Segnatevi la data, il 13 luglio 2025 cambia il tennis italiano

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Ci sono volute 138 edizioni e due prove generali negli ultimi quattro anni – nel 2021 con Matteo Berrettini in finale contro Novak Djokovic e nel 2024 con Jasmine Paolini contro Barbora Krejcikova – prima che un italiano alzasse la coppa d’argento dorato alta 18 pollici che va al vincitore del torneo di singolare a Wimbledon. Il 13 luglio 2025 diventa una data spartiacque per lo sport azzurro. Non la dimenticheremo noi che eravamo tra i quindicimila della Centre Court e non la dimenticherà chiunque fosse davanti a una tv o a spulciare freneticamente uno smartphone. E se anche voi c’eravate, potrete dirlo con orgoglio in futuro: «Ho visto Sinner trionfare a Wimbledon»Sinner trionfa a Wimbledon: Alcaraz battuto in 4 set. E’ la prima vittoria di un italianodal nostro inviato Massimo Calandri 13 Luglio 2025A contare, se abbiamo un po’ capito com’è Jannik, è il gesto delle tre manate con il palmo date, senza picchiare forte, all’erba curata dai 24 giardinieri guidati da Martyn Falconer, dopo l’ultimo servizio vincente: “Adesso sei mia – significano – ti ho domata, e con te ho domato quelli che mi hanno messo in dubbio negli ultimi 34 giorni”, ché tanti ne sono passati dalla finale del Roland Garros.Sinner e l’abbraccio con mamma Siglinde: la carezza che ha commosso WimbledonAndrea Sereni 13 Luglio 2025Infatti, dove eravamo rimasti? Qui, esattamente qui, seppure a 340 chilometri a nord-ovest di Parigi. Perché è come se sul Centrale londinese si ripartisse proprio dall’incredibile 4-6 6-7 6-4 7-6 7-6 che aveva annichilito Sinner ed esaltato Alcaraz il 9 giugno. Così, il primo set di oggi è di fatto il sesto del duello tra i numeri 1 e 2 del mondo, che si battono sì per un altro titolo Slam, ma soprattutto per stabilire chi tra loro sia il GOTS, il Greatest of the Season.Il montepremi di Sinner: tre milioni e mezzo per la vittoria a Wimbledondi Jacopo Manfredi 13 Luglio 2025Un po’ di cronaca. In apertura, lo spagnolo va presto in difficoltà per colpa di un break, ma poi rimonta e, all’ultima occasione, si prende il parziale iniziale per 4-6. Sembra di vivere il giorno della marmotta nella versione sudtirolese-murciana, con l’italiano che tenta la fuga e Carlitos che lo va a riacciuffare e poi, sul traguardo, con un colpo di reni lo fulmina.Meno male che, come accade a Bill Murray in Ricomincio da capo, è nel secondo set (o è il settimo?) che l’incantesimo si spezza, quando Jannik riesce a mantenere fino all’ultimo quindici il vantaggio conquistato in partenza (6-4). Da quel preciso momento si capisce che s’è esaurita l’inerzia negativa cominciata nel terzo set sul rettangolo rosso del Philippe Chatrier e che, da adesso, il confronto si deciderà sui particolari: un raro errore non forzato, una traiettoria che finisce fuori di millimetri, una risposta lungolinea irraggiungibile, soprattutto la forza espressa dall’italiano e la capacità di domarla da parte dello spagnolo.Il successivo break si materializza nel nono gioco del terzo set, e manda Sinner a servire per prendere il largo (6-4). Nulla cambia nel parziale successivo, che il numero 1 ATP ipoteca con un break e chiude con un formidabile servizio. È fatta. Poi è il momento della breve cerimonia in campo con la principessa Kate, delle congratulazioni di rito all’avversario e al suo team, delle fotografie, della lunga trafila di strette di mano, degli affacci dal balcone, dei sorrisi e dei ringraziamenti. In tarda serata è in programma perfino l’evento formale del Champions’ Dinner, dove forse il ragazzo della Val Fiscalina ballerà con la ragazza di Varsavia, Iga Swiatek.È facile immaginare che qualcuno si chiederà adesso – dopo il Roland Garros e i Championships – se sia più efficace lo “stile Sinner” o lo “stile Alcaraz”. È questione di scelte e di comportamenti che necessitano di qualche esempio. In tarda mattinata, oggi, Sinner s’era allenato con i suoi coach e lo sparring partner sui campi dell’area Aorangi, alla quale possono accedere solo i team e i giornalisti accreditati. Alcaraz, invece, aveva preferito raggiungere dopo mezzogiorno il campo 14, che dà direttamente sul viale principale del club, dove almeno trecento fortunati avevano avuto l’opportunità di vederlo, lì vicino, sparare dritti e rovesci, seduti sulle tribunette oppure affacciati dalle terrazze del Media Center. Al termine della sessione, Carlitos aveva abbracciato ciascun membro della squadra, cominciando dal capocoach Juan Carlos Ferrero; poi aveva salutato uno a uno decine di spettatori, s’era sottoposto a più selfie di Salvini in una giornata standard, aveva regalato le palle usate per l’allenamento e ringraziato chi era rimasto a guardarlo in religioso silenzio per tre quarti d’ora. Una ragazzina era persino riuscita a consegnargli una letterina in una busta rossa.La bolla nella quale trova rifugio e tranquillità il silenzioso manipolo del sudtirolese è l’opposto del clan murciano un po’ caciarone. Mediaticamente, i secondi funzionano meglio. Giorni fa, il gruppone variegato di collaboratori, amici e parenti dello spagnolo – una quindicina di persone – era a cena al ristorante Buenos Aires al Wimbledon Village, che serve bisteccone argentine senza farle pagare a peso d’oro. Delle serate di Sinner, invece, nulla si sa. Probabilmente né lui né i coach Vagnozzi e Cahill si sono mai avventurati fuori casa, ovunque essa sia.Per quanto riguarda i risultati, l’isolamento volontario della squadra di Jannik comporta non pochi vantaggi. L’unico timore è che, così, Jannik rischi di subire l’effetto Swiatek, una che vince 6-0, 6-0 la finale ma la Centre Court l’applaude meno della sconfitta Anisimova. Oppure che, a lungo andare, soffra come Novak Djokovic, che sugli scaffali ha più coppe di Slam di chiunque eppure resta il Ringo Starr dei Fab Four: meno amato e ammirato di John-Roger e di Paul-Rafa, e – almeno in Gran Bretagna – di George-Andy. Insomma, la legittima esigenza espressa da Jannik di mantenere la propria privacy, così funzionale ai suoi successi, potrebbe essere mitigata da una maggiore empatia con l’ambiente dei tornei, con i tifosi, con la stampa. È il modesto consiglio di un anziano cronista, che oggi è peraltro felicissimo.