Sono undici i nuovi detenuti arrivati da poco nel carcere romano di Rebibbia. Tutti e undici tenuti in isolamento perché ritenuti problematici e trattati con psicofarmaci. Uno solo si è mostrato tranquillo e dopo pochi giorni apparentemente a suo agio negli spazi angusti del braccio G6 (quello dei “nuovi giunti”) della prigione. Lui è Francis Kaufmann, l’americano accusato dalla procura di Roma del delitto della compagna Anastasia e della figlioletta Andromeda, che non aveva ancora compiuto un anno. Gli altri dieci compagni del braccio sono nervosi, anzi agitatissimi di fronte a chi è venuto in visita per sincerarsi delle loro condizioni di detenzione.«Non sono perché sono qui. Sono innocente e il tribunale lo riconoscer໫Non so perché sono qui», ha esordito Kaufmann parlando in inglese con l’ex parlamentare del Pd, Elisabetta Zamparutti, che faceva parte della delegazione guidata dalla presidentessa di “Nessuno tocchi Caino”, Rita Bernardini, in visita a Rebibbia alla fine della mattinata di martedì 15 luglio, aggiungendo: «Non ho fatto nulla che meriti il carcere, non sono colpevole delle accuse che mi sono state rivolte, e sono sicuro che il tribunale lo accerterà». Una autodifesa naturale: quasi nessuno che finisce in carcere si proclama colpevole, e oltretutto chi fosse accusato di avere ucciso una bambina così piccola per il codice di onore del carcere avrebbe seri problemi di sicurezza.Rita Bernardini, presidentessa dell’associazione “Nessuno tocchi Caino”«Mi hanno trattato bene. Però vorrei il mio cuscino senza cui non riesco a dormire»Kaufmann, che si è presentato ai visitatori a torso nudo e indossando solamente un boxer, aveva da poco finito l’interrogatorio di garanzia con i magistrati davanti a cui aveva fatto scena muta. A differenza di quel che era avvenuto sul volo aereo che lo portava in Italia dalla Grecia, durante il quale aveva accusato i poliziotti di averlo picchiato, l’uomo di villa Pamphili ha parlato bene del personale di polizia penitenziaria che si è occupato di lui in questi primi giorni: «Sono stati molto gentili e mi hanno trattato bene». Si è lamentato di due cose però: la direzione del carcere non ha consentito l’ingresso in cella di un cuscino che si era portato dietro che secondo lui è il solo su cui riesca ad addormentarsi, e ha chiesto alla Zamparutti se potesse aiutarlo a riaverlo con sé «anche perché in questo braccio del carcere è impossibile dormire. Gli altri urlano tutta la notte». La seconda lamentela è stata: «Qui mi manca l’aria. C’è una finestrella che affaccia sul corridoio, ma vorrei uscire nel passeggio dove vanno tutti e dove finora non mi hanno fatto mai andare». Il passeggio per l’ora d’aria in realtà è una struttura di tre metri per quattro, racchiusa fra alte mura in cemento in campo aperto e una rete fitta che la chiude a circa tre metri di altezza: una sorta di gabbia all’aperto. La Zamparutti ha chiesto all’agente di guardia e quello ha assicurato che avrebbe portato Kaufmann nel passeggio un quarto d’ora dopo. Cosa che ha intenerito l’americano, che ha ringraziato subito la Zamparutti, stringendole la mano e chiedendole: «Come ti chiami, che non voglio dimenticarti?».Elisabetta Zamparutti, ex parlamentare del PdLa cella di Rexal Ford con il water visibile da tutti. Intorno detenuti che urlano e strepitanoA controllare Kaufmann e gli altri 10 nuovi arrivati c’è un solo agente che vede tutti nei monitor e se succede qualcosa deve intervenire. Fa un turno di otto ore consecutive, poi ne subentra un altro. La cella dell’americano è piccola, ma oltre al letto ha anche un water, un lavandino e una doccia. Lavandino e doccia sono riparati parzialmente da un muretto alto poco più di un metro. Il water è ai limiti, e a sentire le visitatrici di Nessuno Tocchi Caino, è ben visibile passando dal corridoio fuori dalla cella. Quindi Kaufmann è costretto a fare i suoi bisogni «a vista». Molti degli altri dieci detenuti sono stranieri. C’è un ragazzo del Gambia che avrebbe dovuto essere rimpatriato, ma visitato da un medico del ministero dell’Interno è stato ritenuto inabile al viaggio se non avesse accettato di prendere psicofarmaci, cosa che ha rifiutato. Ora urla in continuazione dalla sua cella e tenta di parlare in un italiano improbabile che nessun altro capisce. C’è un giovane pastore italiano che però non dice una parola e guarda fisso nel vuoto il muro della cella. Un altro italiano nella cella accanto a Kaufmann urla in continuazione ma non è chiaro cosa voglia. Gli altri inquilini nel corridoio sono un libico e un maghrebino.L'articolo «Sono innocente, il tribunale lo riconoscerà. Qui sto bene, ma voglio il mio cuscino». Le prime parole di Francis Kaufmann a Rebibbia visitato da Nessuno Tocchi Caino proviene da Open.