo. Una sfida lunga 45 testimoni: per la procura fu Salvini a decidere, per la difesa fu un atto politico collegiale. Sul banco dei testimoni hanno sfilato, fra gli altri, l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, l’ex ministro degli Esteri Luigi Di Maio e l’attuale ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.La richiesta della Procura e l’assoluzioneIl 13 settembre 2024, dopo sette ore di requisitoria, la pubblica accusa chiese la condanna di Salvini a 6 anni. Per la Procura, quello dell’ex ministro dell’Interno fu un “iter criminoso non concedere il porto sicuro ai migranti, rischiando di fare politica sulla pelle di chi soffre”. Un mese dopo, l’avvocata Giulia Bongiorno, legale di Salvini, nell’arringa conclusiva lesse l’intera vicenda con la lente della legittima scelta politica: “Si è trattato di una difesa dei confini“, disse. Durante l’arringa, Bongiorno accusò poi l’ong spagnola di aver perso tempo, di aver “bighellonato” per arrivare a mettere all’angolo il ministero e gli indirizzi politici del governo. Dopo otto ore di camera di consiglio, la decisione della seconda Sezione penale del tribunale di Palermo fu l’assoluzione. Per il collegio presieduto da Roberto Murgia, a latere Andrea Innocenti ed Elisabetta Villa, da parte di Salvini non ci fu nemmeno il rifiuto di firmare atti che erano di sua pertinenza in quanto ministro dell’Interno. Oggi il nuovo colpo di scena, con la Procura di Palermo che ha presentato ricorso in Cassazione contro quella decisione.Questo articolo Open Arms: dallo stop alla nave con i migranti al ricorso in Cassazione, le tappe del processo proviene da LaPresse